di Marco Respinti19-01-2012
L’Ungheria di Viktor Orbán sta diventando un Paese "parafascista"? L’allarme quotidianamente lanciato dalla sirena delle istituzioni europee dice di sì. L’altro ieri il presidente della Commissione Europea, il portoghese José Manuel Durão Barroso, ha annunciato l’azione legale contro Budapest e così ieri - nel giorno di santa Margherita d’Ungheria (1242-1270), figlia di re, suora e grande mistica - Orbán è dovuto correre nell’aula di Strasburgo per spiegare le proprie ragioni.
Ma per la Chiesa cattolica del Paese magiaro non è affatto così.
Intervistato il 14 gennaio da Radio Vaticana, mons. János Székely [nella foto], vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest, ha energicamente difeso la nuova Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 2012, dopo che per ben 21 anni oltre misura, tanti ne sono passati dal crollo del regime comunista, il Paese ha continuato a tenersi quella imposta nel 1949. La quale - è opportuno rammentarlo - fu varata sotto il governo di Mátyás Rákosi (Mátyás Rosenfeld, 1892-1971), che amava definirsi «il miglior discepolo ungherese di Stalin» e che fece incarcerare almeno 100mila oppositori politici, fra i quali il cardinale primate di Ungheria József Mindszenty (1892-1975), giustiziandone un paio di migliaia.
Per mons. Székely, infatti, «la nuova Costituzione di Ungheria approvata nel 2011, che inizia con il nome di Dio nel preambolo, afferma che la vita umana è da difendere fin dal concepimento e dichiara che l’Ungheria difende l’istituzione familiare, la quale è un’alleanza di vita fra un uomo e una donna. La Costituzione precisa inoltre che la famiglia è il fondamento della sopravvivenza del popolo, e che nello stabilire delle tasse, anche i costi dell’educazione dei figli devono essere presi in considerazione». Per la Chiesa cattolica, dunque, nulla da eccepire.
Ciò peraltro non toglie - ha continuato il presule alla radio pontificia - che la bozza di lavoro di detta Costituzione contenesse articoli fortemente discutibili, quali il tentativo di assicurare al governo il controllo diretto sulla libertà d’informazione, i quali però sono stati corretti oppure del tutto soppressi. Né nega - aggiunge il vescovo ausiliario - che il governo Orbán abbia commesso errori di politica economica, segnatamente il tentativo di ridurre l’autonomia della Banca centrale ungherese. Ma queste sono altre questioni. Mons. Székely ha infatti spiegato bene che gli attacchi di Bruxelles e di gran parte dell’opinione pubblica europea sono dovuti alla difesa della vita, del matrimonio e della famiglia affermati dalla nuova legge fondamentale del Paese. «È chiaro», ha aggiunto il presule, «che a molti intellettuali europei non piace tale affermazione di valori fondamentali, anzi li stimola all’attacco».
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