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venerdì 11 giugno 2010

COSA E' LA TRANSUSTANZIAZIONE? E' IL MISTERO DELLA FEDE CRISTIANA, MA DOMANDIAMOCI: SENZA DIO DOVE SIAMO ARRIVATI? ALLO SFASCIO!!




La parola “transustanziazione” è quasi scomparsa dal vocabolario cristiano. Eppure c’è una festa cattolica, quella del “Corpus Domini” di pochi giorni fa, che nasce proprio da lì, dalle controversie attorno alla “presenza reale” di Gesù nel pane e nel vino eucaristici, dai dubbi di un sacerdote boemo mentre celebrava la messa a Bolsena, dal miracolo che l’ha riportato alla fede, da quell’altro miracolo che fu il duomo di Orvieto costruito per custodire il corporale insanguinato dall’ostia.

Francesco Arzillo, magistrato amministrativo di Roma molto ferrato in filosofia e teologia, ci invia questa sua riflessione sul concetto di “sostanza” applicato all’eucaristia:

LA “SOSTANZA” DEL MISTERO

di Francesco Arzillo

La ricorrenza della solennità del Corpus Domini sollecita una breve riflessione sulla necessità di una corretta presentazione di quello che è il culmine della divina economia della grazia: culmine che non si può comprendere solamente come evento, come atto salvifico, perché si perpetua nella stabile presenza presso di noi della sostanza di Cristo sotto le specie del pane e del vino.

Questo linguaggio appare oggi meno diffuso, perché l’enfasi corrente sul dipanarsi storico del Mistero tende a far passare in secondo piano l’impiego della categoria di “sostanza” sia nel discorso trinitario sia in quello eucaristico.

La sostanza, vertice “individuo” della densità del reale da Aristotele in poi, suona oggi come qualcosa di fissisticamente opposto alla vita: si tende a pensare la vita come entità totale, come una sorta di flusso al quale tutti parteciperemmo (col rischio di cadere nelle varie forme – più o meno orientaleggianti – di panteismo).

Ma la vita non esiste come totalità. Non è la vita che vive, sono i singoli enti (le singole sostanze) che sussistono e che vivono. E quindi, pur con le necessarie cautele di un linguaggio analogico, anche la categoria di sostanza si applica bene alla teologia e alla predicazione.

Dio non è la totalità della natura. E Cristo non è una sorta di inglobante cosmico (come potrebbe far pensare un’errata immaginazione applicata alla dottrina paolina della ricapitolazione in Cristo): la sua presenza nell’ostia è sostanziale e perciò diversa dalle altre forme di presenza reale nella Chiesa e nel mondo.

Cristo è presente nell’ostia (e solo nell’ostia) come lo è in cielo, in una maniera ontologicamente unica.

È significativo rilevare come uno dei maestri della spiritualità del Novecento, Divo Barsotti, che come pochi altri ha penetrato il Mistero nel suo dispiegarsi storico e liturgico, abbia recisamente affermato che l’aspetto fondamentale del mistero eucaristico è proprio quello della presenza reale.

Ora, questa presenza è veramente e radicalmente reale perché sostanziale. Il ricorso alla nozione di transustanziazione è quindi imprescindibile: ogni altra spiegazione rimane al di qua della radicalità del dono.

Il linguaggio ontologico non contraddice quello economico-salvifico: lo rivela e ne custodisce appieno la pregnanza.

Il confronto con i fratelli separati dell’Oriente cristiano, poi, non esclude affatto questo tipo di impostazione: anche se tra loro è diffuso il più generico termine “metabolè” (cambiamento), una maggioranza di teologi (da Gennadio Scholarios a Pietro Moghila, fino ad Androutsos nel Novecento) fa riferimento alla “metousìosis”: termine che corrisponde alla transustanziazione cattolica e che ricorre negli atti del Concilio di Costantinopoli del 1691, recepiti anche dalla Chiesa ortodossa russa (utili informazioni sul tema si rinvengono in Pier Giorgio Gianazza, “Temi di teologia orientale. 1″, Bologna, EDB, 2010; Karl Christian Felmy, “La teologia ortodossa contemporanea”, Brescia, Queriniana, 1999).

Una sospetta forma di reverenza, unita a un malinteso personalismo filosofico, sembrerebbe voler evitare il rischio di una quasi-cosificazione del Mistero: rischio che peraltro non sussiste se la dottrina della transustanziazione viene compresa nel suo retto significato ontologico (“sostanze” non sono solamente le cose, ma anche le persone).

Rimane, è vero, lo stupefacente nascondimento del Signore sotto le specie del pane e del vino. Nascondimento che tuttavia rivela fino in fondo l’abbassamento condiscendente del Dio cristiano, rivolto alla piena salvezza dell’uomo.

Proprio in questa linea si può comprendere come un dono che fosse meno che sostanziale non sarebbe assoluto e totale, come invece è il dono dell’amore di Dio per noi, nel quale ultimamente consiste l’eucaristia: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).

Scritto lunedì, 7 giugno, 2010 alle 16:53 nella categoria General. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti sono momentaneamente chiusi, puoi comunque fare untrackback dal tuo sito.
One Response to ““Transustanziazione”. Quando la teologia si fa assalire dalla realtà”



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