20 ottobre 2012 (MoviSol) - Pubblichiamo una lettera aperta a L'Espresso, critica dell'analisi del movimento di opposizione all'euro, inquadrato come estremista o opportunista, e semplice conseguenza della crisi.
Egr. Direttore Manfellotto,
Il rapporto su "Quelli che l'Euro no", a firma di Alberto d'Argenzio (vedi L'Espresso n. 43 del 25 ottobre 2012, pagg. 80-83), è un'analisi incompleta, sia nei termini della pura informazione, sia storicamente e strategicamente.
L'opposizione alla moneta unica europea ha un fondamento più solido e profondo di ciò che l'articolo lascia intendere. L'opposizione all'euro non è la trovata di una scheggia impazzita come Wilders, né il più sofisticato matrimonio dei liberali tedeschi con "la profezia, fatta una decade fa dai loro colleghi americani, secondo cui la zona dell'euro non sarebbe sopravvissuta alle differenze e alle disparità tra le economie che la compongono".
A proporre l'uscita dall'euro non sono, in altre parole, soltanto neonazisti, nostalgici del comunismo e opportunisti.
Anzi. La pubblicità loro concessa dai media porta al discredito di chi da decenni sta lavorando, alla Roosevelt, per un'alternativa all'austerità e al processo di iperinflazione in corso.
Possibile che, nel raccogliere informazioni, Manfellotto e d'Argenzio non si siano imbattuti nel movimento internazionale di Lyndon LaRouche, molto attivo in Italia, Francia, Germania, Belgio, Danimarca e Svezia, tutti Paesi rappresentati sulla cartina dal titolo "Fronte del rifiuto"? O nell'era di Internet vorrebbero farci credere di essere le più innocenti vittime di una certa informazione?
Il movimento di Lyndon LaRouche critica nel Trattato di Maastricht la negazione del principio del credito nazionale, cosa ben diversa dal "nazionalismo monetaristico". Prima di diventare una esplicita opposizione a questa Europa, già nel 1971 esso criticò fortemente la scelta, compiuta con l'abbandono degli accordi di Bretton Woods, di togliere agli Stati il potere di stabilire e difendere il valore della moneta, e aprire le prime brecce in favore della speculazione finanziaria "d'altura".
Nel 2005 alla Francia fu chiesto un parere sulla Costituzione Europea. Al suo "no", il primo dopo due referendum favorevoli sull'Unione Europea e il terzo negativo su tutti e venticinque i referendum della sua storia repubblicana, si rispose con un "trattato di modifica", usando l'espressione sofista adottata dal gruppo diretto da Giuliano Amato. Il messaggio fu chiaro: 'non avete capito, la vostra sovranità vi sarà tolta comunque'.
Se esistono movimenti opportunisti è segno che esiste un sentimento di forte disagio, certamente non limitato ai pochi Paesi che si ebbe la decenza di interrogare sul processo di integrazione, non diremmo europea, ma - in sostanza - finanziaria.
Se si stanno rafforzando i movimenti estremisti, invece, è una precisa responsabilità di chi ha negato ai popoli europei di esprimersi sulla trasformazione dell'Europa, da comunità di patrie sovrane (dei tempi della CECA, dell'EURATOM, ecc.) a impero finanziario e burocratico, e ha deciso di dare spazio a queste pericolosissime pedine, piuttosto che ammettere di aver fallito e ritirarsi.
Questa responsabilità è, a nostro avviso, sia delle strutture come la Troika sia di gran parte della stampa, che diffonde proposte dissennate anziché i contributi più strategici alla risoluzione della crisi.
Tutto ciò ricorda la tragica realpolitik tra le due guerre mondiali. Poiché la crisi non è ancora risolta e sempre più spesso si parla di guerra, non vorremmo che il Suo periodico dovesse in un futuro lontano essere oggetto del biasimo dei 'sopravvissuti'.
Saluti,
Flavio Tabanelli
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