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lunedì 25 novembre 2013

GLI AGRICOLTORI BRETONI PROTESTANO, I POPOLI NON LA VOGLIONO "QUESTA EUROPA"





25 novembre 2013

I bretoni non ci stanno: dopo anni di celata insofferenza e dopo un diffuso malcontento generalizzato, la regione più a nord della Francia ha detto basta ed è in questi giorni interamente in piazza.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, ha riguardato l’aumento delle tasse sui prodotti agricoli, sui quali si regge gran parte dell’economia bretone; ma ben presto la protesta di una singola categoria, si è trasformata nell’esplosione di un malcontento dell’intera popolazione della regione, da sempre poco incline ad essere assoggettata al governo centrale di Parigi.
Si perché in Bretagna il tricolore è quasi assente; chi va a visitare quei luoghi così stupendi che si affacciano sull’Atlantico, non chiami un cittadino del luogo con l’aggettivo francese o non si rivolga a lui in lingua francese, perché tutto ciò potrebbe passare addirittura come un’offesa. Tengono molto i bretoni alle proprie radici culturali e linguistiche, diverse da quelle del resto del paese e se poi Parigi impone scelte che condizionano la vita quotidiana e l’economia della regione, ecco che la bolla esplode e diventa quasi impossibile controllarla.

EUROPA E APPARATO UE SONO LA STESSA COSA? PER LAURA BOLDRINI PARE DI SI!

di Marco Della Luna 24.11.2013

L’intervista al TGCOM 24 sull’Europa e gli euroscettici

Oggi pomeriggio ho captato un’intervista rilasciata al direttore di TGCOM24 dalla presidentessa della Camera, on.le Laura Boldrini di Sel. Scusatemi se la commento. E’ più forte di me.

Sui temi propostile – da quelli strutturali come la crisi economica e l’Europa, a quelli contingenti come l’evitabile disastro idrogeologico in Sardegna, la Boldrini si è espressa in termini emotivi, etici, generici, spaziando tra l’ovvio e il celebrativo, sempre però evitando di parlare in concreto delle cause tecniche accertabili dei problemi e delle soluzioni tecniche possibili. 
E’ molto facile assumere la posizione di giudice politico e morale degli altri, dire che cosa si dovrebbe fare e che si è colpevoli non facendolo, se ci si tiene al disopra del piano operativo, che deve fare i conti con le difficoltà pratiche, la limitatezza dei mezzi, i contrasti di interessi.

Il brano più impressionante di tutta l’intervista è quello in cui la Boldrini affronta il tema della disaffezione all’Europa in relazione alle criticità, ormai diffusamente percepite, della sua organizzazione monetaria e finanziaria. La Boldrini ha inquadrato, dapprima, gli euroscettici o eurocontrari, qualificandoli aprioristicamente come un problema, un male, dicendosi allarmata dalla possibilità che le prossime elezioni europee producano un parlamento fortemente euroscettico, quindi implicando che la posizione del dubbio e dell’opposizione all’attuale costruzione europea sia in sé illegittima e/o sbagliata, indipendentemente dai risultati prodotti da questa costruzione. Ha persino soggiunto, come rafforzativo, che alcuni partiti di questo tipo sono neonazisti. Non ha parlato del merito delle loro analisi e critiche al sistema attuale. Analisi e critiche che, quasi sempre, si basano su dati obiettivi, studi scientifici, metodi econometrici – si pensi a Berndt Lucke di AfD e a Nigel Farage dello Ukip, per non parlare del sottoscritto o di economisti come Krugman, Brancaccio, Sapelli, Galloni, Kaldor, Bagnai, e mi scuso con gli altri che tralascio per brevità.

lunedì 6 maggio 2013

NIGEL FARAGE HA APPENA VINTO LE ELEZIONI BRITANNICHE, LO AVETE SAPUTO VOI DAI MEDIA ?



Sarà perché sono cresciuto alla scuola di Indro Montanelli, ma a me quelli che parlano chiaro e hanno il coraggio di esporsi in persona piacciono; li ammiro anche quando non sono del tutto d’accordo con loro o lo sono solo in parte. Nigel Farage, il leader del Independence party (Ukip) che ha appena vinto alle elezioni britanniche, appartiene a questa stirpe. Lo seguo da tempo ammirandone l’eloquio, straordinario, e l’audacia dei suoi interventi all’Europarlamento contro le lobby e la nomenklatura che domina l’Europa. Ogni volta che l’ho ascoltato, ho pensato: questo ha una marcia in più.

Non mi sono però meravigliato nel vedere come i grandi media nazionali hanno dato la notizia del suo trionfo alle elezioni britanniche. Quasi nessuno l’ha data in prima pagina, ma solo all’interno con titoli nei quali è apparsa subito la parola magica: “populista”. L’aggettivo che da un paio di decenni serve a marchiare chiunque esca dall’ortodossia di destra o di sinistra. E’ un riflesso condizionato che ha un certa efficacia, in quanto riduce il pericolo di un contagio e di un effetto emulativo negli altri Paesi.LEGGI TUTTO
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giovedì 18 aprile 2013

lunedì 4 febbraio 2013

GUARDA,GUARDA.....SE NE SONO ACCORTI ANCHE I TEDESCHI




"Bisogna cambiare l'Europa" secondo Hans-Werner Sinn, economista tedesco e presidente dell'istituto Ifo per le ricerche economiche.
Lo pensa uno dei top economist dell'Ifo tedesco, Hans-Werner Sinn. Allearsi con il Regno Unito, per ridisegnare l'Europa in modo da "sviluppare una struttura che porti piu' prosperita', pace, liberta' ed unita'."
NEW YORK (WSI) - L'approccio euroscettico degli inglesi sta facendo breccia anche nelle elite economiche della prima potenza d'Europa, la Germania.
"Il premier britannico David Cameron ha ragione quando dice che c'e' qualcosa di marcio nella Ue e nell'Eurozona. 
"La Germania dovrebbe prendere seriamente la proposta avanzata da Cameron di ridisegnare l'Europa e poi provare a sviluppare un'iniziativa con loro, la Francia e altri paesi membri, che porti piu' prosperita', pace, liberta' ed unita' in Europa".LEGGI TUTTO

giovedì 18 ottobre 2012

FERMATEVI, SPEGNETE LA TV E METTETEVI COMODI



di Claudio Messora

Fabrizio Tringali, autore insieme a Marino Badiale di "La trappola dell'euro", con la prefazione di Alberto Bagnai, spiega perché è stata perseguita la moneta unica, in Europa, nonostante gli economisti sapessero fin dall'inizio che sarebbe stata una catastrofe.




Buongiorno a tutti. Sono Fabrizio Tringali e sono l'autore di un libro uscito da poco sull'euro e sull'Unione Europea; il titolo del libro è “La trappola dell'Euro. Le cause, la crisi, le conseguenze e la via d'uscita”, scritto insieme a Marino Badiale che insegna matematica all'Università di Torino. 

Sono molto grato a Claudio Messora per avermi dato la possibilità di raccontarvi qualcosa, rispetto alla crisi che stiamo vivendo, che spero possa esservi utile, affrontando anche qualche aspetto che magari finora non è stato del tutto affrontato. In effetti Marino Badiale ed io iniziamo a parlare della crisi e soprattutto del fatto che le cause della crisi vanno ricercate prevalentemente nell'euro già dai primi mesi del 2011, quando iniziammo a discutere di queste cose pubblicando un breve saggio all'epoca e venivamo abbastanza guardati come matti, ci dicevano che la crisi è dovuta al debito pubblico, la crisi è dovuta a Berlusconi, la crisi è dovuta alla corruzione, alla mafia, la crisi è dovuta a questo paese che non è capace di stare al pari con gli altri paesi dell'Europa migliori di noi. Ecco, tutte queste cose, che possono essere in parte vere, in parte non lo sono affatto e in parte magari sono, per così dire, delle aggravanti rispetto ad una situazione di crisi che però non è assolutamente dovuta a questo ma è dovuta appunto alla moneta unica. E questo, finalmente, devo dire che nel dibattito pubblico sta emergendo ormai, sta emergendo da tutte le parti, anche grazie al lavoro che sta facendo Claudio Messora, ma anche grazie a una persona come Alberto Bagnai, per esempio, che con un bellissimo blog ha spiegato moltissimi degli aspetti, delle criticità dell'euro, tra l'altro Alberto ha scritto anche la prefazione al libro che io e Marino abbiamo scritto. Di conseguenza ormai è abbastanza chiaro all'opinione pubblica che il primo motivo della crisi è proprio il fatto che la moneta unica ha unito delle economie molto diverse tra di loro e in questo modo le economie più forti, come è appunto quella della Germania, hanno finito per schiacciare quelle più deboli.LEGGI TUTTO

venerdì 12 giugno 2009

170 MILIONI HANNO DETTO DI NO ALL'EUROPA



n. 141 del 2009-06-12 pagina 1
Quei 170 milioni di no all’Europa

di Ida Magli
A giudicare dalla faccia compunta e addolorata del conduttore di «Ballarò», mentre faceva rilevare ai suoi stupiti ascoltatori che Berlusconi «aveva conservato per due giorni il silenzio sui risultati delle elezioni», se ne sarebbe dovuto dedurre che nessuna Waterloo fosse mai stata più grave di questa. Se ogni tanto qualcuno dei presenti non avesse fatto lo sforzo di risalire alla concretezza dei numeri, ci si sarebbe facilmente convinti che lo scontro elettorale fosse finito con la sconfitta del Pdl. Ma non si tratta soltanto di «Ballarò». Tutta la sinistra ha impostato la sua battaglia del dopo-elezioni sullo stesso principio con il quale ha condotto quella del «prima»: parlare sempre e soltanto di Berlusconi; «creare», parlandone, i problemi di Berlusconi, le amarezze di Berlusconi, le sconfitte di Berlusconi; far nascere, infine, nella mente e nell’anima degli ignari cittadini, la convinzione che si nascondano, nell’oscuro orizzonte nel quale si muovono i passi dell'uomo Berlusconi, i fatali precipizi di una nemesi inevitabile. Purtroppo i rappresentanti del Pdl, così come le persone più vicine a Berlusconi, sono caduti, e continuano a cadere, nella ben nota trappola del «la poveretta rispose». La regola, infatti, è che non si deve mai rispondere. Ma la cosa più sorprendente di questa situazione, è che vi si siano lasciate irretire persone espertissime dei mezzi di comunicazione di massa quali quelle che si muovono intorno a Berlusconi; senza contare lo sconcerto anche dei più semplici cittadini, ai quali era sufficiente il buon senso per comprendere come fosse un errore seguire la sinistra nel suo modo di falsare la realtà.

Un altro errore, però, è stato fatto da tutti, a destra come a sinistra: mettere a confronto i risultati delle elezioni europee con quelli delle ultime politiche. Un errore clamoroso, ma che nasce dallo scarsissimo valore che politici e giornalisti danno all'Unione europea. Ne sono così convinti che attribuiscono lo stesso disinteresse agli elettori, non riuscendo perciò a fare un’analisi obiettiva dei risultati delle elezioni. È invece soltanto se si mette in rilievo come motivazione più importante il dato «Unione Europea» che si possono comprendere i comportamenti dell’elettorato.

Come è noto ha votato in media fra tutti i 27 paesi poco più del 43% degli aventi diritto. In democrazia, una vera e propria disfatta. Ma qui c’è molto di più di una disfatta democratica. Si tratta di oltre 170 milioni di cittadini, appartenenti a nazioni diverse, a lingue diverse, a idee, religioni, costumi diversi che, pure non essendosi messi d’accordo fra loro e non avendo avuto nessuna comunicazione e nessun ordine dall’alto, hanno preso una identica decisione e si sono comportati nello stesso modo. (Sarebbe sufficiente, a far temere per il futuro democratico dell’Europa, l’irresponsabilità dei governanti, i quali si apprestano, senza essersi fermati neanche un attimo a riflettervi, a governare 170 milioni di persone di cui non hanno il consenso). È questa la cosa più importante: 170 milioni di persone hanno detto «no» all’Europa, utilizzando l’unica possibilità loro concessa: non votare. Non è stato permesso, infatti, ai popoli di esprimere nessun parere negativo sul progetto di unificazione degli Stati d’Europa, per cui la grande massa dei contrari o non vota oppure si riunisce sotto le ali dei partiti «euroscettici», i quali paradossalmente partecipano al Parlamento europeo allo scopo di eliminarlo, o almeno di limitarne al massimo i danni, come i Verdi dei paesi scandinavi, le destre e i nazionalisti presenti in Francia, in Austria, in Polonia e in diversi altri Stati dell’Est post comunista.

Nessun commentatore però ha voluto mettere in luce il fatto che uno dei principali motivi della crescita di questi partiti in tutta Europa si trova proprio nell'aumento dell’ostilità nei confronti del governo sovrannazionale. Neanche Berlusconi, entusiasta dell’Europa, ha capito che i voti che gli sono mancati sono quelli non degli astensionisti, come è stato detto, ma degli antieuropeisti astensionisti. Perfino davanti al tracollo dei laburisti in Gran Bretagna non si è messo in luce il motivo più grave, ossia il tradimento della fiducia dei cittadini compiuto prima da Blair e poi da Brown, i quali avevano ambedue promesso il referendum per l’Europa. Anzi, il governo Brown, del tutto incurante della promessa, ha ratificato il Trattato di Lisbona con la stessa silenziosa arroganza di tutti gli altri governi. Il fatto è che nell'ambito dell'organizzazione europea si sono accumulate in questi ultimi anni, davanti agli occhi dei cittadini impotenti e ridotti al ruolo esclusivo di spettatori, decisioni gravissime come l’eliminazione dei confini fra gli Stati, l’incredibile allargamento dell’Unione a molti paesi dell'Est cui nessuno in principio aveva mai pensato, l’adozione di una Costituzione-Trattato quasi del tutto sconosciuta a coloro che avranno il dovere di obbedirle e di metterla in atto. Si è assistito inoltre alla lunga inerzia della Banca centrale, fintamente ignara dei crimini finanziari perpetrati in tutto il mondo e incapace di una efficace reazione di difesa. È stato svelato, infine, con il continuo invito a favorire l’immigrazione, a superare le differenze fra le nazioni e a puntare in assoluto sul libero scambio delle merci e dei capitali, il vero scopo dell'unificazione europea: fare dell’Europa la copia esatta dell’America o, per meglio dire, un tutt’uno con l'America. Obama è talmente sicuro di questa sostanziale unicità che non ha esitato a presentarsi nei due Stati leader dell’Ue proprio nei giorni delle elezioni politiche, cosa che nessun altro capo di Stato si sarebbe permesso di fare. In Germania, poi, come in Francia, Obama ha ricordato, senza riguardi per nessuno, che sono stati gli americani a liberare l’Europa; e che l’America si aspetta la rapida ammissione della Turchia nell’Unione al fine di saldare i confini europei con quelli della Nato.

L’aspetto più imbarazzante, però, di questo disinteresse per l’Ue da parte dei politici, è lo svuotamento del ruolo delle sinistre. Una cosa è certa: nessun popolo, così come nessun individuo, può volere la propria morte. Dunque la sinistra avrebbe una sola possibilità di stare dalla parte del popolo: combattere contro l’Unione europea. Siccome, viceversa, ha sposato la causa dell’Ue, si ritrova a non poter combattere per nessuna delle cose che avrebbe dovuto combattere: il liberalismo capitalistico, il governo dell’alta finanza e dei banchieri, la tecnologizzazione che le sottrae gli operai... Si ripresenta, perciò, sotto un altro aspetto, il problema dello svuotamento della democrazia che già incombe con i 170 milioni di non elettori. La sinistra deve mettersi a pensare in fretta sul da farsi. Siamo tutti con lei.