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lunedì 24 settembre 2012

FRANCO PREVITE: "FINIAMOLA DI SPECULARE SUL DOLORE UMANO"



E’ insito nel gergo popolare il detto : “ la lingua batte dove il dente duole “ ! 

Ancora una volta dobbiamo ritornare su di un argomento, l’eutanasia, che batte in breccia su ognuno di noi, specialmente in coloro di una certa età ed in certe condizioni di salute . 

Attorno a quei emblematici obiettivi : eutanasia, accanimento terapeutico, testamento biologico cui la politica ci vuol far giungere ad ogni costo, se ne “parla” troppo, a volte in maniera impropria, ciononostante brevemente esaminiamo queste “circostanze” . 

Nell’antichità il vocabolo eutanasia significava una morte dolce, vale dire senza sofferenze. Oggi si interpreta quale intervento diretto ad attenuare il dolore della malattia e dell’agonia, una strana “ licenza di uccidere “, che per i cristiani è contraria alla legge morale dal quinto Comandamento o Decalogo. In sostanza un procurare ( per non dire imporre !) la morte alle persone la cui vita potrebbe essere compromessa da una malattia inguaribile, da una menomazione congenita, da una condizione di natura psicofisica grave . 

Nell’odierna interpretazione l’accanimento terapeutico è costituito da una serie di interventi medici sul malato in fase terminale, la cui terapia potrebbe risultare essere inefficace, una “via” compiuta allo scopo di evitare ulteriori sofferenze al paziente con il fornire forti dosi di stupefacenti . 

Il testamento biologico, incarnato ancora oggi in nessuna legge, trattasi di una la dichiarazione anticipata di volontà di una persona in relazione alle terapie che intende siano proposte nel caso di malattie o gravi lesioni cerebrali, cioè il consenso informato, vale a dire l’autodeterminazione del paziente a garanzia di cure palliative e tutte le terapie del dolore disponibili. 

Ecco una “visione” che l’uomo, oggi, ha della sua persona, della vita, della sofferenza e della morte. 

Da tempo, non scopriamo nessun segreto di Stato, si registrano tentativi di legalizzare l’eutanasia e su questo argomento che riteniamo molto importante, fermiamo la n/s attenzione. 


Purtroppo queste vicende umane vorrebbero spingere la società ad essere selettiva sulla vita e sulla morte dei suoi membri, quello che si chiama omicidio, una uccisione intenzionale, una omissione di soccorso attraverso una anche se impropria, ripeto, “licenza di uccidere”, in contrasto con gli insegnamenti di Ippocrate, il padre della medicina che adottava il principio “L’uomo è ministro ed interprete della natura, se ad essa non obbedisce, ad essa però non comanda” e “Non darò a nessuno alcun farmaco mortale neppure se richiestone, né mai proporrò un tale consiglio”. 

In parole povere : la medicina ed il dovere del medico sono di proteggere la salute, guarire le malattie, alleviare le sofferenze, confortare nel rispetto della libertà la dignità della persona, impegno a favore della vita contro la morte, come insegna la Raccomandazione n. 776/1976 dell’Assemblea del Consiglio d’Europa dove si afferma “ che il medico deve placare le sofferenze e che non il diritto di accelerare il processo di morte”. 

Così come è presentata la “discussione” nella politica, a tratti quasi a corrente alternata, si corre il rischio di considerare la cosiddetta pietà per le sofferenze insopportabili od altre motivazioni, come uno strumento che porta all’eliminazione della vita, ritenuta per alcuni “casi”, non più di valore. 

Si tratta di “considerazioni” (“Non sono diritti deboli, ma diritti dei deboli” come argutamente dice il Cardinale Dionigi Tettamanzi) molto pericolose perché potrebbero coinvolgere malati di Alzheimer, malati psichici, handicappati fisici, pazienti anziani o con gravi patologie, bambini anormali, come in Gran Bretagna che è stato chiesto alla Suprema Corte il suicidio assistito per i depressi ( un relativismo incosciente, aberrante, antisociale ! ). 

Il principio fondamentale di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, assieme a quello di libertà, pari dignità, solidarietà sociale, è affermato dall’art. 3 della Costituzione Italiana. 

Sarebbero quindi contrarie alla stessa quelle eventuali “norme giuridiche” ( ce ne liberi !) che concedessero ad una categoria od a singoli individui particolari privilegi non riconosciuti alla generalità delle persone, perché ciò violerebbe il principio della uguaglianza di trattamento dei cittadini. 

Al principio di eguaglianza si ricollega il principio della pari “dignità sociale” che affermata, ripeto, in linea generale dall’art.3 della Costituzione trova esplicazione in numerose altre disposizioni, come l’art.13 (“è punita ogni violenza fisica o morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”); l’art.32 (“rispetto della persona umana”); l’art.36 (“esistenza libera e dignitosa”); l’art.41 (“dignità umana”). 

Alla pari “dignità sociale”, più volte richiamata dalla Costituzione ( poco incarnata !), ne discendono i così detti diritti sociali, ( nonché doveri ) come il diritto ad ottenere dallo Stato determinate prestazioni a favore di bisognosi, di assistenza sanitaria, cure gratuite per gli indigenti, addestramento professionale per gli invalidi (art.38) la protezione della madre e del fanciullo (art.31). 

Lucrezio, poeta latino, suggeriva : “ I medici che devono somministrare una medicina amara ai pazienti riluttanti devono cospargere di dolce miele l’orlo del calice, in modo che il malato beva il farmaco”. 

Ora signori della politica non si può più indorare la pillola come attualmente si cerca di fare con il presentare “casi dolorosi od altro” che insidiano la salute e la vita. 

Il valore della vita dipende per i cristiani dalla capacità di seguire il rapporto della persona indicato dalla Fede e per i non credenti dal rispetto della dignità e della libertà umana. 

Finiamola di speculare sul dolore umano ! 

E con le parole del Beato Giovanni Paolo II° : “Andiamo avanti con speranza!”        

Previte 





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