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giovedì 31 dicembre 2009

OTTIMO ARTICOLO DI PAOLO BARRAI,METTETEVI COMODI E LEGGETELO TUTTO CON CALMA E RIFLETTIAMO...GRAZIE PAOLO !!!

2010: CONTINUA LA DECADENZA DEL MODELLO DI SVILUPPO ECONOMICO OCCIDENTALE!



In questi ultimi giorni dell’anno si fa a gara nel fare previsioni per l’economia e i mercati del 2010.

C'è chi dice che l'america salirà del 15% ma che possibili correzioni violente sono dietro l'angolo, come dire: ma che ne so, se non si sale...si scende! 



Anche a me hanno chiesto un’opinione, con quest’articolo, sul futuro dei mercati e delle economie, concentrandomi sulle differenze fra i paesi, un tempo definiti emergenti, e quelli occidentali. 



Come molti di voi sanno, questi articoli lasciano spesso il tempo che trovano, e rileggendoli mesi dopo si rischia di farsi delle grandi e sonore risate. 



Uno dei motivi principali della scarsa capacità previsionale è dovuta all’intervento delle politiche economiche dei governi e delle Banche centrali che difficilmente riescono a risolvere i problemi, ma spesso riescono a dilazionare nel tempo la soluzione degli stessi. 



Questo articolo, quindi, non tende a prevedere il futuro prossimo (che potrebbe essere messo in discussione da un repentino cambiamento di politica economica da parte delle banche centrali) ma cerca di guardare più in là, sottolineando le cause della decadenza del modello di sviluppo occidentale. Tendenza che non cambierà nel corso del 2010 e che prima o dopo porterà a un ulteriore declino dei mercati finanziari occidentali.



Avete probabilmente letto in questi giorni della “lost decade”, ovvero di come negli ultimi 10 anni le economie occidentali non abbiano prodotto valore sui mercati azionari. Anche la Banca d’Italia, nei giorni scorsi ha dichiarato che i livelli della produzione industriale italiana sono tornati indietro, a causa della crisi, di quasi 100 trimestri. Nel complesso nel nostro Paese le merci prodotte, nella scorsa primavera, «si sono riportate al livello della metà degli anni Ottanta».





Nel frattempo i paesi del Bric (Brasile, India, Russia, Cina) sono cresciuti molto rapidamente. Basti pensare all’enorme quantità di capitali che si è indirizzata verso quei paesi, agli alti tassi di ritorno sugli investimenti, alla capitalizzazione di borsa di questi paesi rispetto a quelli occidentali. 

I paesi del Bric hanno in comune una forte presenza dello stato nelle decisioni economiche, mentre in occidente avevamo scelto di lasciare al mercato la capacità di autoregolarsi. 



Non dimenticherei, oltre ai Paesi del Bric, anche i paesi africani con poco debito pubblico quali Tunisia e Marocco (Libia stessa). Proprio questi potrebbero essere gli outsider del 2010 e dei prossimi anni!!!



La crisi economica sta cambiando velocemente il comportamento di paesi come gli Stati Uniti e l’Europa stessa. L’intervento dei governi nell’economia è via via aumentato e negli ultimi due anni abbiamo assistito, nei paesi occidentali, ad un aumento dell’ingerenza dello stato nell’economia, passando da un modello liberista a un modello dirigista.



Le scelte politiche influenzano sempre più i mercati. I prezzi degli assets dipendono sempre più non da valutazioni economiche e dai fondamentali, ma dalle decisioni delle Banche Centrali e da una stretta cerchia di oligarchi. I mercati sono controllati sempre più da loro. 



Una volta vi erano i fondi hedge che potevano dire la loro, oggi chi non è fallito è stato messo sotto controllo e non può ribellarsi. I mercati finanziari sono diventati lo specchio di un capitalismo sempre più opaco e decadente.



I volumi negoziati sono molto bassi e basta una Goldman Sachs qualunque a dettare il bello e il cattivo tempo sugli indici di borsa. I singoli titoli sono poi manovrati con facilità dalle grandi banche d’affari (in Italia basta vedere come si sono gestiti gli aumenti di capitale di aziende come Seat Pagine Gialle, Pirelli Re, Tiscali, Banca Italease). Il mercato azionario domestico è tornato indietro di 15 -20 anni, praticamente morto.

L’ingerenza dello stato continuerà per tutto il 2010 con conseguenze che , alla lunga, difficilmente saranno positive, anche perché, come sappiamo, i problemi, per ora, sono stati affrontati somministrando a un drogato una dose ancor più forte di eroina. 



Tuttavia sono in molti a essere convinti della ripresa economica nel corso del 2010. Sono passati poco più di 9 mesi dal quel giorno del 9 marzo 2009 quando i mercati finanziari di tutto il mondo toccarono minimi importanti.

Da allora, l’imponente macchina delle banche centrali ha creato le condizioni per un rallentamento della crisi economica che stava per portare a conseguenze gravissime, grazie alla droga della liquidità e il pesante ricorso al debito pubblico. Da mesi le Borse di Stato salgono quasi esclusivamente a spese dei debiti pubblici. Camminare sulle proprie gambe e senza stampelle" rimane tutt’oggi una pura utopia. Gli Stati, dopo aver tamponato il sistema bancario con una marea di denaro dei contribuenti, fanno a gara a chi stimola di più l'economia con piani faraonici che dopano i vari settori considerati "strategici" ed allo stesso tempo fanno peggiorare il rapporto debito/PIL del +50%/+100% in pochi mesi...



Le Banche Centrali hanno messo in campo le politiche monetarie più espansive della Storia dell'Uomo: con tassi a zero a tempo indeterminato, riacquisto di titoli di stato, stampa di denaro dal nulla, enormi iniezioni di liquidità gratis, tecniche intensive per rendere i mutui artificiosamente regalati etc etc

Tutte queste misure statali si stanno scontrando con le tendenze naturali dell’economia che andrebbero in tutt'altra direzione. Si sta cercando di forzare la mano ai naturali processi di aggiustamento economici e finanziari. La SCOMMESSA è ardita quanto pericolosa: stuprare la NATURA e pensare che si possano guidare tendenze socio-economiche iper-complesse con un semplice dualismo pompo/smetto di pompare e con la scelta del timing/dose da somministrare.

Il tutto a spese di un pesante sfondamento dei debiti pubblici e quindi alla più grande socializzazione delle perdite del sistema privato che si sia attuata. Il popolo sta pagando gli errori di pochi grandi capitalisti, i quali non pagano per gli errori fatti e rimangono al potere.

La torta della ricchezza, in occidente, diventa via via piu’ piccola e a spartirsela rimangono sempre in meno. E’ oramai noto che la classe borghese sia in america che in europa è in via d’estinzione e che la ricchezza è concentrata sempre più nelle mani di pochi. Nei paesi del Bric sta avvenendo proprio l’opposto.

Nel corso del 2010 non è detto che tutti i nodi verranno al pettine, anzi la ripresa economica mondiale potrebbe anche continuare. Tutto dipenderà dalla capacità dell’apparato di regime dei paesi occidentali di far credere alla massa che il peggio è passato e di farli tornare alle loro abitudini di sempre.

Ma la crescita economica globale, se continuerà, sarà comunque a tre velocità. In testa saranno i paesi ex emergenti, Stati Uniti, Germania e in generale i paesi occidentali con le finanze meno martoriate, li seguiranno a ruota. Infine i paesi con alto indebitamento rischiano di essere relegati in un angolino e di soffrire moltissimo (vedi i paesi dell’Europa dell’est e i PIIGS, ovvero Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, i cui debiti rischiano di subire pesanti giudizi dalle agenzie di rating)

I governi occidentali sono e saranno occupatissimi, non a risolvere alla radice i problemi, ma a spostarli nel tempo, facendo mantenere alla popolazione il tenore di vita di ieri (a qualunque costo), anche se alla lunga sarà impossibile. La gente deve abituarsi a impoverirsi lentamente. Un giorno gli tagliamo le pensioni, dopo un mese diamo un taglio alla sanità, poi li obblighiamo ad andare un po’ meno in vacanza e se anche vanno al ristorante, invece che mangiare dall’antipasto al dolce, per problemi di costi, sceglieranno il piatto unico.

In questo modo i governi riescono a controllare l’insoddisfazione delle masse, al massimo potrà accadere che qualche pazzo attacchi il premier con un corpo contundente, altri mettano una bombetta all’università o sotto il metro, ma la massa rimane sotto il controllo del potere costituito, a costo di abbassare il livello d’informazione sui giornali e nei media.

Per mantenere il potere, una ristretta cerchia di oligarchici (nel mondo occidentale, Italia compresa) ha dapprima distrutto la classe borghese e ora, invece che optare per la soluzione risolutiva (anche se scioccante) preferisce l’agonia di un popolo che ogni giorno si impoverisce sempre più, ma senza che il popolo si incazzi più di tanto.



Ma torniamo a questo 2010 e ai problemi più importanti che si dovranno comunque affrontare:

1) Le banche centrali saranno alle prese con le politiche di exit strategy. Nel 2009 hanno immesso liquidità e i governi hanno socializzato le perdite di banche e società. Per farvi capire meglio: il prodotto Interno Lordo dei paesi occidentali è sceso nel corso del 2009. La quantità di moneta e di debito pubblico è continuata ad aumentare e il trend proseguirà per tutto il 2010. Più moneta in circolazione con beni prodotti in diminuizione non può che portare a una sostanziale perdita di valore della moneta (tramite svalutazione della moneta e/o inflazione). Le Banche centrali e i governi lo sanno e cercheranno di drenare liquidità. Così facendo mettono a repentaglio la ripresa economica e la solidità dei mercati finanziari. Ma se non eliminano la liquidità in eccesso la bolla che hanno creato diverrà sempre piu’ grande con conseguenze ancora più pericolose.

2) Le bolle nei paesi ex emergenti: le politiche di stimolo nel corso del 2009 sono state imponenti anche nei paesi emergenti. In particolare in Cina il piano di stimolo è stato pari al 13% del Pil contro il 5,6% del piano di stimolo USA. Tutto questo aiuto pubblico ha aiutato la formazione di due bolle : quella azionaria e quella immobiliare (pensate che nel 2009 in Cina le case sono salite in media del 6,4%). Le banche dei paesi emergenti, a differenza delle nostre, hanno allargato i cordoni della borsa. Se nel corso del 2010 la ripresa economica non dovesse essere robusta anche per questi paesi potrebbero esserci cattive sorprese.

3) Debito pubblico fuori controllo?: Il fondo monetario internazionale (IMF) ha calcolato che il rapporto debito/pil nelle 7 maggiori economie sarà pari al 109% (e 113% nel 2011). Pensate che nel 2007 era solo l’84%, nel 2000 non raggiungeva il 77% e nel 1990 era al 58%. In Usa Obama sta pensando solo a spendere (vedesi l’ultimo piano sulla sanità) la spesa pubblica sta andando fuori controllo. Se ci sarà ripresa economica sarà praticamente impossibile per i governi finanziare il debito in aumento offrendo rendimenti vicini allo zero. Se i tassi dovessero salire, la ripresa economica si fermerebbe, un vero e proprio cul de sac.

4) Nel 2010 la ripresa economica (se mai ci sarà) sarà caratterizzata da continui tagli occupazionali. Una ripresa economica che non vedrà aumentare gli occupati, anzi, in Europa per tutto il 2010 potremmo assistere a un calo dei dipendenti. I consumi interni quindi non potranno decollare, in quanto non aumenterà il potere d’acquisto della popolazione. La crescita economica porterà l’arricchimento di masse di popolazione nei paesi ex emergenti e la bassa crescita nei paesi occidentali farà arricchire solo una piccolissimo gruppo di imprenditori legati a tariffe e incentivi statali.

5) Senza contare le moltitudini di problemi per ora sotterrati sotto il tappeto della falsa ripresa economica:

- L’ondata di nuove insolvenze con i mutui arms

- Le insolvenze che arrivano dalle carte di credito

- I buchi causati dai fondi private equity (e il rischio che corrono le banche finanziatrici)

- I buchi degli stati americani rimasti senza soldi

- Il continuo downgrade dei debiti pubblici nazionali 

- L’aumento dei conflitti e tensioni sociali

- Possibili attacchi terroristici

- Aumento della conflittualità nel panorama geopolitico



Mi preme ricordare come, per la prima volta da sempre, il rischio dei paesi PIIGS è superiore al rischio dei paesi del BRIC. 



Quindi, guardando al 2010 , le risposte che potrebbero arrivare dai mercati, in caso che la droga continui per un po’ a fare effetto, non devono trarci in inganno. Il sistema di sviluppo occidentale (e quello italiano in particolare) è oramai in fase decadente e la comparazione con il sistema dei paesi del BRIC ne è la riprova.

Molti anni fa il mondo occidentale ha accettato la globalizzazione. L’industria è stata spostata nei paesi emergenti. Le bilance commerciali di questi paesi si sono rimpinguate (e quelle dei paesi occidentali si sono dissanguate). Le famiglia in occidente, per mantenere il tenore di vita, si sono indebitate in maniera abnorme vivendo al di sopra delle proprie possibilità. I paesi del BRIC oggi, in mancanza di consumi da parte del mondo occidentale, devono ridurre le esportazioni e aumentare i consumi interni. Noi occidentali abbiamo la valuta troppo forte per pensare di aumentare in maniera drammatica le esportazioni e la nostra popolazione vive ancora al di sopra dei propri mezzi. Ci sono delle differenze sostanziali fra politica economica dei paesi del BRIC e i paesi occidentali, in particolare: 





1) Pianificazione dello sviluppo economico. Paesi come la Cina pianificano con largo anticipo lo sviluppo economico. Fanno incetta di materie prime, trovano mercati di sbocco in maniera aggressiva e organizzata. Rubano importanti quote di mercato a quei paesi che non sono capaci di organizzarsi strategicamente. In Brasile la banca principale del paese è in mano allo stato e gli esempi potrebbero continuare a lungo.





2) Welfare. La spesa per scuola, sanità e pensioni, nei paesi occidentali è in riduzione. Questo non fa che aumentare l’incertezza (e quindi ridurre i consumi) della popolazione. Nei paesi del Bric, viceversa, i governi stanno spingendo per concedere più welfare alla popolazione. L’effetto è opposto, in questi paesi la popolazione tende a risparmiare meno e a consumare di più.





3) Indebitamento del sistema. I Paesi del Bric non sono molto indebitati. In particolare le famiglie non hanno debiti, a differenza delle famiglie europee. La possibilità di aumentare il debito delle famiglie in quelle aree rende gli investimenti più appetibili in quelle aree. 





4) Tasso di sviluppo. Il concetto di tasso di sviluppo è molto ampio, ma provo 

a fare alcuni esempi:

a) I salari, nei paesi del Bric, continuano ad crescere a tassi superiori che quelli nei paesi occidentali. 

b) Gli investimenti di capitali dall’estero arrivano copiosi. Fare impresa risulta più facile e meno oneroso in quei paesi piuttosto che in paesi come l’Italia.

c) Le auto vendute, in paesi come Cina e Brasile, continuano ad aumentare a ritmi importanti

d) La tecnologia sta aumentando rapidamente in questi paesi (ricordo che pochi giorni fa è stata inaugurata in Cina una linea di alta velocità che in Europa ci sogniamo) 

e) Il settore immobiliare continua a crescere trainando molta parte dell’economia





Tutte queste differenze si tramutano in un diverso sentiment della popolazione. Nei paesi del Bric si respira aria di crescita economica e culturale. Le persone sono molto spesso euforiche. Partono da una ciotola di riso e basta dar loro un po’ di carne o qualche giorno di vacanza per farli felici. Da noi la situazione è opposta. Siamo arrivati al pessimismo più acuto. I giovani non trovano lavoro e i salarti non aumentano. Tuttavia il costo della vita non scende, anzi…. Il risultato è che si è costretti a ridurre il tenore di vita più o meno lentamente. Nei paesi emergenti le persone crescono e hanno voglia di fare. I giovani vogliono emergere. Studiano sugli stessi libri degli universitari europei o americani, quando escono dall’università sono aggressivi e instancabili lavoratori. In Italia o in gran parte dell’Europa, abbiamo introdotto il concetto di “precario a vita” con centinaia di migliaia di giovani che non solo non trovano un posto di lavoro fisso dopo una laurea,ma che dopo 10 anni lavorano ancora con uno stipendio da fame e senza prospettive di crescita. Se erano solo i giovani a soffrire fino a qualche anno fa, da un po’ di tempo a questa parte la crisi colpisce anche le persone fra i 35 e i 55 anni. Piccoli e medi imprenditori in difficoltà, molti professionisti che fanno fatica a mantenere il reddito degli anni precedenti e che sono”frustrati” e senza speranza.

In Italia la situazione è a dir poco drammatica, infatti se analizziamo le varie categorie di persone ci accorgiamo che:

1) I dipendenti pubblici sono troppi (rispetto ad altri paesi europei) e quindi non producono per quello che vengono pagati. Il sistma pubblico in generale è una zavorra e non un volano per la ripresa economica.

2) I pensionati sono tanti (il paese è vecchio). Il costo pensionistico è purtroppo un’altra pesante zavorra

3) Le grandi imprese ricevono incentivi nei momenti difficili e tendono a sopravvivere “aiutate”, peccato che le grandi imprese, in Italia, sono poche e incapaci di sostenere la nostra economia.

4) Per ora la disoccupazione non è esplosa ma solo grazie a politiche economiche di sostegno (cassa integrazione) di corto respiro.

5) Il sistema portante era la piccola media impresa e il grandissimo numero di professionisti che lavoravano intorno a loro. Questo enorme numero di persone è in crisi e con esso l’intero sistema italiano.

6) Il debito pubblico nel corso del 20°9 è esploso (l’aumento è stato di circa 250 mila miliaerdi delle vecchie lire). Le soluzioni di breve periodo (quali lo scudo) e tassi d’interesse, per ora bassi, hanno permesso al sistema di non implodere, ma un naturale aumento dei tassi porterebbe il nostro stato a scelte impopolari (aumento delle tasse o taglio della spesa pubblica)





Il 2010 purtroppo non porterà buone nuove per il sistema Italia. Non passa giorno che un numero sempre maggiore di giovani decida di emigrare, cercare fortuna allestero. La stesa cosa vale per migliaia di piccoli imprenditori e professionisti che sognano una vita nuova; “sognando California” era un successo dell’epoca passata, oggi molti hanno in mente il Brasile o la Cina. Una volta si emigrava con la valigia di cartone e due stracci addosso, ma tanta determinazione e voglia di fare (a casa si lasciava fame e miseria). 





Oggi i nuovi emigrati partono con la valigia di Luis Vuitton e i completini firmati, sanno giocare a tennis e sciare e non possono stare senza il cellulare. A casa lasciano dei genitori che staccano cospicui assegni a loro favore per sovvenzionarli. Andranno alla ricerca di fortuna all’estero ma non con la determinazione dei bisnonni ma con la convinzione di riuscire. Solo in pochi riusciranno, negli altri paesi la competizione è forte e la crescita economica è per molti ma non per tutti.
Fonte: http://ilpunto-borsainvestimenti.blogspot.com/2009/12/2010-continua-la-decadenza-del-modello.html
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sabato 19 dicembre 2009

IN EUROPA,CHIESE CON CAMPANILI OPPURE MOSCHEE CON MINARETI ????


UE: il futuro dell’Europa, nelle chiese o nei minareti?




Scritto da Administrator   

Sabato 19 Dicembre 2009 10:31

CR n.1122 del 19/12/2009 



Il cronista medievale Raul Glaber racconta che all’inizio dell’anno Mille, l’Europa andava coprendosi di un bianco manto di chiese. I campanili svettanti nei borghi e nelle città annunciavano una nuova primavera della fede. Sorgeva la grande Civiltà cristiana del Medioevo. Da allora, nel corso dei secoli, quelle chiese e quei campanili hanno segnato il paesaggio e lo spazio pubblico europeo. 



Il prof. Josef Weiler, un costituzionalista americano di religione ebraica, ricordando la storia biblica degli uomini che furono mandati a esplorare la Terra Promessa, scrive che quegli stessi uomini inviati oggi a «cercare» la Terra promessa d’Europa racconterebbero anche questo: «Che in ogni centro abitato, anche nel più piccolo, le tombe nei cimiteri recano iscrizioni diverse nelle lingue europee, ma hanno quasi tutte la stessa identica croce cristiana; a chi visiti un cimitero quella croce si ripresenta sempre uguale, immutabile anche nel tempo: è la stessa croce su una tomba del 1003, come su una del 1503, come su una del 2003. Racconterebbero poi che non esiste città o paese di una certa grandezza che non abbia almeno una chiesa cristiana, e a volte anche più d’una; se non altro nell’Europa occidentale, dove la libertà di religione non è una conquista recente, e ha permesso alla Cristianità di esprimersi nei secoli, anche attraverso la costruzione di chiese. In certi luoghi queste chiese possono anche rimanere vuote per la maggior parte dell’anno; ma sono là, spesso di una bellezza maestosa, spesso in posizione dominante nel cuore dello spazio pubblico» (Un’Europa cristiana. Un saggio esplorativo, BUR, Milano 2003, p. 42).



La croce, simbolo di identificazione della nostra civiltà, è oggi però messa in discussione dagli stessi europei. La Corte di Giustizia Strasburgo intima la rimozione dei crocifissi dagli spazi pubblici e giunte comunali, come quella di Lugo di Romagna, ne deliberano la scomparsa dalle lapidi dei cimiteri. Un progetto di legge dello stesso tenore è allo studio del governo belga per «non offendere i musulmani». 



Nell’Europa, stanca e svigorita dei nostri giorni, le croci vengono rimosse, le chiese si svuotano o vengono trasformate in alberghi, mentre spuntano sempre più numerose le moschee, all’ombra dei minareti. Le moschee e i minareti non sono elementi decorativi del paesaggio, ma espressione di una fede religiosa che si dilata nel nostro continente. «I minareti sono le nostre baionette, le cupole i nostri elmi, le moschee le nostre caserme e i credenti il nostro esercito». Così si esprimeva nel 1998 l’attuale premier turco Tayyp Erdogan citando un poeta musulmano. Non tutti gli svizzeri che hanno votato contro la costruzione di nuovi minareti in Svizzera conoscono questa citazione, ma non stupisce che essi considerino i minareti come simbolo di conquista religiosa e culturale. Il minareto (in arabo manar, il “faro”che proietta la fede) è la torre che propaga ai quattro punti cardinali la fede islamica. Accettare il minareto significa accettare ciò che dal minareto è inscindibile: la presenza del Muezzin che lancia il suo appello alla preghiera e alla conversione ad Allah. 



Il diritto di propagandare la propria fede è rivendicato dai musulmani in nome della “libertà religiosa”. Ma in nome della stessa libertà di religione i seguaci dell’Islam chiedono il rispetto della loro legge religiosa, che impone pratiche come la poligamia e proibisce ogni forma di “apostasia”, ovvero interdice l’abbandono dell’islamismo per convertirsi al Cristianesimo. Per i musulmani libertà religiosa significa dunque il diritto di convertire i cristiani all’Islam e il contemporaneo divieto di convertire i musulmani al Cristianesimo.



Il termine “libertà religiosa” viene invece inteso in Occidente come “religione della libertà”, ovvero come primato assoluto della autodeterminazione dell’individuo e conseguente equivalenza di ogni religione. Ma qual è la religione oggi minacciata in Europa, quella dei musulmani o quella dei cristiani? La Corte di Strasburgo, che ha condannato l’esposizione pubblica dei Crocifissi, si pronuncerebbe contro la proclamazione della fede maomettana dalle torri dei minareti? Il Crocifisso non può essere esposto in una scuola a maggioranza cristiana, ma nelle stesse città in cui non può essere esibito il Crocifisso possono sorgere a volontà moschee e minareti. 



Qualcuno distingue tra minareti e moschee, definendo religiosamente aggressivi i primi e “pacifiche” le seconde. Si dimentica però che le moschee non sono solo luoghi di culto, ma hanno anche la funzione di propaganda della sharī’a, la legge islamica. L’associazione dei Fratelli Musulmani, ad esempio come ricorda Magdi Allam, «promuove l’islamizzazione della società a partire dal basso, tramite il controllo delle moschee, dei centri culturali islamici, delle scuole coraniche, di enti caritatevoli e di istituti finanziari. La tattica perseguita è quella di dar vita gradualmente a uno Stato islamico in fieri all’interno dello Stato di diritto» (Kamikaze made in Europe, Mondadori, Milano 2005, p. 22). Lo Sceicco Yusuf al Qaradawi, in una fatwa del 29 ottobre 2001, lo ha ribadito: «Da sempre la moschea ha avuto un ruolo nel jihad in nome di Allah, per combattere gli invasori, nemici di questa religione».



I Paesi islamici fanno parte di una “Conferenza Internazionale”, l’OCI, che raccoglie 57 Paesi di religione musulmana, uniti dalla consapevolezza di appartenere ad un’unica comunità di credenti, la Umma. Il fine dell’OCI è di propagare la sharī’a nel mondo e di difendere l’identità islamica dei musulmani che vivono ovunque, compresa l’Europa: quell’Europa che con la ratifica del Trattato di Lisbona espelle le radici cristiane della sua carta fondativa e apre la porta al reato di “islamofobia”.



Non ci si accusi di mancanza di carità nei confronti dell’Islam. Il rispetto per la dignità di ogni uomo, compresi i musulmani, non ci deve far dimenticare che uno solo è il vero Dio, quello che si è rivelato come uno e trino e che è morto sulla Croce per redimere i nostri peccati. Per questo il Cristianesimo, come ha spiegato Giovanni Paolo II in un discorso del 15 settembre 2002, «ha nella Croce il suo simbolo principale. Dovunque il Vangelo ha posto radici, la Croce sta ad indicare la presenza dei cristiani. Nelle chiese e nelle case, negli ospedali, nelle scuole, nei cimiteri la Croce è divenuta il segno per eccellenza di una cultura che attinge dal messaggio di Cristo verità e libertà, fiducia e speranza». Il messaggio di Cristo continua ad accendere i cuori degli europei? Il problema di fondo non sta nell’espansione dell’Islam, ma nella perdita da parte degli europei della fiamma dell’amor di Dio, della luce della fede e della forza invincibile della speranza.




giovedì 12 novembre 2009

RIDATECI L'EUROPA CHE VOGLIAMO

PETIZIONE/ Ridateci l’Europa che vogliamo

Renato Farina

giovedì 12 novembre 2009

 

 

 

La petizione qui pubblicata va stampata, diffusa, propagandata, firmata, spedita.

Amata, soprattutto amata. C’è dentro il respiro dell’Europa così com’è stata pensata dai suoi fondatori: un respiro oggi soffocato da un’istanza europea che fa torto proprio alla sua origine, come un figlio che uccida la madre. Senza quella croce non ci sarebbero né diritti umani, né Europa.

 

La petizione allora rappresenta il modo più semplice, chiaro, forte per far valere le ragioni della nostra libera volontà. Qualche volta il popolo ha diritto di ribellarsi, fa parte anche questo dei diritti umani. E la petizione è il modo più civile, ma non si sottovaluti alla lunga questo primato dato alle burocrazie rispetto alla volontà della gente.

 

Quando ci si ribella persino alle Alte Corti? Accade quando si sente conculcata la propria anima da un potere sentito come estraneo. È il nostro caso. La citata decisione della Corte europea dei diritti umani, che ha multato l’Italia perché espone i crocifissi sulle pareti delle aule scolastiche, pretende di estirpare dal petto la fotografia di chi ci è caro, il più caro di tutti. E lo fa in nome della giustizia, come nel nome della giustizia quel Tale fu messo in croce.

Un’assurdità che pretende di avere il sigillo della legalità più alta.

 

Per questo Cristiana Muscardini e Mario Mauro, del Pdl, e David Sassoli, del Pd, lanciano la petizione popolare perché sia restituito al popolo il diritto di essere se stesso, di poter scegliere i simboli in cui riconosce se stesso e la propria storia. I due eurodeputati hanno preso questa iniziativa dal luogo decisivo dell’Europa unita, là dove l’ideale europeo di democrazia ha i suoi rappresentanti eletti dai cittadini dei 27 Paesi. Non c’è bisogno di disquisizioni sottili. La petizione ha una eloquenza che non va addolcita o interpretata.

 

 

Di certo i diritti umani non possono più essere esclusiva prerogativa di magistrati che ragionano sulla base della loro ideologia, dove la libertà è intesa come appartenente al singolo individuo al quale viene assegnato il diritto di veto sui simboli di una società. Sarà interessante quando ci sarà qualcuno che si sentirà offeso dalla croce che dà forma e consistenza alle bandiere di molti Paesi europei, come la Svezia, la Danimarca. Tra i 47 Paesi del Consiglio d’Europa, su cui ha giurisdizione la Corte di Strasburgo, c’è la Svizzera che ha la croce in cielo, sulle ali degli aerei. Che si fa, li si abbatte?

 

E solo una piccolissima minoranza può sentirsi in realtà offesa da quella visione, ma lo fa perché odia la nostra stessa essenza europea. “Europa, ricordati il tuo battesimo”, ammoniva Giovanni Paolo II. Per questo chiedeva nella Costituzione la citazione delle radici cristiane, non per vuoto nominalismo, ma per lealtà verso noi stessi, e come garanzia perché non ce le strappino con le tenaglie dei falsi diritti umani, che da quel simbolo tra l’altro non possono prescindere.

 

Per rispettare il senso di fastidio di chi odia il nostro stesso cuore, va spogliata la nostra vita dall’icona di Cristo, lavare le nostre pareti dalla memoria? Bisognerebbe allora per coerenza purificare il panorama dalle croci, ripulire i quadri dei musei, i libri di arte, strappare dal petto le medagliette dei bambini e dei vecchi. 

Questo fa capire che razza di mondo assurdo, senza fremiti, senza passione e amore, si figurino come culla dei diritti questi magistrati la cui bilancia deve avergli schiacciato il cuore e la testa quand’erano piccoli.

 

Intanto mandiamo la petizione. Facciamoci sentire.


 

CROCIFISSO/ Il testo della petizione popolare al presidente del Parlamento europeo

Redazione
giovedì 12 novembre 2009

PETIZIONE POPOLARE AL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO

Il crocifisso va rispettato

Signor Presidente,

la recente sentenza della Corte europea dei diritti umani turba, inquieta e disturba la nostra coscienza di cittadini europei. Se l’Europa, con una sentenza del potere giudiziario, elimina il crocifisso, immagine dell’uomo-Dio in cui credono milioni di cittadini, dalle scuole, il nostro essere europei riceve un colpo mortale. Non potremmo più riconoscerci in un’Europa che cancella per via giudiziaria i valori ed i simboli che hanno contribuito a fare dei nostri Paesi ciò che essi hanno rappresentato per la civiltà universale.

Non siamo contro i valori rappresentati da altre visioni del mondo, ma desideriamo che la nostra cultura e le nostre tradizioni vengano rispettate e tutelate. Non possiamo accettare, come cittadini europei, che l’Unione mortifichi ed annulli le differenze. La nostra “differenza” va convintamene salvaguardata e l’iconografia che tradizionalmente esprime i nostri valori va assolutamente rispettata.

Il Parlamento europeo, che è l’espressione della volontà popolare, deve garantire il rispetto della nostra tradizione, altrimenti l’Europa sarebbe percepita soltanto come una organizzazione mercantile, senza anima e vuota di senso. Non erano queste le ragioni e le finalità che hanno spinto i Padri fondatori a dar vita alle Comunità europee.

Essendo un diritto umano anche quello che pretende il rispetto di sé, della propria storia, della propria cultura e della propria tradizione, facciamo appello alla sua autorità perché questo nostro diritto non venga così volgarmente calpestato.

Primo Firmatario : Cristiana Muscardini

Mario Mauro

lunedì 9 novembre 2009

LA CORTE DI STRASBURGO,ALQUANTO MIOPE,HA COMPATTATO GLI ITALIANI CHE SI SCHIERANO A STRAGRANDE MAGGIORANZA PER IL CROCIFISSO

a proposito della sentenza sul crocifisso

Novembre 8th, 2009

Se veramente avessero voluto eliminare il crocifisso da tutti gli edifici pubblici, avrebbero dovuto essere minimamente intelligenti, i giudici della sedicente Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, e non avrebbero mai dovuto formulare quella sentenza. Il crocifisso lo stavano togliendo piano piano da tutte le parti, senza polemiche, silenziosamente. Nell’indifferenza, o al massimo, ad essere buoni, nella inconsapevolezza dei più.

Con la sentenza, invece, hanno scatenato una specie di rivolta popolare, obbligando anche i più tiepidi a schierarsi per lasciarlo dov’è. E adesso, dopo la sentenza, tutti quelli che vanno in qualsiasi edificio pubblico – scuola, comune, tribunale, etc. – controllano se il crocifisso c’è, e dove non lo trovano ce lo rimettono.

Il giorno dopo la sentenza, per esempio, io ero in treno, e con il giornale aperto ho cominciato a parlare ad alta voce, protestando in modo abbastanza colorito sulla faccenda, con tutto il vagone dalla mia parte e nessuno che osasse dire il contrario. Annuivano tutti, aggiungendo epiteti non proprio gentili e tantomeno caritatevoli nei confronti dei giudici suddetti. Uno seduto dietro di me ha chiarito di essere totalmente d’accordo con me, pur non entrando in chiesa da tantissimo tempo.

Il popolo italiano si è sentito offeso, insomma, e si è compattato, perché l’impressione, netta, è stata che un microscopico gruppo di inutili giudici stranieri - l’unico italiano presente ha un cognome tanto noto quanto impronunciabile, straniero pure lui, insomma - che “lavora” per quella cosa inutile che è l’Europa – smettiamola con la retorica, per il 95% degli italiani il più grande vantaggio dell’Unione europea è che non bisogna più usare i travel check -  viene ad impicciarsi di quello che facciamo a casa nostra, e vuole imporci quel che pensa.  Ed è pure abbastanza inutile, anche se è corretto, spiegare che la sedicente Corte dei Diritti Umani non c’entra un bel niente col parlamento europeo. Per il cittadino quadratico medio basta la parola: Europa, roba lontana e, nella migliore delle ipotesi, inutile. Spesso, purtroppo, dannosa.

Non hanno fatto un gran servizio alla causa europea, insomma, i giudici della sedicente corte dei diritti umani. E neanche hanno risollevato la categoria dei giudici, che ultimamente non va per la maggiore.

E invece a noi che in quel Crocifisso crediamo, la sentenza che ce lo vuole togliere ha fatto un gran favore. Ci ha ricordato che averLo davanti non è scontato. E che i segni della Sua presenza non debbono ridursi ad arredi decorativi, oramai familiari. Di un arredo se ne può fare a meno. Del Suo segno, no.

Fonte:http://stranocristiano.it/2009/11/a-proposito-della-sentenza-sul-crocifisso/