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lunedì 6 agosto 2012

QUANDO INVECE SI DIFENDE LA CHEMIO A SPADA TRATTA APPELLANDOSI AL FATTO CHE "NATURE" SI RIFERISCE AD UNA SOLA PATOLOGIA.



Il direttore del dipartimento di Oncologia medica del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano sulla ricerca pubblicata da Nature:"Bisogna sempre essere prudenti e allo stesso tempo realisti, evitando i trionfalismi. Anche perché si rischia di diffondere notizie che possono provocare molta confusione in pazienti affetti da tumore che stanno effettuando cure"



La chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro, in alcune circostanze può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune’ il tumore a ulteriori trattamenti. La scoperta, “del tutto inattesa”, è stata pubblicata sulla rivista Nature ed è frutto di uno studio statunitense sulle cellule del cancro alla prostata. La ricerca voleva accertare come mai queste ultime siano così difficili da eliminare nel corpo umano mentre sono estremamente facili da uccidere in laboratorio.

Il professore Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di Oncologia medica del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (Pordenone), considera lo studio molto interessante ma ne evidenzia un limite. Tratta solo il tumore alla prostata che è una patologia molto particolare: “Avrebbe avuto molto più senso se fosse stato abbinato ai tumori guaribili con la chemioterapia, come alcune leucemie acute”.

Professore, siamo davanti a una scoperta rivoluzionaria?

In realtà la ricerca si è occupata dei tumori della prostata che sono tipicamente chemioresistenti – tant’è vero che spesso ci si affida ad altri trattamenti, come l’ormonoterapia. Nel tumore alla prostata la chemio si fa solo in seconda o terza battuta, dopo aver provato altre terapie.

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