Fortis legge la congiuntura. E avverte: il rapporto debito/pil è un feticcio privo di significato
di Luigi Chiarello
Anziché curare il malessere italiano ha finito per peggiorarlo
L'Italia è un paese spaccato, vivace nell'export e con la domanda interna inchiodata. Un paese costretto a ferirsi «con vent'anni di politiche restrittive», eppure ancora sul banco degli imputati, per la cecità dei parametri economici. Un paese «purgato»; «trascinato» per paradosso «in recessione dalla politica di tasse del governo Monti».
Inevitabile, «per dimostrare ai mercati e alla Merkel, che i compiti, noi, li facciamo», e ingiusta perché altri paesi, come Usa e Francia, fanno esplodere il debito pubblico. Ma con il silenziatore. Con Italia Oggi, Marco Fortis radiografa la congiuntura economica del paese, incastonata nella crisi mondiale. Economista, vicepresidente della Fondazione Edison, Fortis ai tedeschi non le manda a dire. Ai burocrati di Bruxelles neppure. Gli investitori, invece, li avverte: «Obama e Romney non lo dicono, ma una cura Monti arriverà pure lì. E, agli Usa, costerà 0,5 punti di pil».
Domanda. Come sta l'Italia?
Risposta. È spaccata in due. Da una parte c'è il mondo produttivo, proiettato sui mercati internazionali. Un pezzo di paese, che non sta benissimo per via della crisi mondiale, ma che continua a «tirare». Il rallentamento delle esportazioni è evidente. C'è in tutti i paesi. La domanda globale è in calo. Ne soffrono anche Germania e Cina, che pure sono giganti attrezzati per competere.
D. Al di la della congiuntura?
R. Negli ultimi 18 mesi l'Italia delle imprese ha dimostrato di essere competitiva sul fronte export. Le aziende riescono a esportare nonostante le sacche di inefficienza che ha il sistema paese.
D. E l'altra metà del paese?
R. Dicevo, l'Italia è spaccata. Ma le imprese esportatrici sono una porzione ridotta del paese, un 20%. Poi, c'è il restante 80% che è afflitto da una debolezza estrema della domanda interna. Le richieste di manufatti e di servizi, siano essi turistici, alle imprese, commerciali o bancari, diciamo il terziario in genere, soffrono della debolezza del mercato domestico.
D. Le cause?
R. Il problema va analizzato sotto due profili. Nel lungo periodo, c'è il nodo cronico della domanda interna. Nel breve periodo, invece, il paese risente degli effetti della cura Monti.
D. Partiamo dalla crisi di domanda di lungo periodo.
R. Dipende dal fatto che sono, ormai, vent'anni che siamo costretti a frenare la spesa pubblica. È dai tempi di Amato e Ciampi che l'Italia fa politiche restrittive rispetto agli altri paesi, che, al contrario, hanno fatto spesa pubblica a gogò. Siamo dal '93 in situazione di deleveraging per il debito pubblico. Un'onda lunga che ha impatti negativi sulla domanda interna.
D. Con quali risultati?
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