GIOVANE ITALIA - FOTO GIANNI LANNES (tutti i diritti riservati)
di Gianni Lannes
L’Italia è l’unica nazione al mondo dove i rifiuti si riciclano prevalentemente in politica. L'Italia, attualmente, non ha una classe dirigente a qualsiasi livello, in particolare etico. L’Italia, il nostro Paese, sembra privo di memoria, di slancio, di altruismo e di compassione. Per dirla con Carlo Levi: “Nessuno ha toccato questa terra se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo”.
Non c’è bisogno di eroi, però, e soprattutto di retorica o populismo, purtroppo di gran moda. Ma non siete stanchi dei furbi, dei ladri, dei moralizzatori d'accatto, dei traditori, dei raccomandati, dei soliti figli di papà con la carriera assicurata, dei riccastri e dei politicanti venduti?
Cosa si può fare? Intanto non restare indifferenti. Fare qualcosa insieme invece che contro. Chiamare a raccolta quelli che si riconoscono nell’essere a favore delle persone, per la verità e la giustizia. Non si può sempre vivere contro qualcuno o qualcosa.
La gente è nauseata da questa recita quotidiana della vita politica italidiota, coi soliti burattini e burattinai perennemente nei salotti tv. In Italia i palazzi del potere per conto straniero e i fantocci eterodiretti dall’estero che li animano sono un cancro da estirpare adesso. La mafia alberga nel cuore delle istituzioni.
Vista l'enorme crisi finanziaria ed economica vigente in Spagna, ci sono tre alternative. Una è quella di continuare le politiche di austerità del governo del Partito popolare, seguendo le istruzioni del Consiglio europeo (dominato da conservatori e liberali), della Commissione Europea (di chiaro orientamento conservatore neoliberista) e della Banca Centrale Europea (sotto l'enorme influenza della Bundesbank, la banca centrale tedesca, che è stata definita ironicamente e con ragionevole certezza, come il Vaticano del neoliberismo), massima esponente del sistema bancario tedesco. Queste politiche conducono inevitabilmente ad una situazione di recessione, rasentando la depressione per molti anni. Il suo fulcro è un attacco frontale al mondo del lavoro, allo stato sociale e alla democrazia.
L'evidenza di ciò è forte e sconvolgente. La sua massima espressione è ciò che sta accadendo in Grecia. Dietro questa strategia c'è il capitale finanziario (che oggi domina il comportamento, non solo finanziario, ma anche economico, nell'area dell'euro) e il capitale delle grandi aziende. Questa opzione è, senza dubbio la peggiore. Aspettarsi che le politiche di quella che viene chiamata "austerità espansiva" siano efficaci nello stimolare l'economia e uscire dalla recessione, appartiene all’ambito del dogma neoliberista, accettato per molto tempo dalle sinistre al governo che stanno portando la Spagna, l'Europa e il mondo al disastro.
Un'altra alternativa è quella di seguire politiche quasi opposte alle politiche di austerità. Questa alternativa sarebbe ispirata alle politiche espansive del New Deal del XX secolo negli Stati Uniti e anche alle politiche espansive degli anni Cinquanta e Sessanta che hanno seguito la maggior parte dei paesi in Europa, stimolati dal Piano Marshall. Tali politiche espansive, effettuate su entrambi i lati dell'Atlantico, hanno permesso agli Stati Uniti e all'Europa occidentale di uscire dalla Grande Depressione. L'applicazione di queste politiche in Spagna e nell'UE implicherebbe un forte aumento della spesa pubblica, che avrebbe lo scopo di creare posti di lavoro e, attraverso questi, aumentare la domanda interna e stimolare l'economia. Tali politiche avrebbero al centro della loro strategia, lo stimolo della crescita, sia per la Spagna, quanto per l’Unione Europea. Contrariamente a ciò che sostiene la saggezza convenzionale, questa strategia potrebbe essere sviluppata anche in Spagna, anche se la sua esecuzione sarebbe più semplice se tali politiche fossero effettuate anche a livello dell'Eurozona e dell'Unione Europea.
Mi si dirà che il governo francese ha già iniziato questo percorso. Ma, come ho scritto di recente, questo governo ha firmato il Patto Fiscale che impone agli Stati di avere bilanci in pareggio, senza mettere in discussione il Patto di Stabilità, che è quello che sta determinando i massicci tagli alla spesa pubblica che si stanno attuando nei paesi dell'Eurozona. Non possono sviluppare politiche di crescita senza mettere in discussione tali trattati. Il fatto che il governo socialista francese abbia proposto al Parlamento francese di approvare un simile patto fiscale, è un indicatore della scarsa probabilità che tale alternativa espansionista avvenga in quel paese.
Non escludo che le crescenti proteste popolari, guidate dai sindacati, e la crescita dei partiti più oltranzisti dei socialdemocratici al potere, muovano questi partiti verso posizioni più coerenti con il loro discorso a favore della crescita. Ma questa possibilità è campata in aria. Non la escludo (e sarebbe la mia preferita), ma sono scettico. I partiti socialdemocratici non hanno fatto l'autocritica che implicava il cambiamento notevole che avrebbero dovuto fare nelle loro politiche economiche. La socialdemocrazia spagnola e catalana ne sono un chiaro esempio. Le politiche economiche che stanno proponendo presumono che l'economia si riprenderà sulla base di un aumento delle esportazioni, senza rendersi conto che l'elemento chiave di tale recupero passa attraverso un aumento della domanda interna.
Questo ci porta alla terza alternativa, che non è la mia prima opzione, ma credo più che mai che sia l'unica opzione rimasta, dal momento che, come ho detto prima, la peggiore scelta è quella di continuare la situazione attuale. E la terza opzione è che la Spagna esca dall'euro. L'aver raggiunto questa conclusione deriva dalla mia consapevolezza del fatto che la Spagna non ha i mezzi e gli strumenti per uscire dalla crisi. Non è possibile svalutare la moneta per rendere più competitiva la Spagna, e lo stato non può proteggersi dalla speculazione finanziaria, non avendo una banca centrale che lo protegge. Questo è intollerabile. A meno che non si recuperino questi strumenti, la Spagna, nel quadro attuale della zona euro, non può riprendersi. In realtà, non è un caso che la Gran Bretagna e la Svezia stanno iniziando politiche espansive, in quanto entrambi i paesi hanno la loro moneta e la loro banca centrale.
Le argomentazioni che sono state addotte contro questa uscita dall'euro, nella maggior parte dei mezzi di comunicazione sono così di parte che peccano di credibilità. Vediamo. Uno di questi è che alla Spagna, con uscita dall'euro, si vedrebbe negata la possibilità di prendere in prestito denaro sui mercati finanziari. Lo stesso argomento è stato utilizzato, naturalmente, con molti paesi, tra cui Argentina (quando si separò dal dollaro), ma questo non è confermato dalla realtà dei fatti. Il sistema finanziario di oggi è multipolare, e non mancano nel mondo di oggi, né la liquidità né il credito. Al contrario. Oggi il mondo è inondato di denaro. Vi è un eccessivo accumulo di capitale finanziario. Il problema è la mancanza di domanda da parte la maggior parte delle popolazioni. Tale carenza è creata artificialmente in Spagna (e progettata fin dall'inizio dai creatori dell'euro e della BCE). Oggi la Spagna potrebbe ottenere credito ad interessi molto più bassi, se non aderisse all’unità monetaria. Svezia e Gran Bretagna, entrambe nell'UE, ma non nella zona euro, non hanno difficoltà di accesso al credito.
Un altro argomento che è stato usato è basato sull'ignoranza rispetto ad alcuni fatti. E' stato detto più volte che l'Argentina ha potuto recuperare molto presto (ha avuto bisogno di soli sei mesi per ricrescere dopo aver lasciato il dollaro) a causa della forte domanda di prodotti naturali in un'economia globale molto espansiva. Questo argomento non tiene conto del fatto che la ripresa argentina non era basata sull'incremento delle esportazioni, ma sulla crescita della domanda interna.
Un argomento che ha più validità, tuttavia, è il rischio di inflazione crescente, a causa dell'emissione di molta moneta da parte della banca centrale per supportare le politiche espansive. Questo rischio è reale. Ora, tra due mali minori, è preferibile un'inflazione elevata con basso tasso di disoccupazione e una crescita elevata, piuttosto che la situazione attuale con una bassa crescita, alta disoccupazione, e recessione.
Ammetto che l'uscita dall'euro non sarebbe un processo facile. Ma questo argomento, - la difficoltà di abbandonare l'euro - deve essere considerata alla luce dei costi umani, sociali, economici rispetto alla permanenza nell’euro. Le proposte di uscire dalla crisi nell'euro, sulla base di un aumento delle esportazioni (così come proposto, non solo dai gruppi di lavoro economici del Partito Popolare, ma anche del PSOE e PSC), ignorano (ripeto quello che ho detto prima) che il più grande problema dell'economia spagnola è l'enorme paralisi della domanda interna. Come ho già sottolineato, il settore delle esportazioni è andato crescendo in Spagna, mentre l'economia continuava a collassare, anno dopo anno. La soluzione passa attraverso un aumento della domanda che non può essere risolto se non si rompe con le politiche imposte dalle autorità della zona euro e dal Fondo Monetario Internazionale. È interessante notare che i due stati di cui sopra, il britannicoe lo svedese (entrambi governati da partiti conservatori) hanno convenuto che senza politiche espansive, di stimolo economico, non si riprenderanno dalla loro crisi. Ma, come ho detto prima, entrambi sono in grado di farlo perché hanno una propria banca centrale e una propria moneta. Quindi, anche se il debito britannico è superiore a quello spagnolo (che è relativamente basso), gli interessi sul debito pubblico sono molto più bassi, e nessuno dei due, né Gran Bretagna e né Svezia, hanno una forte inflazione. Il fatto che vi è un rischio di alta inflazione non basta per concludere che l'uscita dall'euro della Spagna porterebbe a un'inflazione elevata che colpirà l'efficienza dell'economia spagnola.
Un'ultima osservazione. E' una grande imperizia che nessuno dei due partiti maggiori, in grado di governare la Spagna abbiano minacciato di abbandonare l'euro. L'ultima cosa che vogliono la Germania e le sue banche è che la Spagna lasci l'euro. Lo Stato spagnolo dovrebbe usare questa minaccia come merce di scambio nelle sue trattative con la Troika. Il fatto è che non lo fa indica il suo grado di dipendenza.
*Vicenç Navarro è stato professore di Economia Applicata presso l'Università di Barcellona. Attualmente è professore di Scienze Politiche e Sociali all'Università Pompeu Fabra (Barcellona, Spagna). E' anche professore di Politiche Pubbliche alla Johns Hopkins University (Baltimora, USA), dove ha insegnato per 35 anni. Dirige il Programma in Politiche Pubbliche e Sociali promosso congiuntamente dalle università Pompeu Fabra e la Johns Hopkins. Dirige anche l'Osservatorio Sociale della Spagna.
Esule durante in franchismo, è stato consigliere delle Nazioni Unite e di vari governi sulle politiche sociali. E' l'autore di 24 libri tradotti in varie lingue.
MANIFESTO R.I.D.I. RIFONDAZIONE INDIPENDENTE DEMOCRATICA INTERNAZIONALE
Noi sottoscritti:
1)Riconosciamo presupposto indispensabile per la legittimità di ogni potere pubblico la tutela dell’eguaglianza delle persone, della sovranità popolare inclusiva della sovranità monetaria e della proprietà del valore di ogni mezzo monetario al momento dell’emissione, delle libertà civili e politiche, del diritto alla salute e alla sicurezza personali e ambientali, del diritto al perseguimento della propria felicità o infelicità, della trasparenza dei procedimenti politici, giudiziari e amministrativi, della privacy, della partecipazione popolare alle decisioni pubbliche, dell’indipendenza dei magistrati dal potere esecutivo, dell’accountability nelle funzioni pubbliche, del principio di legalità, e di certezza del diritto, della fondamentalità del lavoro produttivo e del risparmio, dell’esclusione di ogni organismo o ente privato (per natura, per interessi, per gestione) di forza, dimensioni, posizione mono/oligo polista o mono/oligopsonista, e capacità tecnologica tale da prevalere sulle singole persone nella competizione economica e politica e da violare la privacy.
2)Riconosciamo come legittimi soltanto gli organi rappresentativi liberamente ed equamente eletti dal popolo, con un diritto effettivo di accesso alle candidature e all’informazione;
3)Pertanto riconosciamo come illegittimo il potere costituito nelle istituzioni e nell’ordinamento internazionale e nazionale vigenti; e in particolare l’assetto del potere monetario, finanziario, bancario, creditizio internazionale e nazionale; il WTO, il GATT, il GATS, il Trattato di Maastricht, il Trattato di Lisbona, l’Eurosistema (SEBC), le istituzioni dell’Unione Europea;
4)Constatiamo che i suddetti organi operano senza legittimazione democratica e contro gli interessi del popolo e in sistematica e deliberata violazione dei principi di sovranità popolare e di fondamentalità del lavoro e del risparmio, e per il tornaconto di interessi oligarchici e privati, in totale e aperta sfida ai principi fondamentali della Costituzione italiana e ai diritti dell’Uomo come generalmente sanciti;
5)Riconosciamo quindi come legittima l’affermazione e la difesa dei suddetti principi mediante gli strumenti di fatto e di diritto disponibili, comprese la resistenza e la disobbedienza civili, fiscali, militari; riconosciamo come fuori legge e nemici dell’Uomo tutti gli autori, difensori, rappresentanti ed esecutori della violazione dei suddetti principi e diritti;
6)Sono illecite, illegittime, quindi nulle e inefficaci, tutte le cessioni e privatizzazioni di sovranità popolare, nonché di beni, diritti, infrastrutture, risorse, industrie, filiere tecnologiche, di interesse strategico nazionale;
7)Sono altresì illegittimi tutti i debiti, pubblici e privati, assunti e/o imposti in violazione dei suddetti principi fondamentali, ovvero con meccanismi tali che il debito aggregato non sia estinguibile.
Tutto ciò premesso, noi sottoscritti ci costituiamo, sottoscrivendo il presente Manifesto, in Repubblica Internazionale Democratica Indipendente per la difesa e implementazione dei suddetti diritti e principi.
N.B.: Questo Manifesto presuppone che si creda nella possibilità della democrazia e della legalità, nonché nella razionalità dell’agire umano sia individuale che collettivo.
Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano), 2000
dal sito chd 22.12.2009- Nell'ambito delle problematiche poste in essere dalla globalizzazione e in ordine ai temi di bioetica o di pianificazione familiare su scala mondiale, la divisione che vede contrapposti Chiesa e mondo laico è estremamente profonda e tocca le convinzioni più intime dei diversi schieramenti.
In questo senso, il presente libro è un libro di "parte" e, se non dovesse bastare l'autorevolezza dell'Autore - dottore in filosofia, teologia e professore emerito presso l'Università cattolica di Lovanio, professore ospite presso numerose Università americane e membro presso prestigiosi Istituti internazionali a Roma, Bruxelles, Parigi e Washington, e le cui competenze spaziano dalla filosofia della politica alle ideologie contemporanee fino alle politiche relative alla popolazione - un valore aggiunto di peso non irrilevante può rinvenirsi nella prefazione del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Card. Ratzinger.
Le tesi portate avanti da Schooyans, oltre ad essere un autentico pugno nello stomaco, esprimono dunque una linea interpretativa che potremmo definire autorevolissima della posizione della Chiesa riguardo ad un problema, quale quello della "vita" e della sua strumentalizzazione, che è preconizzato come un tentativo di "dittatura mondiale" perseguita dai paesi più ricchi e che si avvale, nella visione proposta, di importantissimi strumenti politici quali l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), l'O.N.U., le ONG, la Banca Mondiale e tutte le organizzazioni ad esse collegate.
Secondo l'Autore, il Nuovo Ordine Mondiale altro non è che il tentativo di imporre la "filosofia dell'egoismo" dei paesi ricchi ai paesi poveri o in via di sviluppo, ed il dominio di pochi su tutti gli altri.
Sua peculiarità è la nascita di una nuova antropologia che spazzi via l'idea stessa di famiglia e di maternità, e la cultura che vi soggiace, al fine, solo presunto, di dare alla donna la possibilità di autorealizzarsi.
In questo quadro, per Schooyans, la politica sanitaria delle organizzazioni internazionali, prima fra tutte l'O.M.S., si traduce in un attacco a tutte le diverse forme di vita, fin dal suo primo insorgere, promuovendo, a livello globale ma poi specialmente nei paesi poveri o in via di sviluppo, le pratiche abortive, la contraccezione, l'eutanasia, la sterilizzazione.
Tutte forme diverse attraverso le quali verrebbe portata avanti una politica di "riduzione del numero dei commensali alla tavola dell'umanità", in nome di un "interesse superiore" che è un nuovo modo di dire totalitarismo, e che la storia ha già visto quando l'interesse superiore era quello della Razza, dello Stato o del Partito.
Secondo il professore di Lovanio, tra i documenti più interessanti al riguardo, c'è il dossier NSSM 200, redatto nel 1974 su richiesta dell'allora Segretario di Stato americano Henry Kissinger, che analizza le implicazioni della crescita demografica mondiale per la sicurezza degli Stati Uniti d'America.
Dal documento si evincerebbe, tra l'altro, l'azione di lobbing e la connivenza con i principali gruppi internazionali privati che si interessano di demografia e che agiscono tutti nel senso indicato dal NSSM 200. Scopo ufficiale di queste organizzazioni benefiche è quello di aiutare la donna e promuovere i suoi diritti e quelli della famiglia. Di fatto, Schooyans ritiene che queste cercano soprattutto di sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti dei "problemi" legati alla penuria di risorse e alla popolazione.
L'ideologia sottostante che avrebbe avviato questa campagna di "pianificazione familiare, a livello mondiale", del "genere" umano, è ad avviso dell'Autore una sorta di incrocio tra l'ideologia di tipo social-comunista alla Feuerbach (individui solo ingranaggi della collettività), di Marx (le identità nazionali devono scomparire a favore di un Nuovo Ordine Mondiale governato da una minoranza illuminata) e di Lenin (tecnocrati illuminati che creano una rete di organizzazioni internazionali al servizio della pianificazione umana), con l'ideologia liberale alla Malthus (teorico della sicurezza alimentare, per cui poveri e meno dotati vanno eliminati o non fatti nascere), Bentham (utilitarismo etico, per cui il povero, che non produce o non produce abbastanza e tuttavia pretende di consumare, sia vinto dalla concorrenza) e Galton (uno dei massimi teorici eugenetici, per cui è necessario favorire la trasmissione della vita solo tra i più dotati. Già applicata nella Cina popolare).
Di fatto, agli individui viene attribuita una semplice "funzione" di ordine sociale che è data in relazione al "nuovo paradigma della sanità".
La sintesi è lo sviluppo di una nuova etica medica di cui l'OMS si sente la sola in grado di farsi carico e di rispondere, a nome di tutto il mondo.
In questo risultato, contrario al mondo religioso, l'Autore vede la morte del giuramento d'Ippocrate, con delle regole a priori, generali, valide per tutti gli uomini ed il nascere di una nuova etica sanitaria che all'eguaglianza sostituisce l'equità, concetto variabile, stabilito di volta in volta dall'OMS e dalle pressioni dei suoi finanziatori. Questi ultimi stabiliranno le priorità a seconda delle risorse disponibili e dell'utilità dell'individuo all'interno della società.
Questa nuova etica, prosegue l'Autore, secondo l'ex Gran Maestro di Francia Pierre Simon è stata messa a punto all'interno delle logge massoniche francesi.
D'altra parte, gli stessi concetti di olismo e nuovo paradigma vengono propagandati nelle molteplici reti gettate dalla New Age. Le assonanze concettuali sarebbero talmente forti ed evidenti da non lasciare alcun dubbio.
La New Age, poi, continua Schooyans citando la massima teorica e divulgatrice, Marilyn Ferguson, affonda le sue radici nella tradizione di fraternità mistica (rosacruciana, massonica ed ermetica) e deve liberare dalle vecchie costrizioni fondate sulla cultura e sulla famiglia.
Questi sono, pertanto, nella visione di Schooyans, forse i veri burattinai a cui le stesse organizzazioni internazionali devono dare conto.
Il professore di Lovanio ne fa discendere che, oggi, sarebbero in pericolo i diritti dell'uomo sanciti dalla Dichiarazione Universale del 1948. L'attentato alla loro integrità sarebbe già cominciato quando Boutros Boutros-Ghali ha cominciato a parlare di una loro possibile revisione in quanto, "i diritti dell'uomo sono, per definizione, dei diritti in continuo mutamento".
Ma se il diritto perde la sua generalità ed universalità e prende piede la specificità dei diritti, continua l'Autore nel suo ragionamento, siamo ai prodromi di una nuova e più pericolosa tirannia, il diritto cessa di essere un baluardo contro di essa e prende vigore una forma di positivismo giuridico analogo a quello che ha aperto le porte al nazismo.Viceversa l'uguaglianza di tutti, compreso il nascituro, è la cellula madre di ogni democrazia.
Pertanto, suggerisce Schooyans, è necessaria ed urgente una politica che ponga alla base il recupero del valore fondante della famiglia - bastione inespugnabile contro ogni totalitarismo in quanto luogo per eccellenza dell'agire libero, dialogico, tendente all'accordo e al rispetto delle libertà altrui - e della condivisione del sapere (quindi mediante la cultura).
Se questo non fosse possibile, avvisa il docente in modo molto forte, è doveroso resistere e, laddove necessario, disobbedire a queste nuove leggi che, in quanto ingiuste, sono illecite e pertanto non obbligano la coscienza dell'uomo.
Il richiamo all'opposizione ad ogni tirannia, infine, ricorda l'unico caso di opposizione attiva permessa dalla dottrina tomista e accettata dalla Chiesa: il tirannicidio.
Il libro di padre Schooyans risulta, pertanto, culturalmente "sovversivo". È prodromico all'istigazione alla disobbedienza civile, facendo presagire anche la possibilità di opporsi attivamente a questo nuovo corso. Il saggio, d'altra parte, potrebbe essere archiviato come uno dei tanti testi contro la globalizzazione e la mondializzazione se non avesse, come illustre autore della Prefazione, il Card. Ratzinger.
Se la forza esplosiva di questo libro è condivisa dalle massime gerarchie ecclesiastiche, questo significa che nei prossimi anni potremo assistere ad un confronto aperto, serrato e, dialetticamente, intenso, tra le due massime organizzazioni Mondiali oggi esistenti sul pianeta, l'O.N.U. e la Chiesa Cattolica.
Forse è questo il terreno di un grande confronto destinato ad avere come centro la concezione dell'uomo, di ogni latitudine, ed i suoi inalienabili diritti, secondo la morale religiosa, dal suo concepimento fino alla sua morte naturale.
Finalmente arriva la risposta all’interrogazione presentata dall’Europarlamentare Marco Scurria sulla natura giuridica dell’€uro, e finalmente arriva la conferma: ci stanno truffando. Ci hanno sempre truffati. Ma andiamo per ordine.
Marco Scurria aveva chiesto chiarimenti sulla risposta data dalla commissione europea alla prima interrogazione sulla proprietà giuridica dell’euro presentata dall’On. Mario Borghezio, nella quale si affermava che nella fase dell’emissione le banconote appartengono all’Eurosistema, mentre nella fase della circolazione appartengono al titolare del conto sulle quali vengono addebitate.Attenzione perchè le parole negli atti ufficiali e nel linguaggio tecno-eurocratico vanno soppesate per bene. Quindi il commissario Olli Rehn rispondeva a Borghezio che la proprietà delle banconote cartacee (dove troviamo ben impressa in ogni lingua dell’Unione la sigla della Banca Centrale Europea) è dell’EUROSISTEMA. Ma cos’è quest’Eurosistema?
“L’Eurosistema è composto dalla BCE e dalle BCN dei paesi che hanno introdotto la moneta unica. L’Eurosistema e il SEBC coesisteranno fintanto che vi saranno Stati membri dell’UE non appartenenti all’area dell’euro.” Questa è la definizione che si legge sul sito ufficiale della BCE. Quindi le Banche centrali nazionali stampano le banconote e si appropriano del loro valore nominale (ad Es. se stampare un biglietto da 100 ha un costo fisico per chi lo conia di 0,20 centesimi – valore intrinseco – le BCN si appropriano anche del valore riportato sul biglietto stampato). E l’On Scurria chiedeva quali fossero le basi giuridiche su cui poggiava l’affermazione del Commissario Olli Rehn:
Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-000302/2012 alla Commissione Articolo 117 del regolamento Marco Scurria (PPE)
Oggetto: Natura giuridica della proprietà dell’euro
In risposta ad un’interrogazione scritta sul medesimo tema presentata dall’on. Borghezio fornita il 16 giugno 2011, la Commissione informa il collega che “al momento dell’emissione, le banconote in euro appartengono all’Eurosistema e che, una volta emesse, sia le banconote che le monete in euro appartengono al titolare del conto su cui sono addebitate in conseguenza”.
Può la Commissione chiarire quale sia la base giuridica su cui si basa questa affermazione?
Nei tempi stabiliti dal Parlamento Europeo arriva la risposta:
IT E-000302/2012 Risposta di Olli Rehn a nome della Commissione (12.3.2012)
L’articolo 128 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea costituisce la base giuridica per la disciplina dell’emissione di banconote e monete in euro da parte dell’Eurosistema (costituito dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali). La proprietà delle banconote e delle monete in euro dopo l’emissione da parte dell’Eurosistema è disciplinata dalla legislazione nazionale vigente al momento del trasferimento delle banconote e monete al nuovo proprietario, ossia al momento dell’addebito del conto corrente bancario o dello scambio delle banconote o monete.
Olli Rehn non fa altro che ribadire che dopo l’emissione, ossia dopo la creazione fisica delle banconote o più verosimilmente dell’apparizione in video delle cifre sui terminali dell’Eurosistema (totalmente a costo zero, se si esclude l’energia elettrica che mantiene accesi i computers…) la proprietà dei valori nominali appartiene al nuovo proprietario, ovvero a chi ha accettato l’addebito, a chi ha accettato di indebitarsi. Non solo. Olli Rehn, per giustificare l’affermazione secondo la quale rispondeva a Borghezio che l’Euro appartiene nella fase dell’emissione all’Eurosistema, cita l’articolo 128 delTrattato sul funzionamento dell’Unione Europea, dove nel comma 1 si legge:
La Banca centrale europea ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’Unione. La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nell’Unione.
E’ chiarissimo. Non c’è scritto da nessuna parte che la proprietà giuridica dell’euro emesso appartiene alla BCE o alle BCN. C’è soltanto scritto che la BCE può autorizzare l’emissione di euro a se stessa e alle BCN, dovendo controllare l’inflazione nella zona euro, così come stabilito dal Trattato di Maastricht. Ribadisce che solo l’Eurosistema può stampare le banconote o creare elettronicamente i valori nominali. Ma nessun riferimento giuridico, nessun trattato, nessuna legge, nessuna deliberazione, niente di niente ci dice che l’Eurosistema ha la facoltà di addebitare la moneta. E’ evidente che si appropria di questo grande ed esclusivo privilegio.
Ciò che diceva il prof. Giacinto Auriti trova finalmente conferma in un atto ufficiale
della Commissione Europea: le Banche Centrali si appropriano del valore della moneta perchè emettono solo addebitando, prestando, e il prestare è una qualità esclusiva del proprietario. Auriti chiamava questo meccanismo la truffa del signoraggio, parola sulla quale oggi si fa volutamente grande confusione, essendo per la massa direttamente associabile alla farfallina di Sara Tommasi e a qualche improbabile personaggio del mondo della politica che fa avanspettacolo che le si accompagna.
Non a caso l’indomito professore dell’Università di Teramo aveva denunciato la Banca d’Italia (organismo privato in mano per il 94% a banche commerciali e fondazioni bancarie) per truffa, associazione a delinquere, usura, falso in bilancio e istigazione al suicidio (grave piaga dei tempi nostri). Infatti la moneta, essendo il mezzo di scambio con il quale i cittadini riescono ad interagire tra loro dando vita al mercato, ovvero riuscendo a scambiarsi reciprocamente beni e servizi prodotti grazie al loro lavoro, deve appartenere esclusivamente a chi lavora, ovvero al popolo. Chi si appropria indebitamente del valore della moneta non fa altro che sfruttare il lavoro del popolo, lucrare sulle fatiche e sulla produzione altrui chiedendo che gli vengano pagati gli interessi sul prestito erogato. Questa è la gigantesca distorsione del nostro tempo, questa è la Grande Usura. E sotto il giogo di questa malefica piaga, sono finiti tutti i popoli d’europa che oggi pagano sulla propria pelle una crisi sistemica e indotta, figlia di un paradigma che dal 1694 (anno di costituzione della prima Banca Centrale, la Bank of England) si è imposto sulla vita dell’uomo.
Il meccanismo dell’indebitamento degli Stati da parte di organismi privati quali sono le Banche Centrali Nazionali è presente quasi ovunque. La Federal Reserve conia negli USA il dollaro, la Bank of England conia nel Regno Unito la Sterlina, la BCE conia l’Euro. Ma per quanto ci riguarda, esiste un’abissale differenza, che rende il sistema ancora più perverso: gli Stati dell’Unione non possono ricevere il credito direttamente dalla BCE (cosa che invece accade in modo diretto e subordinato negli altri paesi, ed Es. negli USA dove il Congresso ordina di stampare e la FED esegue) ma devono finanziarsi sul mercato, la parolina magica con cui ci prendono per i fondelli. In poche parole funziona così: la BCE crea denaro a suo piacimento, lo da in prestito alle banche commerciali (draghi ha recentemente creato circa 1000 miliardi di euro prestandoli all’1%) e queste possono decidere se acquistare o meno i cosiddetti BOND, i titoli del debito (con tassi che vanno dal 5 al 7%). Non è possibile, quindi, per i paesi della UE attuare una propria politica monetaria, pur volendo accettare il meccanismo dell’indebitamento pubblico.
Tutto è nelle mani della Grande Usura. I signori della Goldman Sachs, banca d’affari
targata USA, siedono vertici delle grandi istituzioni bancarie, Mario Draghi ne è l’emblema. Ora hanno deciso di gestire direttamente anche le Istituzioni politiche, Mario Monti e Papademos sono i primi alfieri al servizio della Goldman.
La politica è messa sempre più all’angolo, ostaggio del sistema finanziario che controlla partiti, sindacati e mondo dell’informazione.
L’unica soluzione che abbiamo è quella di informare il più possibile. Questi meccanismi perversi devono essere conosciuti da tutti, nonostante il boicottaggio del sistema dell’informazione del regime usurocratico. Lo sforzo deve essere titanico, la volontà e la determinazione non devono piegarsi di fronte a niente.
La storia della costruzione europea ha una sua tappa decisiva nel Trattato di Maastricht, che prende il nome dall’accordo stipulato nel dicembre 1991 nel Consiglio Europeo tenutosi nella cittadina olandese di Maastricht e poi solennemente ratificato nel febbraio del 1992.
Il Trattato di Maastricht creava una nuova entità sopranazionale, l’Unione Europea, avviando la realizzazione di una “moneta unica” e di una Banca Centrale Europea. L’Euro entrò in vigore il 1° gennaio 1999 in 11 dei 15 Paesi dell’Unione Europea, segnando la prima rinuncia alla sovranità delle nazioni europee, destinate ad essere completamente esautorate dal potere di Bruxelles, attraverso una rigida concatenazione di cause e di effetti.
Il progetto europeista di Maastricht ha avuto, fin dall’inizio, un inflessibile critico nel prof. Roberto de Mattei che, fin dal 1990, ne descriveva i pericoli. A vent’anni di distanza, il suo libro ripercorre criticamente le fasi centrali di un processo che ha avuto la sua ultima espressione nel governo tecnocratico di Mario Monti.
(di Gianandrea de Antonellis) Vent’anni fa, l’idea di poter girare l’Europa senza continuare a rivolgersi all’ufficio cambi sembrava meravigliosa; quindici anni fa, dopo l’attacco contro la lira organizzato dallo speculatore George Soros, l’idea di un un’unica valuta europea sembrava mettere al riparo da futuri attacchi della finanza internazionale. Nove anni fa, dopo dodici mesi di euro che di fatto si era imposto con il cambio a mille lire e non a 1930,27, con un conseguente aumento dei principali beni di consumo di quasi il 100%, molti entusiasmi iniziarono a smorzarsi. Ai nostri giorni il gradimento della moneta unica, vista dai più come fonte di sacrifici non ripagati, è al minimo storico.
Roberto de Mattei non ha dovuto aspettare tutto questo tempo per rendersi conto dei problemi che la nuova moneta avrebbe comportato: euroscettico della prima ora, già nel 1992 inviò ai parlamentari europei una lunga lettera aperta in cui sottolineava vari punti negativi del Trattato di Maastricht (1991). Ora tale lettera, di drammatica attualità, è riproposta dall’editore Solfanelli assieme ad altri scritti di Roberto de Mattei sullo stesso argomento (L’euro contro l’Europa. Vent’anni dopo il Trattato di Maastricht (1992-2012), Solfanelli, Chieti 2012, p. 72, € 8).
La principale domanda che lo studioso si pone è: di quale Europa parliamo? Naturalmente – purtroppo – siamo lontani da quell’Europa sinonimo di Cristianità: l’Europa dei burocrati, anzi, è fondata su radici nichiliste (come ben sappiamo, la semplice menzione delle radici cristiane del nostro continente è stata addirittura rifiutata nella Costituzione europea del 2003 proprio per l’opposizione di due Paesi che al cristianesimo – ed al cattolicesimo in particolare – debbono la propria nascita ed il proprio sviluppo: la Francia ed il Belgio), su una concezione puramente mercantilistica dell’uomo.
Paradossalmente, questo tipo di unione rischia di portare, anziché all’unificazione, ad un «processo di disgregazione degli Stati nazionali: e poiché l’Europa non può prescindere dagli Stati nazionali, che ne costituiscono l’ossatura, la liquidazione di questi Stati equivale alla distruzione dell’Europa condotta in nome dell’Europa stessa!» (p. 13)
Parimenti, l’esproprio della sovranità monetaria postula il successivo esproprio della sovranità politica e giuridica(pensiamo solo al famigerato mandato di cattura internazionale, in base al quale si può essere arrestati ed estradati per un atto commesso nel proprio Paese, LEGGI TUTTO
Anno XII n. 2736 di martedì 27 marzo 2007 - PI / Commenti
Aprire gli occhi contro il controllo globale
di Alfredo Amato - Perché Internet è una rivoluzione? Perché ha sorpreso i potenti con le braghe calate. La rete aggredisce lo status quo e certa politica può finire per preservarlo. A spese di tutti
Roma - La classe dirigente, che si è sempre tenuta al timone, senza mai remare in prima persona, ha ben bene considerato e riflettuto il fenomeno Internet, ed ora punta decisamente a farne il business del millennio. La pletora di vecchi barbagianni che vampireggia questo nostro mondo, che sarebbe tanto più vivibile senza di loro, si prepara ad affondare le unghie ed i denti in questo succulento boccone, in questo smisurato mercato che si allarga a vista d'occhio - ed a perdita d'occhio, se mi consentite il gioco di parole -, con l'unico problema di dividerselo secondo le priorità già prestabilite da tempo.
Coinvolgendo tutto ciò che in internet c'è, e che potrà esserci in futuro: arte e letteratura, ma anche spettacoli, radio, televisione, notizie, documenti, opinioni, foto di famiglia e dati personali (quelli sensibili, ricavati dai continui tracciamenti dei percorsi effettuati in rete da ciascuno; gli altri sono già ordinatamente raccolti in smisurati database, solo virtualmente inaccessibili, ma di fatto violati spesso e volentieri).
Per dei legittimi scopi puramente commerciali, s'intende. In fondo, la politica è solo un corollario dell'economia privata dei nostri gufoni: potrà servirsi di internet, avendone il permesso, concesso di volta in volta per favorire questo o quello, ovvero per oscurare quest'altro o quell'altro.
La strada è già aperta, ed è stata silenziosamente percorsa per un bel tratto: e se noi tutti non ci decidiamo a scendere in piazza, con tutta la nostra rabbia e la nostra disillusione per il sostanziale tradimento subito da chi abbiamo chiamato a rappresentarci (non importa il colore o il gruppo, a questo punto sono tutti coinvolti, nessuno escluso), ed armati della più grande determinazione a far valere il nostro sacrosanto diritto ad essere liberi da condizionamenti e vincoli surrettizi, che ci spingono a comportamenti coatti, come quelli di un gregge guidato dal pastore e dai suoi cani, quella grande terra di conquistata libertà che è la rete si trasformerà in una gabbia nella quale ci ritroveremo tutti prigionieri di volontà altrui, che potranno vessarci a loro piacimento e sfruttarci in una misura che nella storia dell'umanità non si è ancora mai verificata.
Non si tratta di facili allarmismi privi di fondamento. In fondo, se si considera spassionatamente l'andamento dello sviluppo della grande rete, e se ne studino le funzioni già realizzate, se ne riconoscono immediatamente le potenzialità: l'aggregazione spontanea in gruppi omogenei, la creatività e la straordinaria velocità nel raggiungere concretamente gli obbiettivi comuni, il tutto trasversalmente all'organizzazione precostituita in gruppi etnici e nazionali, costituiscono nel loro insieme una fondamentale rivoluzione nel modo di vivere e di confrontarsi del genere umano, che esce dai canoni storici sui quali la società si è basata fino a pochi decenni or sono.
Si assiste alla crisi di una modalità di comportamento, fondata sulla suddivisione spaziale (o geografica) dei gruppi sociali, ben orchestrata e definita, e che permette di governare distintamente i diversi gruppi, col mantenerne la diversità storica, utile a tenerli separati secondo l'antico - ma mai tramontato - principio del divide et impera.
La grande ragnatela di collegamenti, che ogni giorno di più avviluppa il nostro mondo, travalica i confini e le diversità che questi rappresentano e realizza di fatto un'unica super-nazione, in cui le diversità non sono più ancorate fisicamente ad un luogo, ma si individuano negli obbiettivi e nei programmi dei gruppi che si creano spontaneamente per realizzarli, in un andamento corale la cui irregimentazione è difficoltosa, e spesso sfugge al controllo di norme e regolamenti studiati e sperimentati per agire con efficacia entro aree ben definite spazialmente.
L'aggregazione di singoli in gruppi che agiscono di concerto per la realizzazione di propri obbiettivi comuni, travolgendo od ignorando regole pre-esistenti, è sempre stata etichettata con il termine di rivoluzione. Essenzialmente, questo termine non ha un significato particolare, ma definisce solo un cambiamento più veloce, che può spiazzare fino a demolire in modo irreversibile comportamenti ed atteggiamenti stratificati nel tempo precedente: e quindi si pone in netto contrasto con uno stato di cose stabilizzato, che ha garantito fino ad allora una concreta prevedibilità del corso degli avvenimenti che costituiscono lo sviluppo sociale.
Quando un fenomeno rivoluzionario interessa un ambito territoriale ben definito, i comportamenti messi in crisi sono facilmente individuabili e difendibili, permettendo di agire per ripristinare e preservare lo status quo ante in modo sufficientemente razionale da apparire coerente con l'organizzazione sociale preesistente, basata su regole e comportamenti stratificati nel tempo, ed accettati come normali dalla collettività.
Nelle varie epoche si sono avuti rivolgimenti nel modo di concepire i rapporti sociali, a causa di ritrovamenti scientifici, sociali, o etici, che hanno travalicato i confini territoriali delle nazioni, coinvolgendo comunità ben più ampie in mutamenti anche profondi ed in locazioni spaziali diverse, causando un allineamento parziale, a volte solo temporaneo, nei comportamenti di individui appartenenti a gruppi geograficamente separati. Alcune conquiste dell'intelletto umano si sono così diffuse da aggregare popolazioni per altri versi distinte: l'abilità di contare, scrivere, creare musica, di spostarsi più agevolmente nello spazio con l'utilizzo di mezzi artificiali, come carri o barche, di costruire solidi rifugi stabili creando luoghi di aggregazione anche fisica; ma anche la creazione dei supporti di scrittura, e successivamente delle tecniche di riproduzione degli scritti, ne sono esempi significativi.
È da osservare cometutti i ritrovamenti e le scoperte siano divenuti, in tempi brevi, appannaggio della classe dirigente, che se n'è appropriata per regolarne l'utilizzo al fine di trarne una maggiore utilità, adattandolo alle condizioni locali quel tanto che era sufficiente a marcare una differenza tra il gruppo governato e gli altri contigui, per poter in questo modo mantenere il controllo del proprio gruppo. È istruttiva, al proposito, la lettura della Breve Storia del Copyright.
Rivoluzioni come le grandi religioni, o le più importanti scoperte in campo medico, hanno sempre coinvolto una molteplicità di gruppi, non necessariamente contigui, determinando delle situazioni di scarsa governabilità, che è stato necessario affrontare con sapienti aggiustamenti per recuperare la stabilità messa in pericolo, spesso lungo un arco di tempo piuttosto ampio. Nella maggioranza dei casi, è stato necessario assorbire e metabolizzare i cambiamenti apportati dai rivolgimenti verificatisi, con reciproci aggiustamenti tra gli interessi del gruppo al potere e le istanze avanzate dalle novità emerse, per riuscire a riprendere il controllo della governance del gruppo di competenza.
Può anche accadere che una rivoluzione nasca in sordina, e che i suoi primi germogli passino inosservati, senza lasciarne prevedere sviluppi straordinari.Cinquant'anni fa, in piena guerra fredda, la cagnetta Laika sorprese, dallo Sputnik, il generale Eisenhower, presidente degli USA, che reagì dando vita all'ARPA (Advanced Research Projects Agency), per colmare il distacco fra USA ed URSS nel settore delle comunicazioni militari; ma quando Gagarin ripetè l'impresa, pochi anni dopo, e ritornò felicemente sulla Terra (Laika in realtà fu una kamikaze dei voli spaziali, e si dissolse con la sua navicella al rientro nell'atmosfera), Eisenhower costituì la NASA (National Aeronautic & Space Administration), sottraendo all'ARPA le proprie finalità, ed i capitali stanziati a quei fini.
L'ARPA, per sopravvivere, dovette rapidamente rivolgersi ad altre ricerche, meno dispendiose. E poiché disponeva di costosi elaboratori elettronici, decise di ottimizzarne lo sfruttamento, sviluppando un progetto che conferisse loro la capacità di comunicare e trasferire dati, con l'obiettivo di garantirne la sicurezza in caso di guerra nucleare. E dieci anni dopo lo Sputnik, ARPAnet collegava le Università di Los Angeles, Santa Barbara, Utah, e l'Istituto di Ricerche Stanford (Stanford Research Institute: SRI). La scelta delle sedi universitarie è giustificata dalla circostanza che, all'epoca, esse erano le uniche istituzioni, oltre il Dipartimento per la Difesa, che potevano permettersi la spesa di un elaboratore elettronico.
Per i collegamenti si utilizzò un protocollo di trasmissione chiamato FTP (File Transfer Protocol), sostituito poco dopo dal TCP (Transmission Control Protocol), che evolse nel TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol).
Siamo nel 1978: vent'anni di crescita lenta e faticosa, ed abbastanza oscura, per il primo germoglio di Internet.
Ma ancora non si era che alle soglie di una rivoluzione.
Cinque anni dopo fu definito il SMTP (Simple Mail Transfer Protocol) e fu creato il DNS (Domain Name System): solo ora lo sviluppo dell'idea originaria aveva le carte in regola per divenire un evento rivoluzionario. I tempi di sviluppo presero ad accelerare in modo esponenziale: la National Science Foundation diede vita alla prima dorsale, la NSFnet, che collegò 10.000 utenti, nacque IRC (Internet Relay Chat) e la rete decuplicò i suoi utenti, cadde il Muro di Berlino, ed entrarono in rete le aziende private... e si diffuse il primo virus. Negli anni seguenti apparvero Pretty Good Privacy e Gopher, e la collaborazione europea fornì l'Hyper Text Marking Language (HTML), dando vita al World Wide Web: la rivoluzione aveva iniziato a marciare, squassando le fondamenta dei sistemi informativi pre-esistenti.
Negli ultimi dieci anni, la commercializzazione degli strumenti informatici ne ha diffuso l'uso dappertutto, allargando il Www a tutto il mondo, con una rapidità che ha sorpreso "con le braghe in mano" i gruppi di potere, che erano al governo di gruppi geograficamente definiti, e costringendoli ad attuare un loro proprio aggregamento, internazionalizzando la loro azione, e mettendo in atto una lunga serie di iniziative - solo apparentemente disgiunte - per affrontare in modo globale la gestione degli equilibri, e riacquisire il controllo censorio sui popoli, seriamente compromesso dalla possibilità, offerta da internet a tutti coloro che possono usufruirne, di esprimere liberamente le proprie istanze, e di aggregarsi per la loro difesa in gruppi, a prescindere dalla localizzazione dei singoli membri.
Questa possibilità, realizzabile dalla grande rete, può sconvolgere completamente il modo di vivere dell'intera umanità,portandola a liberarsi dal giogo pluri-millenario di condizionamenti imposti dall'alto nell'interesse di pochi, e malamente contrabbandati sotto forma di leggi e precetti che sarebbero utili alla convivenza civile.
È logico attendersi una resistenza ad eventi che sovvertano in tale misura l'ordine prestabilito, e che le modalità di questa resistenza aderiscano alla nuova realtà della comunicazione globale, che permette la formazione di gruppi spazialmente trasversali alle divisioni geografiche esistenti.
Ecco la ragione per cui ciò che i gruppi di potere stanno tentando di realizzare è la polverizzazione dei controlli, portata a livelli inusitatamente individuali e globali al tempo stesso, utilizzando ai propri fini quello stesso strumento che potrebbe sconvolgere la stabilità delle istituzioni attuali: la grande rete, che può essere presente in ogni luogo, e controllare ciascun individuo. Il consorzio chiuso DVD raccoglie poco meno di 300 aziende private che rappresentano la stragrande maggioranza dei produttori mondiali, e sta partorendo questo nuovo standard-monstre, che pone le specifiche hardware e software cui tutti i produttori dovranno attenersi, nel produrre dispositivi di qualsiasi tipo, in grado di ricevere e riprodurre qualsiasi cosa: filmati, musica, immagini o testi, al fine di tutelarne i diritti di riproduzione in modo inattaccabile ed estremamente dettagliato, fino a delimitarne la fruizione ad un determinato soggetto, e perfino ad un determinato luogo fisico. Per ampi dettagli su questo progetto, tecnicamente e legislativamente realizzabile, consultare Le Mani sulla Televisione Digitale.
Tali specifiche saranno fatte passare all'approvazione dell'ETSI (European Telecommunications Standards Institute), dopo di che non resterà che farle recepire dalle regolamentazioni nazionali degli Stati Membri della UE per renderle obbligatorie in sede internazionale:un lavoro di routine per le lobbies addestrate ed esperte, già al lavoro da anni per far emettere le leggi adatte ai nostri dipendenti politicanti.
Il grande fratello è qui, ora.
E l'unico modo di difendersi da questa aggressione tecnologica è la via politica: si deve riuscire ad impedire l'approvazione di questi standard, la loro accettazione sul piano legale, la produzione e lo smercio di questi dispositivi, prima che sia troppo tardi. Per ottenere questo risultato è necessario porre i nostri uomini politici nella posizione di non poter vendere il proprio voto alle aziende del settore senza essere poi costretti a fare i conti con il proprio elettorato.
La grande rivoluzione dovrà lottare per esistere: o noi, liberi, o il grande fratello, padrone - anche delle nostre menti.
dr. Alfredo Amato
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