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lunedì 2 aprile 2012

UNIONI GAY : GLI SLOVENI HANNO DETTO NO ALLA FAMIGLIA OMOSESSUALE



02-04-2012
di Michele Poropat

Domenica 25 marzo il popolo sloveno si è espresso a favore del referendum abrogativo del cosiddetto Codice di famiglia, una legge quadro sulla famiglia approvata il 16 giugno 2011 dall'ex maggioranza parlamentare di sinistra, e che regolando l'intero ambito della vita familiare, parificava le coppie omosessuali alla famiglia naturale, aprendo a esse perfino la strada all'adozione di bambini, sebbene per il momento limitata ai soli figli biologici di uno dei partner.

Dopo l'approvazione della legge da parte del Parlamento, il gruppo Iniziativa civica per la famiglia e i diritti dei bambini ha promosso una raccolta di firme per chiedere un referendum abrogativo, raccogliendo già nei primi due giorni di campagna referendaria più della metà delle quarantamila firme richieste, e superando anche lo scoglio della valutazione di ammissibilità costituzionale richiesta dall'allora maggioranza parlamentare.

In presenza di un'affluenza alle urne piuttosto bassa - circa il 30 per cento degli aventi diritto, ma in Slovenia non vi è un quorum da raggiungere pena l'annullamento della consultazione - circa il 55% degli elettori ha votato per l'abrogazione della legge. 
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Intervista a Dale O'Leary, esperta del gender mainstreaming, che per prima ha denunciato i piani delle lobby Lgtb e abortiste «per arrivare a conquistare posti di potere». «Non facciamo gli ipocriti. Si scavi oltre l’apparenza gaia per vedere cosa vivono davvero queste persone»

«Non c’è dubbio. La burocrazia delle Nazioni Unite, come anche la maggioranza dello sue Ong, è devota alla causa dei “diritti sessuali”. Lo si vede dai princìpi stilati dagli promotori dei diritti Lgbt nel 2006 a Yogyakarta, in Indonesia, che stabiliscono che in natura non esiste alcun sesso, dando a ciascuno il diritto di definirsi uomo/donna/gay/transessuale eccetera». A spiegarlo è Dale O’Leary, medico americano che ha partecipato alle conferenze dell’Onu del Cairo e di Pechino sui princìpi del “gender mainstreaming” e che da trent’anni pubblica libri e studi e tiene conferenze sui cosiddetti "nuovi diritti".
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Da sempre in prima linea nelle battaglie per la difesa della famiglia naturale e della vita, O’Leary fu la prima a parlare di come le lobby Lgbt e quelle abortiste si muovevano all'interno delle Nazioni Unite. «I princìpi di Yogyakarta furono finalmente presentati al Consiglio Onu per i Diritti umani del 26 marzo 2007. Ora sono stati presi in considerazione anche dal Consiglio d’Europa nel documento Diritti umani e Identità di Genere, del luglio del 2009. È un fatto dalle conseguenze gravi, perché, tra l’altro, il diritto ad avere rapporti sessuali con chiunque, senza limitazioni, ne implica altri, come quello alla contraccezione e all’aborto su richiesta. Inoltre, se accettiamo il riconoscimento legale delle relazioni sulla base del solo affetto, dovremo accettare anche la poligamia: non a caso chi la pratica sta incominciando a usare gli stessi argomenti dei promotori dei diritti Lgbt per ottenere una legittimazione».



Come questo programma influenza le politiche degli Stati? 

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