La Cei non vuole le dimissioni del Cav. ma parla di politica ai cattolici
Oltre L'antiberlusconismo
di Cristiana Vivenzio
Tratto da L'Occidentale il 27 settembre 2011
di Cristiana Vivenzio
Tratto da L'Occidentale il 27 settembre 2011
Ci si meraviglia tanto se per una volta la Chiesa ha agito da Chiesa, ha seguito una linea non politica ma pastorale. Ha dettato un monito evangelico, nient’affatto strumentale, "sbagliando" - forse - i tempi di questa uscita pubblica – alla vigilia dell’esame del Senato della legge sul testamento biologico, che lo stesso presidente della Cei al termine del suo intervento ricorda – ma dimostrando proprio in questo una volontà redimente delle coscienze e degli animi, più che degli obiettivi politici. Nella prima parte del suo discorso ai vescovi italiani, Bagnasco ha parlato da pastore, ha tradotto in pratica il messaggio di papa Benedetto XVI, quando al Parlamento tedesco ha detto ai parlamentari che fare politica significa prima di tutto distinguere tra il bene e il male, tra il vero diritto e quello apparente. E forse ha tradotto in predica, in “pane al pane e il vino al vino”, cogliendoli e interpretandoli, i messaggi di una società civile, che nel caso della Chiesa altro non sono che i fedeli, in fermento e soprattutto in difficoltà.
Basta leggere a lungo e con un occhio critico la prolusione per comprendere che il presidente della Cei ce l’ha con tutti. Con Berlusconi, certo, anche senza fare nomi, ma anche con i “comitati d’affari”, con chi è riluttante a riconoscere l’esatta serietà della situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie; con chi agisce secondo un principio da regolamento dei conti personali piuttosto che ispirato dalla volontà di portare a compimento i propri compiti istituzionali. Ce l’ha con chi contribuisce al deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, con chi perpetua una reciproca, sistematica denigrazione, e chi contribuisce al corrompere il senso civico, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico.
Parla da pastore quando afferma: “Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui”.
Del resto – e Bagnasco lo sottolinea con forza – non è la prima volta che la Cei si pronuncia in tal senso. Lo aveva già fatto nel 2009, molto prima che Tarantini e Ruby comparissero sulla scena giudiziaria: “chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole «della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda» (Prolusione al Consiglio Permanente del 21-24 settembre 2009 e del 24-27 gennaio 2011).
Ma poi Bagnasco cambia registro, e dopo aver ammonito, evangelicamente parlando, la politica italiana, parla ai suoi, al mondo cattolico e per il mondo cattolico, non certo a nome o per conto degli antiberluscones di professione. Evidenziando – questo sì – un passaggio politico che non riguarda certo Silvio Berlusconi, ma l’impegno dei cattolici in politica. Quando il presidente della Cei afferma che “a dar coscienza ai cattolici oggi non è anzitutto un’appartenenza esterna, ma i valori dell’umanizzazione. Valori che si sta imparando a riconoscere e a proporre con crescente coraggio, e che in realtà finiscono per far sentire i cattolici più uniti di quanto taluno non vorrebbe credere", che, sempre di più, "richiamano anche l’interesse di chi esplicitamente cattolico non si sente”, fa riferimento ad un “patrimonio di cultura fatto di rappresentanza sociale e di processi di maturazione comunitaria”, da cui “si sprigionano ormai ordinariamente esperienze che sono un vivaio di sensibilità, dedizione, intelligenza che sempre più si metterà a disposizione della comunità e del Paese”.
In quale direzione si muove la Chiesa, lo lascia intendere Bagnasco quando dice: “Sembra rapidamente stagliarsi all’orizzonte la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica, che – coniugando strettamente l’etica sociale con l’etica della vita – sia promettente grembo di futuro, senza nostalgie né ingenue illusioni”. Niente nostalgia della Dc, nessuna illusione di poter ricostituire un partito dei cattolici, ma il rafforzamento di un’opinione pubblica cattolica, ma non solo, consapevole e unita su un terreno valoriale, che faccia da motore propulsivo alla politica.
Se derubricassimo come un discorso antiberlusconiano tout court la prolusione di Bagnasco, compiremmo un peccato di ingenuità e approssimazione. Se lo leggiamo come un monito, lanciato da una Chiesa molto più vicina agli elettori di quanto in realtà sia in questo momento la politica italiana, ne trarremo oltre che motivo di riflessione anche i segni inequivocabili di un cambiamento in atto.
Il testo integrale dell'intervento di Bagnasco
Il testo integrale dell'intervento di Bagnasco
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