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giovedì 19 gennaio 2012

UNGHERIA: ALLA UE NON PIACE LA NUOVA COSTITUZIONE DEL PAESE MAGIARO.....


di Marco Respinti19-01-2012

L’Ungheria di Viktor Orbán sta diventando un Paese "parafascista"? L’allarme quotidianamente lanciato dalla sirena delle istituzioni europee dice di sì. L’altro ieri il presidente della Commissione Europea, il portoghese José Manuel Durão Barroso, ha annunciato l’azione legale contro Budapest e così ieri - nel giorno di santa Margherita d’Ungheria (1242-1270), figlia di re, suora e grande mistica - Orbán è dovuto correre nell’aula di Strasburgo per spiegare le proprie ragioni.

Ma per la Chiesa cattolica del Paese magiaro non è affatto così.
Intervistato il 14 gennaio da Radio Vaticana, mons. János Székely [nella foto], vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest, ha energicamente difeso la nuova Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio 2012, dopo che per ben 21 anni oltre misura, tanti ne sono passati dal crollo del regime comunista, il Paese ha continuato a tenersi quella imposta nel 1949. La quale - è opportuno rammentarlo - fu varata sotto il governo di Mátyás Rákosi (Mátyás Rosenfeld, 1892-1971), che amava definirsi «il miglior discepolo ungherese di Stalin» e che fece incarcerare almeno 100mila oppositori politici, fra i quali il cardinale primate di Ungheria József Mindszenty (1892-1975), giustiziandone un paio di migliaia.

Per mons. Székely, infatti, «la nuova Costituzione di Ungheria approvata nel 2011, che inizia con il nome di Dio nel preambolo, afferma che la vita umana è da difendere fin dal concepimento e dichiara che l’Ungheria difende l’istituzione familiare, la quale è un’alleanza di vita fra un uomo e una donna. La Costituzione precisa inoltre che la famiglia è il fondamento della sopravvivenza del popolo, e che nello stabilire delle tasse, anche i costi dell’educazione dei figli devono essere presi in considerazione». Per la Chiesa cattolica, dunque, nulla da eccepire.

Ciò peraltro non toglie - ha continuato il presule alla radio pontificia - che la bozza di lavoro di detta Costituzione contenesse articoli fortemente discutibili, quali il tentativo di assicurare al governo il controllo diretto sulla libertà d’informazione, i quali però sono stati corretti oppure del tutto soppressi. Né nega - aggiunge il vescovo ausiliario - che il governo Orbán abbia commesso errori di politica economica, segnatamente il tentativo di ridurre l’autonomia della Banca centrale ungherese. Ma queste sono altre questioni. Mons. Székely ha infatti spiegato bene che gli attacchi di Bruxelles e di gran parte dell’opinione pubblica europea sono dovuti alla difesa della vita, del matrimonio e della famiglia affermati dalla nuova legge fondamentale del Paese. «È chiaro», ha aggiunto il presule, «che a molti intellettuali europei non piace tale affermazione di valori fondamentali, anzi li stimola all’attacco».

martedì 10 gennaio 2012

PADRE GHEDDO A NAPOLITANO: " CARO PRESIDENTE LA SERA DEL 31 DICEMBRE HA DELUSO MOLTI ITALIANI !!! "

Meno aborti in Italia, ma sono sempre troppi
di Piero Gheddo 10 Gen 2012


L’ultima Relazione del Ministero della Salute italiano sulla legge 194 relativa all’anno 2009 (quella sulla legislazione per l’aborto volontario) riferisce che in quell’anno quasi 117.000 bambini non hanno potuto vedere la luce, mentre nello stesso 2009, 568.857 sono nati vivi. Si è però registrato un calo degli aborti nel nostro paese: passati, nel 2009 rispetto al 2008, da 121.301 a 116.933 (-4368, pari al 3,6%). Nel 1982, anno del triste record (234.801 casi), la diminuzione è di oltre il 50%.

I dati dicono anche che le lavoratrici sono la categoria che fa ricorso più frequentemente alla IVG (Interruzione volontaria di gravidanza). La Lombardia (con quasi 10 milioni di abitanti) è dove si abortisce di più(19.700 casi, -4,2% rispetto al 2008). Le regioni più virtuose sono la Valle d’Aosta (217 casi, -9,6%) e la Basilicata con un calo di quasi il 10% (700 casi), mentre solo in Molise il dato appare in controtendenza (634 casi, +5,7%).

All’estero stanno decisamente peggio: l’Italia ha infatti valori tra i piu’ bassi dei paesi europei: gli aborti per 1.000 donne in età tra i 15 e i 44 anni (range d’età europeo) sono il 10,3% in Italia, molto meglio di Russia (40,3), Romania (31,3), Svezia (21,3), Inghilterra (17,5), Francia (17,4) e Spagna (11,8). Ci battono solo Belgio (9,6), Olanda (8,7) e Germania (7). Infine, un ultimo dato: il 45,5% delle donne italiane che hanno abortito non avevano figli.

Questi i dati che naturalmente non parlano delle tragedie che l’aborto comporta per i bimbi mai nati, per le giovani donne e i loro uomini, per le famiglie a vario titolo coinvolte. La signora Paola Marozzi Bonzi, nel 1984 fondatrice e direttrice del Centro di Aiuto alla Vita (CAV) della clinica Mangiagalli di Milano, che in 27 anni ha salvato 13mila bambini dall’aborto (vedi il Blog dell’11 dicembre 2011), mi dice: “Le donne che hanno scelto di abortire, nella grande maggioranza dei casi subiscono un forte anche fortissimo trauma fisico e psicologico, del quale spesso non si liberano più del tutto”.

Negli ultimi tempi è venuto sempre più alla ribalta dell’informazione il problema degli aborti, non direttamente per abolire la Legge 194, ma almeno per applicarla con rigore, visto che la Legge afferma e tutti concordano sul fatto che l’aborto dovrebbe essere il più possibile evitato con vari provvedimenti economici di aiuti alle famiglie e anche psicologici di aiuto alle donne in difficoltà di vario genere per partorire. Se non altro perché noi italiani diminuiamo di più di 100.000 unità all’anno, aumentiamo solo grazie ai circa quattro milioni di lavoratori “terzomondiali” che si sono stabiliti in Italia. Insomma, tutti ormai sanno che in Italia nascono troppo pochi bambini italiani! Almeno quelli che sono stati concepiti e stanno giungendo a maturazione, lasciamoli e aiutiamoli ad uscire dal grembo materno!

Il 30 dicembre scorso, in primissima serata dopo il TG di Rai Uno delle ore 20, nella rubrica “Qui Radio Londra” con grande coraggio Giuliano Ferrara ha parlato non dell’aborto, ma della vita di un bambino che nasce, con molto garbo e commozione, in modo del tutto laico. Dato che la sera seguente il Presidente Napolitano avrebbe tenuto nelle reti unificate delle Tv il suo annuale “Discorso agli italiani” per augurare Buon Anno a tutti, Giuliano ha avanzato una proposta che credo rappresenti la grande maggioranza degli italiani. “Caro Presidente, ha detto in sostanza, domani sera, nel suo discorso atteso da tanti italiani parlerà di tanti problemi della nostra Italia e la sua parola ha un notevole influsso sui nostri compatrioti. Ebbene, veda di inserire un cenno al dovere che tutti abbiamo di aiutare una donna, una coppia che vorrebbero avere un bambino ma si orientano verso l’aborto per vari motivi. Aiutare chi è in difficoltà dovrebbe essere cosa normale per ognuno di noi. Caro Presidente della Repubblica (cito sempre a memoria) perché non mettere in agenda questa battaglia civile per la vita? Lei ne ha fatte tante: la sicurezza sul lavoro, i dissesti idrogeologici, l’immigrazione e la cittadinanza per i figli di immigrati… perché non aggiungere anche questa battaglia per la vita? Molti del popolo si sono già mossi in questo senso con il “Progetto Gemma”, nel popolo c’è già questa sensibilità di far nascere il più possibile tutte le vite. Domani sera, dica qualcosa su questo”.

Ecco, la sera del 31 dicembre eravamo molti milioni a sentire il discorso di Napolitano. Non ha parlato della vita che deve nascere e non può per mancanza di solidarietà umana e di sostegno da parte dello Stato italiano. Mi spiace dire che ha deluso molti e ci ha fatto sentire, per quella sera, non pienamente rappresentati dal Capo dello Stato.

Piero Gheddo

venerdì 18 novembre 2011

CARD.BAGNASCO A TODI:" SE SI PERDE LA SENSIBILITA' PERSONALE E SOCIALE VERSO L'ACCOGLIENZA DI UNA NUOVA VITA......"




bagnasco

di Riccardo Cascioli    18-10-2011
Sarebbe davvero un peccato se il tanto atteso incontro di Todi, organizzato dal Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, si risolvesse soltanto nella richiesta di un governo di unità nazionale. Perché in effetti questo è il titolo di tutti i giornali e tg, questo è – inevitabilmente – il messaggio unico che arriva da Todi, perché tale auspicio è stato espresso nella conferenza stampa finale dal segretario della Cisl Bonanni, dopo una giornata di lavori a porte chiuse.



In effetti dietro quelle porte sembra che ci sia stato un momento importante di confronto tra le diverse associazioni cattoliche impegnate nel sociale, che potrà dare più importanti frutti in futuro. Associazioni che hanno diverse sensibilità ma che cercano di trovare un punto d’unità su alcuni temi importanti per il futuro della società.



Resta però il fatto di una unità che – agli occhi del mondo – si esprime nella richiesta di un governo che metta insieme l’attuale maggioranza e opposizione, o larga parte di esse. Richiesta peraltro opinabilissima, tanto che da queste colonne ci siamo più volte espressi contro questa eventualità, senza per questo mettere in discussione – anzi, invocandola - l’unità dei cattolici su ciò che conta. Non è infatti sulle formule di governo che ai cattolici viene chiesta l’unità, e il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, lo aveva chiarito perfettamente nel discorso introduttivo tenuto al mattino. Bagnasco ha infatti detto che la vera posta in gioco sta in “una specie di metamorfosi antropologica”.



“Sono in gioco, infatti – ha detto Bagnasco - le sorgenti stesse dell’uomo: l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino. Proprio perché sono ’sorgenti’ dell’uomo, questi principi sono chiamati ‘non negoziabili’. Quando una società s’incammina verso la negazione della vita, infatti, ‘finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono’ (Benedetto XVI, Caritas in Veritate, n. 28). Senza un reale rispetto di questi valori primi, che costituiscono l’etica della vita, è illusorio pensare ad un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in realtà lo abbandona nei momenti di maggiore fragilità. Ogni altro valore necessario al bene della persona e della società, infatti, germoglia e prende linfa dai primi, mentre staccati dall’accoglienza in radice della vita, potremmo dire della ‘vita nuda’, i valori sociali inaridiscono. Ecco perché nel ‘corpus’ del bene comune non vi è un groviglio di equivalenze valoriali da scegliere a piacimento, ma esiste un ordine e una gerarchia costitutiva”.



Dunque, i cosiddetti valori non negoziabili sono le “sorgenti” dell’uomo, da cui nasce anche l’impegno per il bene comune. L’impegno dei cattolici in politica non può prescindere da questo punto, non può darlo per scontato. Probabilmente Bagnasco ha sorpreso qualcuno degli organizzatori con il suo intervento; più voci nelle giornate precedenti  all’incontro di Todi avevano dato per acquisito il fatto che il più ampio impegno per il bene comune, invocato più volte anche dal presidente dei vescovi, avrebbe finalmente messo tra parentesi la scomoda faccenda dei valori non negoziabili, per concentrarsi sui temi della giustizia sociale.  Anche il “congelamento” del Forum delle Associazioni familiari da parte della Cei, avvenuto negli ultimi mesi a vantaggio del nuovo Forum organizzatore dell’incontro di Todi, sembrava andare in questo senso.



Ma Bagnasco a Todi ha cambiato registro, spiazzando un po’ tutti e soprattutto ”mettendo al tappeto il Corriere della Sera”, come ha brillantemente titolato il vaticanista Sandro Magister 
nel suo blog. Il “partito del Corriere” infatti è quello che nelle ultime settimane più si è interessato del futuro dei cattolici in politica, rivaleggiando addirittura con Avvenire sul suo terreno. Il Corriere ha una sua idea precisa del ruolo dei cattolici in politica e lo ha chiarito in modo molto esplicito il direttore Ferruccio De Bortoli nell’editoriale pubblicato ieri, proprio nel giorno dell’appuntamento di Todi.



Esclusa a priori l’opzione di un nuovo partito cristiano, “il Paese ha bisogno dei cattolici” per costruire quell’atmosfera di unità nazionale che al partito del Corriere sta tanto a cuore. E come farlo? Riscoprendo nel dialogo con liberali e riformisti “un tratto più marcatamente conciliare dopo l’era combattiva e di palazzo di Ruini. Una missione sociale, in questi anni, poco valorizzata, mentre si è insistito tanto sulla difesa dei valori cosiddetti non negoziabili, dal diritto alla vita alle questioni bioetiche, al punto di estendere l’incomunicabilità con le posizioni laiche all’insieme delle questioni civili ed economiche”.



Insomma, il modo in cui i cattolici possono “servire” – dice De Bortoli - è se mettono da parte l’impegno su vita, famiglia e libertà di educazione. L’esatto opposto di quanto affermato da Bagnasco.



Quale strada prenderà il Forum non è così scontato come potrebbe sembrare a prima vista. Non c’è dubbio che in linea di principio le associazioni del Forum siano più attente al presidente della Cei che non al Corriere, ma non si può ignorare che gli organizzatori hanno voluto a Todi – che ricordiamo era un convegno a porte chiuse - un’ampia rappresentanza del "partito del Corriere": il direttore Ferruccio De Bortoli, gli editorialisti Ernesto Galli della Loggia e Dario Antiseri, l’amministratore delegato di Banca Intesa Corrado Passera, hanno tutti avuto un ruolo di primo piano nel dibattito. Si tratta di una scelta che fa legittimamente sorgere diversi interrogativi.



Così come qualche perplessità è sorta per la presenza del cardinale Bagnasco che, al di là dei contenuti impeccabili della sua prolusione e al di là delle proprie intenzioni, rischia di impegnare la Chiesa italiana nell’indicazione di opzioni politiche che non sono esattamente il suo compito.



Proprio da queste colonne, venerdì scorso monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, ricordava che 
la sfida urgente per la Chiesa è quella educativa, necessariamente di lungo periodo. “Non possiamo disperderci su altre sfide pretendendo che noi siamo sfidati nel campo delle indicazioni alla soluzione dei problemi concreti sociali e politici, o che siamo sfidati nella individuazione di strategie a breve o lungo termine per la soluzione dei problemi socio-politici. Noi siamo sfidati sull’essenza della nostra identità, della nostra missione”. E quanto al campo socio-politico diceva: “Il compito è formare un popolo di laici che si assumano poi la responsabilità dei giudizi e delle azioni conseguenti; si deve fuggire la tentazione di creare un popolo o uno pseudo popolo di credenti che poi accetti di essere telecomandato dall’ecclesiasticità nei punti di maggiore responsabilità. Non dobbiamo in nessun modo sostituirci ai laici nell’impresa totalmente loro di portare dentro una società come la nostra il loro contributo originale di intelligenza, di passione, di educazione, di capacità costruttiva”.



Ci sembra questo un richiamo alla chiarezza dei ruoli e della propria identità che è oggi più che mai necessario. Non possiamo ora prevedere cosa succederà nei prossimi mesi e cosa nascerà nell’era post-Berlusconi che tutti stanno preparando. Il Forum delle associazioni del mondo del lavoro fa bene a proporre idee, esigenze e progetti su cui sfidare il mondo politico, ma ai pastori della Chiesa è chiesto anzitutto di dare impulso a quella grande opera rievangelizzatrice cui il papa ha richiamato in questi giorni e che è l’unica vera risposta a quella crisi culturale che stiamo vivendo. 

giovedì 17 novembre 2011

NUOVO GOVERNO: ALLA SANITA' RENATO BALDUZZI IDEOLOGO DEI DICO.....VEDREMO CHE COSA "PARTORIRANNO" E CHE DIO CI ASSISTA!!!

  Renato Balduzzi ministro della Salute

 

ministro della Salute Renato Balduzzi
Sembrava un ballottaggio tra Umberto Veronesi e Luigi Frati, invece alla fine l'ha spuntata Renato Balduzzi che sarà il nuovo ministro della Salute del governo Monti e il più giovane della compagine governativa. Presiedente dell'Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dal 2007, Balduzzi è professore ordinario di diritto costituzionale nell'Università del Piemonte Orientale. La sua non è la prima esperienza governativa, è stato, infatti, consigliere giuridico dei ministri della Difesa (1989-1992), della Sanità (1996-2000), dove ha ricoperto anche l'incarico di Capo ufficio legislativo con il ministro Rosy Bindi presiedendo la Commissione ministeriale per la riforma sanitaria, e delle Politiche per la famiglia (2006-2008). Proprio nelle precedenti esperienze si è occupato della stesura del disegno di legge sui cosiddetti Dico, "Diritti e doveri delle persone stabilmente COnviventi", mentre come costituzionalista si è più volte espresso sulla necessità di portare a compimento l'iter del testamento biologico, garantendo una periodica verifica della volontà del soggetto. Dal 2009 è presidente del Nucleo di valutazione dell'Azienda ospedaliero-universitaria "Maggiore della Carità" di Novara e, dal 2006, del Comitato di Indirizzo del Policlinico Sant'Orsola Malpighi di Bologna. Da presidente dell'Agenas al centro della sua attenzione «l'equilibrio dei poteri tra il livello centrale e regionale e il superamento delle disparità esistenti tra i sistemi regionali sono due delle criticità maggiori del nostro sistema», come ebbe modo di dichiarare. Ora è atteso alla prova ministeriale.

Governo Monti. Spine per i cattolici


Tratto da Palazzo Apostolico, il blog di Paolo Rodari, il 16 novembre 2011
Tutto si può dire oggi tranne che la chiesa cattolica italiana abbia di che brindare dalla formazione del nuovo governo Monti.
Lorenzo Ornaghi, che la chiesa avrebbe voluto all’istruzione, è andato ai beni culturali, una diminutio non da poco.
Andrea Riccardi, che gradiva gli esteri, si deve accontentare della cooperazione e dell’integrazione, un nuovo dicastero senza portafoglio.
Ma la vera nota dolente (dal punto di vista della chiesa) rimane la sanità. Il nuovo ministro Renato Balduzzi è l’ideologo dei Dico. Consigliere giuridico del ministro della Sanità Rosy Bindi dal 1996 al 2000, dal 2002 al 2009 è stato presidente nazionale del Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic, già Movimento Laureati di Azione Cattolica) e in questa veste chiese ai suoi di non andare al Family Day.

mercoledì 1 giugno 2011

OGGI IN TV UN NUOVO CASO DI RICHIESTA DI EUTANASIA.... CON LA SINISTRA AL GOVERNO I VALORI NON NEGOZIABILI SARANNO CALPESTATI

di Tommaso Scandroglio
31-05-2011



Da che cosa si giudica la bravura di un mago? Da due fattori: dalla spettacolarità della magia e dalla difficoltà di scoprire il trucco. Questi due elementi, parrà strano, valgono anche per coloro che si battono a favore dell’aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, divorzio etc. Da una parte costoro – ammettiamolo - sono riusciti nell’incredibile: far accettare ai più che queste pratiche sono veri e propri diritti. Insomma cose buone (per l’eutanasia – è vero – questo non è ancora avvenuto ma forse è questione di tempo e di tempi). Dall’altra hanno sapientemente nascosto i trucchetti cultural-ideologici che hanno portato a simili sorprendenti risultati. Questo è vero soprattutto per il fenomeno dell’aborto, a proposito del quale qualche giorno or sono si sono ricordati i 33 anni di vita di una legge quale la 194.
L’occultamento del cadavere. Il fronte pro-choice comprese e comprende bene che l’aborto è una faccenda sporca, anzi sporchissima perché si tratta di convincere le madri a sopprimere il loro figlio. Oltre a ciò bisogna coprire un fatto tragico e spaventoso: in più di tre decadi il numero di bambini che mancano all’appello supera nella sola Italia la cifra di 5 milioni. Una delle prime mosse poste in essere dal fronte abortista fu quindi quella di occultare il cadavere, meglio: la montagna di cadaveri. Operazione non agevole come è facile intuire. Come ci sono riusciti? Alzando una cortina fumogena che coprisse agli occhi dei più la piccola vittima. Si tratta – come ha acutamente osservato Mario Palmaro nel suo “Aborto & 194” – dell’effetto nebbia: è necessario non far conoscere alle gente l’agghiacciante realtà dei fatti. In altre parole occorreva paradossalmente togliere di mezzo il problema “aborto” dal dibattito sull’aborto. Visti i risultati numerici di questa strategia culturale è bene domandarsi come i prestigiatori della vita altrui nel concreto siano riusciti in questa malefica magia nera.
Mai mostrare cosa è tecnicamente un aborto. Questo è il primo imperativo categorico dell’abortista, ben conscio che contra facta non valet argumentum. Nessun discorso sottile e dotto quanto si voglia può qualcosa contro l’evidenza di un corpicino dilaniato dagli strumenti chirurgici abortivi. Chi prova a far vedere cosa è in realtà un aborto, soprattutto a vantaggio di coloro che approvano tale pratica, immancabilmente viene fatto oggetto della seguente obiezione: mostrare cosa è un aborto è di pessimo gusto ed è terrorismo psicologico. La risposta vien da sé: ma allora perché portiamo le scolaresche ad Auschwitz? Non è anche quello terrorismo psicologico? Per di più perpetrato su giovani e poco critiche coscienze? E nel caso dello sterminio degli ebrei abbiamo a che fare con un delitto, nel caso dell’aborto invece di un asserito “diritto”, quindi a maggior ragione non ci dovrebbero essere problemi nel mostrare cosa è. Questa strategia dell’occultamento riverbera i suoi effetti anche sul piano linguistico: mai parlare di soppressione di un essere umano, neppure di aborto, bensì di interruzione volontaria della gravidanza che scolora nel più innocuo e blando acronimo I.V.G.
Occultare il fatto che il nascituro è un bambino. Come riuscirci? In due modi. Primo: mai mostrare ecografie o altre immagini del feto. In tal modo nell’immaginario collettivo si sedimenta con pervicacia l’idea che il nascituro è solo un informe agglomerato di cellule e non di certo un essere umano. Negli States hanno verificato che far vedere con l’ecografia il proprio bambino alle mamme che vogliono abortire, e far loro ascoltare con il sonogramma il battito del suo cuoricino, abbatte drasticamente il numero di aborti. Secondo l'associazione cristiana Heidi Group, i consultori dove le mamme intenzionate ad abortire possono vedere e ascoltare il proprio bebè registrano un calo di aborti fino al 90%. Gli stati del Kentucky, Indiana, Ohio, Montana, Texas, Virginia stanno vagliando proposte di legge per introdurre obbligatoriamente la visione dell’ecografia da parte delle donne. In Oklahoma, Alabama, Louisiana e Mississippi questo è già obbligatorio. Oggi poi esistono ecografie in 4D leggibili nitidamente anche dai profani. Chi protesta asserendo che così si colpevolizza la donna e la si costringe a vivere questo dramma in modo ancora più doloroso si potrebbe rispondere con una domanda retorica: non si parla tanto di consenso informato? Più sai più sei libera di scegliere. Detto ciò però è doveroso ricordare che mostrare le ecografie del proprio bambino può essere un boomerang nel caso in cui l’eco indichi delle malformazioni evidenti. Potrebbe cioè essere un incentivo per la madre a scegliere la via dell’aborto.

La donna al centro. Un altro modo per far dimenticare che il soggetto protagonista dell’aborto è il nascituro è quello di spostare l’attenzione da lui alla madre. Si tratta della femminilizzazione dell’aborto, il quale è un problema solo delle donne perché è nel loro corpo, e non in quello dei maschi, che si svolge questo dramma. Prova inconfutabile che questa strategia di “distrazione” – tecnica propria dei prestigiatori più bravi – è stata efficace è data dalla 194. Al padre infatti è dedicata una sola riga dal testo di legge: questi può intervenire per suggerire strade alternative all’aborto, a patto che la donna comunque sia d’accordo che il padre possa aprire bocca.
Non solo aborto. Queste tecniche di occultamento della realtà sono poi applicate anche in altre battaglie culturali. Ad esempio nella fecondazione artificiale si tace sul fatto che il costo per avere un solo bambino in braccio è il sacrificio di 9 suoi fratellini, secondo l’ultimo report del Ministero della Sanità. Si tace altresì sul fatto il fatto che contro la sterilità e infertilità esistono altri percorsi terapeutici diversi dalla Fivet – che terapeutica non è – ottenendo migliori risultati, spendendo meno, tutelando maggiormente la salute della donna e soprattutto evitando così problemi etici assai spinosi.
Welby ed Eluana. La strategia dell’occultamento però non sempre viene applicata. Infatti decidere se mostrare o non mostrare una realtà emotivamente forte dipende dalla risposta al seguente quesito: far vedere una situazione ad esempio drammatica porterà acqua al mio mulino? Infatti domandiamoci perché Welby è stato mostrato più e più volte in TV e sulla carta stampata ed Eluana no? Perché si era certi che il viso gonfio e inespressivo del primo avrebbe catturato sicuramente più consensi rispetto a quello di Eluana la quale sarebbe apparsa semplicemente una donna che dorme – di notte – e che dava segni di minima vigilanza - di giorno. Non certo un vegetale e quindi, anche per la coscienza collettiva, non passibile di eutanasia pietosa.

mercoledì 1 settembre 2010

QUANDO I CONSULTORI NON AIUTANO LE MADRI IN DIFFICOLTA' E CONSIGLIANO DI ABORTIRE !!!!!!!!!!! VERGOGNA !!!

1 settembre 2010

LA TUTELA DELLA VITA

Incinta, chiede aiuti al consultorio

La risposta: abortisca

Teresa accarezza continuamente il suo pancione, come se dovesse ancora proteggere quel figlio che cresce da tre mesi nel suo ventre. «Ora che è qui dentro è al sicuro, ma quando nascerà sarà molto dura per noi». Sorride comunque, finalmente. Non ha più paura di affrontare la sua nuova vita da ragazza madre, «io non sono più sola, c’è lui con me – dice mentre indica quel miracolo che l’ecografia ha già scritto che sarà un "lui" –. Siamo in due, solo noi due». Un lui che chiamerà Francesco e nascerà a marzo: «Questo bambino è stato concepito in Umbria, la patria di Francesco d’Assisi, vorrei che portasse il suo nome». La luce della vita, Teresa l’ha riscoperta dopo settimane di vuoto e di confusione, attraversate di tanto in tanto anche dalla voglia di farla finita. «Come potevo pensare – ribatte – di far crescere un figlio da sola, senza lavoro, senza casa, senza un compagno e senza un soldo?».


Quasi trent’anni, due sorelle all’estero e una mamma che non sente da anni, un diploma da odontoiatra, per ora inutilizzato. Poi quel compagno che «pur dicendo di desiderare come me un bambino, se ne è tornato in Tunisia» con il suo bagaglio di bugie. E non ha più nessuna intenzione di venire in Italia. Teresa parla tenendo lo sguardo fisso a quel figlio che le sta dando il coraggio e la forza di affrontare mille difficoltà.

Lei, cardiopatica e con una gravidanza a rischio, però, ha deciso di andare avanti. Eppure, sola e disperata, il 30 luglio stava per cancellare quella vita che tanto aveva sognato. «Io lo volevo, l’ho voluto fin dall’inizio – racconta – ma ero talmente confusa che avevo già avviato le pratiche per l’aborto. Mi sentivo un mostro, comunque, una donna indegna di vivere. Per fortuna non ho avuto la forza di presentarmi in ospedale quel giorno». Infine la decisione di rivolgersi ad un assistente sociale nel suo municipio a Roma.


«Cercavo una parola di conforto, un posto dove stare, visto che dovevo lasciare il mio appartamento perché non potevo più permettermelo – confessa –, cercavo un aiuto ed invece...». I suoi occhioni neri si sono riempiti di lacrime quella mattina d’inizio agosto, quando le uniche parole di sostegno che ha avuto sono state quelle che mai nessuno si sarebbe immaginato. «Non possiamo fare molto per lei, non abbiamo grandi risorse. Ma non si rende conto che sarà difficile nella sua situazione crescere un bambino? Forse sarebbe il caso di pensare all’interruzione di gravidanza». L’assistente sociale non ha prospettato grandi alternative; in più le sue ferie sarebbero cominciate il giorno successivo e, quindi, pochi i tentativi da fare. Una telefonata dai servizi sociali effettivamente il giorno dopo è arrivata con una probabile sistemazione per soli due mesi e l’invito a risentirsi al rientro dalla vacanze.

«Ho pregato molto il Signore quella notte, non sapevo cosa fare, pregavo per il mio bambino e per quelle mamme come me che nessuno sente gridare in silenzio. Mi sono sentita come se tenere il figlio che già amavo immensamente fosse il reato più grande che potessi fare».  
Teresa fa una pausa.Poi spiega dell’incontro con un vecchio amico vicentino e, grazie a lui, del contatto col Centro di aiuto per la vita della Capitale. «Lì ho trovato innanzitutto il conforto e l’ascolto di cui avevo bisogno, oltre ad un aiuto materiale – aggiunge –. Mi hanno sistemato in una casa-famiglia dove potrò stare anche dopo il parto. Sempre grazie a loro ho un ginecologo di un grande ospedale romano che mi segue gratuitamente e che conosce bene la mia patologia».


Al tavolino di un bar, giocherellando con la cannuccia della sua acqua e limone, Teresa non nasconde la rabbia per quel «muro di insensibilità» che ha trovato, e continua a ricevere, proprio da chi invece dovrebbe aiutare. Per vivere ora, oltre ad un piccolo contributo del Cav, si arrangia come può, vendendo anche le sue originali lampade su internet. «Non voglio sentirmi una parassita dello Stato – dice lasciando per un attimo cadere gli occhi sulla lana che ha appena comprato per la copertina del suo Francesco –. Come è possibile in un Paese moderno e credente che i servizi sociali mi dicano di abortire, di dormire in alloggi di fortuna o addirittura di andar via dall’Italia per farmi aiutare delle mie sorelle all’estero?». Alle sue tante domande per adesso non trova risposta, ma ha un’unica certezza: quando Francesco nascerà vorrà impegnarsi perché nessun’altra donna viva ciò che ha passato lei. Tra qualche giorno sarà il suo compleanno, ma la vita le ha già riservato il regalo più grande.