L'ONU in Giamaica: soldi in cambio di aborto
di Danilo Quinto
29-12-2011
Che le organizzazioni internazionali e, in particolare, l’intero apparato delle Nazioni Unite, con le sue varie articolazioni, abbiano promosso e favorito, negli ultimi decenni, l’interruzione di gravidanza, in nome della cosiddetta salute riproduttiva e della pianificazione familiare, è provato da innumerevoli documenti pubblici, da resoconti di riunioni e da testimonianze.
(....)Riunita a New York per la propria sessione annuale del 2008, con all’ordine del giorno l’“eliminazione di tutte le forme di discriminazione e violenza contro giovani donne e bambine”, la Commissione sullo status delle donne (Csw), l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa dell’“uguaglianza di genere” e della situazione femminile nel mondo, bocciò la richiesta avanzata dalla delegazione americana perché fosse inserito nel documento finale un chiaro divieto di infanticidio e di aborto finalizzato alla selezione del sesso del nascituro. Alla decisione concorsero tutti i paesi che praticano l’aborto selettivo, ma anche il Canada e i paesi europei. Della proposta formulata dagli Stati Uniti rimasero solo tre righe, nelle quali ci si limitò a definire “non etiche” le pratiche di infanticidio delle bambine e di selezione prenatale del sesso.
Il delegato dell’Unione europea e il rappresentante dell’ UNFPA (United Nations Population Fund), l’agenzia ONU che con i suoi programmi promuove l’aborto selettivo nei paesi del terzo mondo, si sono detti d’accordo con queste affermazioni. Recensioni
Siamo di fronte alla realtà di un sistema internazionale che nei fatti disprezza il diritto alla vita - sul quale si fondano tutti gli altri diritti - e che rende di grande attualità la Carta di San José, il recente documento promosso da Robert George, dell’Università di Princeton e dall’ex Ambasciatore americano in Asia, Grover Joseph Rees, che all’articolo 1 recita: «Come dimostrato dalla scienza, ogni vita umana inizia dal concepimento».
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