di Mario Giordano
Tratto da Libero del 27 settembre 2012
Io cerco la Titina, la cerco e non la trovo. Ricordate il vecchio Carosello? Ecco, adesso il coro unanime dei benpensanti ha trovato una nuova Titina da inseguire come se fosse il Sacro Graal: la legge anti-corruzione. Sentite come suona bene? Ci vuole la legge anti-corruzione, tuona Napolitano. Che aspettiamo a fare la legge anti-corruzione?, insiste Monti prima di partire per gli Stati Uniti, il ministro Severino s’accoda, Ezio Mauro ci imbastisce un vibrante editoriale e Roberto Saviano ne fa oggetto di una raccolta firme, che è pur sempre meglio che lavorare. «L’Europa lo vuole», «la decenza lo vuole», «la nostra sopravvivenza lo vuole». O poffarbacco: forse anche il cielo lo vuole. Dunque chi si oppone è sicuramente peccatore. E finisce dietro la lavagna, con Fiorito e Ulisse, il berretto da asino in testa e la maschera da maiale sul volto.
Per cui oggi, se vi capita di incontrare qualcuno al bar o in ufficio, e entrate per caso nel discorso, mi raccomando: non fate brutta figura e accodatevi anche voi. Frasi consigliate: «Ah, signora mia, lo sa che cosa ci vorrebbe? La legge anti-corruzione», oppure: «Eh, caro mio, lo sa che cosa manca? La legge anti-corruzione». Anzi, se proprio volete strafare potete aprire voi il dibattito: «Ma lo sapete che non hanno ancora approvato la legge anti-corruzione?». Oppure (più indignati): «È indecente che non ci sia la legge anti-corruzione». Oppure (più internazionali): «Anche a Bruxelles tutti si chiedono perché non facciamo la legge anti-corruzione». È perfetto, no? La legge anti-corruzione di questi tempi si porta su tutto, come il bleu, combinata con una citazione di Napolitano e una di Ezio Mauro, in un salotto buono vi fa fare bella figura più di uno champagne rosé.
Guai a esprimere un dubbio, naturalmente. Siate prudenti: chi esprime un dubbio sulla legge anti-corruzione diventa, ipso facto, un amico della corruzione e dunque un corrotto. I benpensanti della Repubblica sono dei professionisti nell’organizzare le campagne della Titina: trovano una bandiera, organizzano le loro truppe e muovono in marcia come un sol uomo contro chiunque osi opporsi. Uno potrebbe chiedersi: ma davvero la legge anti-corruzione avrebbe evitato il caso Fiorito? Ma attenzione: la risposta è pericolosa, perché mette in evidenza in un amen che il coro delle anime belle è stonato come un campanaccio di montagna roso dalla ruggine.
Ve lo diciamo dunque sommessamente, solo se ci promettete che lo tenete per voi e non fate brutte figure nei salotti chic: la legge anti-corruzione c’entra con il caso Fiorito quanto Nicole Minetti con l’astrofisica nucleare. Cioè un beato nulla. La legge anticorruzione, nel testo approvato alla Camera e in discussione al Senato, è un provvedimento guazzabuglio che contiene alcune norme buone (come il divieto dei magistrati di partecipare agli arbitrati), alcune buonissime (come l’incandidabilità dei condannati), alcune discutibili (come la corruzione fra privati o il traffico di influenze illecite), alcune che hanno il consenso di tutti i partiti, altri solo di alcuni. Ma, in ogni caso, si tratta di un provvedimento che in nessun modo avrebbe evitato lo scandalo del Lazio. LEGGI TUTTO
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