Cinque milioni i bambini nati dalla fecondazione in vitro, da Louise Brown (25 luglio 1978) a oggi, in tutto il mondo, secondo le stime presentate al recente congresso dell’Eshre, la European Society of Human Reproduction and Embriology a Istanbul. Un successo, secondo gli operatori del settore, che dimostra come le tecniche di procreazione assistita siano diventate oramai «una parte essenziale delle terapie cliniche normalizzate e standardizzate per il trattamento delle coppie infertili».
Ma considerare la fecondazione in vitro alla stregua di terapie mediche per l’infertilità, sia pure di avanguardia, è fuorviante. Il concepimento di esseri umani in laboratorio è la più gravosa e inquietante rivoluzione antropologica della storia dell’umanità, le cui conseguenze non riescono ancora a essere percepite in tutta la loro enormità, anche perché, paradossalmente, le informazioni sono scarse e frammentate.
Vediamo i numeri: i cinque milioni di nati da concepimento in provetta sono "stimati", perché anche nei Paesi (pochi) dove queste tecniche sono monitorate strettamente mediante registri istituzionali - come in Italia - non esiste un’anagrafe ufficiale di queste persone. E se comunque è possibile un’indicazione attendibile sul numero dei bambini concepiti in vitro - con approssimazioni dell’ordine di grandezza di qualche centinaio di migliaia, sul totale dei trent’anni -, non esistono stime ufficiali del numero degli embrioni complessivi creati nei laboratori negli stessi anni, e tantomeno di quelli scartati o in attesa di impianto nei congelatori in tutto il mondo (in costante crescita, purtroppo anche in Italia, come ha appena rivelato la nuova relazione del Ministero della Salute al Parlamento).LEGGI TUTTO
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