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giovedì 28 ottobre 2010

CONTINUANO AD AUMENTARE LE VITTIME IN INDONESIA


28-10-10


INDONESIA: SALE BILANCIO VITTIME TSUNAMI, 311 MORTI E 379 DISPERSI

ASCA-AFP) - Padang, 28 ott - Cresce ancora il bilancio provvisorio delle vittime dello tsunami in Indonesia. I morti accertati per il momento sono 311.



Il presidente Susilo Bambang Yudhoyono si trova sul luogo del disastro, dove iniziano a diminuire le speranza di trovare ancora vivi i 379 dispersi.

Nel frattempo, molti si iniziano a chiedere perche' il costoso sistema d'allarme installato al largo della costa di Sumatra dopo lo tsunami del 2004 abbia fallito a diffondere l'allerta. I sopravvissuti, infatti, hanno raccontato di non aver ricevuto alcun segnale prima di vedersi piombare addosso il muro d'acqua alto 3 metri.

Indonesia: 272 morti e 400 dispersi per lo tsunami

In pochi giorni doppio disastro naturale: sisma con enorme onda anomala e eruzione vulcanica

27 ottobre, 17:00

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Vittime per l'eruzione di Merapi
Vittime per l'eruzione di Merapi
Indonesia: 272 morti e 400 dispersi per lo tsunami
GIAKARTA  - Almeno 25 persone sono rimaste uccise per l'eruzione del vulcano Merapi, in Indonesia. Intanto continua a salire il bilancio delle vittime dello tsunami causato il 25 ottobre da un terremoto di magnitudo 7,7 sulle isole indonesiane dell'Oceano indiano: 272 morti, mentre i dispersi sono oltre 400.



Un terremoto seguito da uno tsunami, e poi un'eruzione vulcanica che ha già costretto migliaia di persone all'evacuazione, minacciando di intensificarsi nei prossimi giorni. Nel giro di 24 ore, l'Indonesia si ritrova a contare le vittime di un doppio disastro
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lunedì 25 ottobre 2010

LA VERITA' SCOMODA SUL RISORGIMENTO, POCHE SONO LE VOCI CHE OSANO ALZARSI PER SOLLEVARE I VELI...............

Io non ci sto, voglio raccontare tutti i misfatti del Risorgimento

di Domenico Bonvegna

Qualche giorno fa il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, come gli capita spesso in questi mesi, fa discorsi con riferimenti espliciti al Risorgimento, non mancando di incensarlo in continuazione.
Mi ha colpito una sua frase, "dobbiamo liberare l'unità d'Italia dal revisionismo". Napolitano non poteva essere così esplicito e preciso.
In questi mesi di preparazione ai festeggiamenti dei 150 anni dell'unità d'Italia mi sembra che anche in certi ambienti di centrodestra si raccomanda di non calcare troppo la mano contro i cosiddetti padri della patria vedi Cavour, Vittorio Emanuele, Garibaldi, Mazzini e soprattutto ci dicono che mettendo in discussione il periodo risorgimentale si rischia di sfasciare tutto e di remare a favore delle contrapposizioni qualunquistiche, di un certo meridionalismo becero e rivendicazionista, e soprattutto di favorire la politica del secessionismo di matrice leghista.
Allora oggi noi che cosa possiamo fare dopo 150 anni? Cancellare l'unità d'Italia? Certamente no. E' stata fatta, ce la teniamo, detto questo però vogliamo raccontare la Verità: come è stata fatta e soprattutto contro chi è stata fatta.
E' paradossale che proprio ora dopo la caduta del Muro di Berlino, e finalmente liberi da quegli schemi ideologici che ci hanno tenuti legati almeno per tutto il periodo della guerra fredda, proprio ora che il muro della leggenda risorgimentale comincia a presentare vistose crepe, anche se ancora permane purtroppo nei testi scolastici, ora che è possibile finalmente raccontare la Vera Storia del cosiddetto risorgimento, mi devo stare zitto o almeno soprassedere su quelle pagine oscure che potrebbero cancellare l'oleografia creata ad arte dai cosiddetti storici di professione e che naturalmente ora non vogliono che si metta in discussione. Questi storici mi sembrano come queicani da guardia che definiscono la 'storia patria' e che vigilano pronti a stroncare ogni tentativo 'revisionista'.
Ecco io a questo gioco non ci sto, quando posso cercherò sempre in tutti i modi di raccontare quello che so, che ho studiato, che mi hanno raccontato. La mia conoscenza dell'altra storia è iniziata negli anni della mia adolescenza, leggendo il bellissimo libro di Carlo AlianelloLa Conquista del Sud, edito dalla coraggiosa casa editrice Rusconi di Milano. Dalla lettura di questo libro e poi di tanti altri, soprattutto quello di Patrick Keyes O' Clery, La Rivoluzione Italiana, edito in Italia per la prima volta da Ares di Milano, un corposo scritto di ben 780 pagine, l'autore irlandese l'ha scritto in due tempi nel 1875 e nel 1892. Una lettura utile obiettiva, che non riduce la Storia a un complotto, e se condanna il modo di unificazione dell'Italia da parte di una ristretta èlite liberale, lo fa sempre presentando le fonti risorgimentali, liberali. Come fa del resto anche la storica Angela Pellicciari, in particolare nel libro Risorgimento da riscrivere.
Ma oltre ai libri, non posso non ricordare la grande influenza che ha avuto su di me l'opera catechizzante di Alleanza Cattolica che oltre a essere un'agenzia volta a far conoscere il magistero sociale della Chiesa, lavora per fare un'opera di controstoria, soprattutto degli ultimi duecento anni.
Leggendo e ascoltando insigni storici ho scoperto con grande sorpresa che quello che mi avevano raccontato fin dalla scuola elementare spesso erano favole da refezione scolastica, come ha ben scritto Giovanni Cantoni nella prefazione al libro Rivoluzione e Controrivoluzione. Nessuno mi aveva mai raccontato la Verità sul risorgimento: che l'unità d'Italia è stata fatta per cancellare l'identità cattolica del popolo italiano, della Chiesa Cattolica. Già nel 1848 inizia la persecuzione contro la Chiesa con la soppressione degli ordini religiosi. Che il Piemonte era uno strumento in mano alle lobby massoniche che lottavano per "unire""fare" gli italiani secondo i principi liberali e massonici.
Per fare questa unità culturale prima occorreva conquistare e annientare tutti i regni italiani, a cominciare da quello del Regno delle due Sicilie, uno stato millenario, che Vittorio Emanuele II, definito re 'galantuomo' ha aggredito senza nessuna giustificazione uno Stato sovrano, per giunta cercando di giustificarsi con la falsa teoria che i popoli meridionali hanno chiesto aiuto, il famigerato grido di dolore, tra l'altro mai levatosi. Gli inglesi approntarono una campagna diffamatoria, basata su calunnie diffuse in tutta Europa a danno dei Borboni e delle Due Sicilie, dipingendo gli uni come tiranni spietati e i loro sudditi come popoli semibarbari. Bisognava fare terra bruciata attorno al nemico. Più avanti lo stesso Gladstone, primo ministro inglese, confessò di essersi inventato tutto. "Si doveva far passare il piano eversivo di pochi uomini senza scrupoli, prezzolati dallo straniero, quale spontanea rivolta popolare. Far passare per epiche battaglie delle pallide scaramucce che consentirono a una masnada male assortita di banditi, ladri ed ex galeotti, di impadronirsi di un magnifico regno quasi senza far uso delle armi se non nella fase finale della conquista. Tra l'altro tutto questo, sarebbe stato vano se i fedelissimi soldati delle Due Sicilie avessero avuto la possibilità di battersi contro questa ciurmaglia di miserabili scalzacani. In pratica la fantasmagorica passeggiata (di Garibaldi & Co) da Marsala a Napoli non sarebbe mai avvenuta". (Bruno Lima, Due Sicilie 1860, l'invasione. Fede & Cultura).
Ecco io dovrei tacere tutte queste cose? Dovrei tacere che l'esercito piemontese, 120 mila uomini, hanno messo a ferro e a fuoco tutto il territorio meridionale, facendo rastrellamenti molto simili a quelli operati dai nazisti nel 43-45 in Italia, massacrando migliaia di italiani, definiti briganti. In pratica i popoli delle Due Sicilie vennero privati della loro libertà e soggiogati da un esercito straniero, derubati dei loro beni privati e pubblici Conseguenza di tutto questo per sottrarsi a un destino senza speranza milioni di meridionali non ebbero altra scelta che abbandonare per sempre il loro paese.
Inoltre l'immenso tesoro del Regno che ammontava a 443, 2 milioni di lire del tempo fu sperperato per sanare il devastante debito pubblico piemontese. L'accanimento nel saccheggio del Mezzogiorno - continua don Bruno - e lo sfruttamento incontrollato dei suoi abitanti produsse uno stato di miseria riconducibile storicamente solo alle depredazioni barbariche e a quelle dei pirati berberi. ImEcco si dovrebbero tacere tutte queste cose.

Impossibile, la verità tutta o niente, è l'unica carità concessa alla storia, scriveva uno scrittore francese. E' chiaro che dopo aver conosciuto tutti questi fatti la voglia di festeggiare i 150 anni diminuisce o per lo meno si può solo ricordare, fare memoria.
E se vogliamo ricordare non è per contrapporre il Nord contro il Sud. Anche se è vero: la "liberazione"del Sud è stata, né più né meno, una conquista. E pure spietata. Soltanto che oggi il problema non è quello di partire solo da questo, scrive Pellicciari, a mio modo di vedere, costituisce, un'operazione riduttiva e miope. Non si può contrapporre, come fa Giordano Bruno Guerri, i briganti (i meridionali) e gli italiani civili (i settentrionali). Piuttosto "la contrapposizione vera però non è tanto fra Nord e Sud, quanto fra illuminati (liberali sia settentrionali che meridionali) e cattolici (il 99% degli italiani). I liberali hanno tentato, in nome della libertà e della costituzione, di imporre agli italiani un cambiamento di identità. Hanno voluto che rinunciassimo alla nostra religione, alla nostra cultura, alla nostra arte e alla nostra organizzazione socio-economica". (Angela Pellicciari, Povera Unità, 19. 10. 2010 Il Tempo).
La Pellicciari insiste l'unità d'Italia è stata fatta contro la chiesa e cioè, conviene ripeterlo, contro gli italiani, è un dramma che a distanza di 150 anni non riesce a passare. E non passa perché lo si nega. Ora viene alla luce la realtà della conquista del Sud. Nessuno ricorda la violenza anticattolica ai danni di tutta l'Italia, di cui la violenza antimeridionale è diretta conseguenza.
Rozzano MI, 23 ottobre 2010

Festa di S. Giovanni da Capestrano

Fonte:http://www.miradouro.it/node/46360



PER APPROFONDIRE 






Senza verità, niente risorgimento


Maurizio Blondet

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La dittatura anticattolica

La dittatura anticatolicaIl caso Don Bosco e l’altra faccia del Risorgimento
Quanto è costata in vite umane, in soldi, in devastazioni, libertà e democrazia, la conquista piemontese dell’Italia? Era inevitabile? C’erano vie migliori e, soprattutto, sarebbe stato possibile un’altra via che non discriminasse la Chiesa cattolica?

A queste ed altre domande cerca di rispondere il giornalista e saggista Antonio Socci nel libro “La dittatura anticattolica” (Sugarco Edizioni, pagine 246, 18 Euro).

martedì 19 ottobre 2010

LA PROLUSIONE DEL CARD.BAGNASCO: E' AUSPICABILE UNA NUOVA GENERAZIONE DI CATTOLICI IMPEGNATI IN POLITCA !!!

prolusione Card. Bagnasco alle Settimane Sociali

ottobre 15th, 2010 Posted 
Qua tutto il testo della prolusione, bellissimo, assolutamente da leggere. Di seguito, in particolare,  l’ultimo paragrafo, particolarmente utile e illuminante, vista la confusione intorno a noi…..
4. La questione antropologica e l’unità dei cattolici in politica
E’ in questa cornice dialogica che si pone la questione antropologica che è il cuore della società, dell’agire politico di tutti, a cominciare dai cattolici. Ed è il centro della Dottrina Sociale della Chiesa: “La questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica” (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 75).
Scopo della politica, infatti, è la giustizia che è un valore morale, un valore religioso. Ma anche la fede, nella sua missione salvifica ha a cuore la giustizia, quella giustizia che scende da Dio in Cristo e che rende l’uomo nuovo, capace di creare rapporti giusti e strutture eque nel mondo. La giustizia, nella riflessione di San Tommaso, significa la “ferma e costante volontà di dare a ciascuno ciò che gli è dovuto”, “habitus secundum quem aliquis, constanti et perpetua voluntate, jus suum unicuique tradit” (II-II, q. 58, a.1). Ma cosa è dovuto a ciascuno, così che una società inadempiente possa essere considerata ingiusta e viceversa?
Emerge, a questo punto, la necessità e l’urgenza di rispondere alla domanda che il secolo appena concluso ci ha lasciato: chi è l’uomo? Cos’ è l’umano? Ci sono dei riferimenti plausibili e concreti così che l’uomo si distingua dal resto del creato non in termini di sviluppo quantitativo, ma di differenza qualitativa? Potrebbe sembrare una questione oziosa, puramente accademica, in realtà la cronaca ci documenta e spesso ci sgomenta circa l’eclisse del senso comune, la confusione che pare regnare al riguardo e che ispira decisioni e comportamenti. Una visione dell’uomo che non sia aperta alla trascendenza, ma che cerchi di fondare se stessa, si rivela subito debole e fragile: può l’immanenza fondare se stessa? Può garantirsi di fronte alla violenza codificata? Solamente l’Assoluto, solo l’Incondizionato può fondare e garantire ciò che è limitato e contingente. Senza voler qui affrontare la questione, mi limito a ricordare quelli che il Santo Padre ha voluto chiamare “valori non negoziabili” in quanto stanno nel DNA della natura umana e sono il ceppo vivo e vitale di ogni altro germoglio valoriale. Il Santo Padre, dopo aver ricordato che “la verità dello sviluppo consiste nella sua integralità” (ib 18), afferma che il vero sviluppo ha un centro vitale e propulsore, e questo è “l’apertura alla vita”: infatti, “quando una società s’avvia verso la negazione e la soppressione della vita, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono” (ib 28). Insieme alla vita, da accogliere dal concepimento fino al tramonto naturale, Benedetto XVI indica la famiglia come cellula fondamentale e ineguagliabile della società, formata da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio, e pone anche la libertà religiosa e educativa. Non è un elenco casuale, ma fondativo della persona e di ogni altro diritto e valore: senza un reale e non nominalistico rispetto e promozione di questi principi primi che costituiscono l’etica della vita è illusorio pensare ad un’etica sociale che vuole promuovere l’uomo ma in realtà lo abbandona nei momenti della maggiore fragilità. Ogni forma di fragilità chiede alla società intera di essere presa in carica per sostenere in ogni modo il debole e l’incapace: e questo “prendersi cura” nel segno della buona organizzazione, di efficienti strutture e della tenerezza relazionale, rivela il grado umanistico e civile della compagine sociale. Ogni altro valore, necessario per il bene della persona e della società – come il lavoro, la casa, la salute, l’inclusione sociale, la sicurezza, le diverse provvidenze, la pace e l’ambiente…- germoglia e prende linfa da questi. Staccati dalla accoglienza radicale della vita, questi valori si inaridiscono e possono essere distorti da logiche e prospettive di parte. Di grande significato è anche la recente Dichiarazione del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, a conclusione dell’Assemblea Plenaria a Zagabria all’inizio di ottobre: “Siamo convinti che la coscienza umana è capace di aprirsi ai valori presenti nella natura creata e redenta da Dio per mezzo di Gesù Cristo. La Chiesa, consapevole della sua missione di servire l?uomo e la società con l’annuncio di Cristo Salvatore, ricorda le implicazioni antropologiche e sociali che da Lui derivano. Per questa ragione non cessa di affermare i valori fondamentali della vita, del matrimonio fra un uomo e una donna, della famiglia della libertà religiosa e educativa: valori sui quali si impianta ed è garantito ogni altro valore declinato sul piano sociale e politico” (Assemblea Plenaria CCEE, Zagabria 3.10.2010).
Questi valori non sono divisivi, ma unitivi ed è precisamente questo il terreno dell’unità politica dei cattolici. E’ questa la loro peculiarità e l’apporto specifico di cui sono debitori per essere sale e lievito, ma anche luce e città posta sul monte, là dove sono. Su questa linea, infatti, si gioca il confine dell’umano. Su molte cose e questioni ci sono mediazioni e buoni compromessi, ma ci sono valori che non sono soggetti a mediazioni perché non sono parcellizzabili, non sono quantificabili, pena essere negati.
Ed è anche questa la ragione per cui la Chiesa non cerca l’interesse di una parte della società – quella cattolica o che in essa comunque si riconosce – ma è attenta all’interesse generale. Proprio perché i valori fondamentali non sono solamente oggetto della Rivelazione, ma sono scritti nell’essere stesso della persona e sono leggibili dalla ragione libera da ideologie, condizionamenti e interessi particolari, la Chiesa ha a cuore il bene di tutti. Essa deve rispondere al suo Signore non ad altre logiche, nella fedeltà esigente al mandato ricevuto. Inoltre , come Pastori, non possiamo tenere solo per noi l’ incomparabile ricchezza che ci proviene dalla vicinanza concreta e quotidiana alla gente, cattolici o no, e che, direttamente e tramite i nostri sacerdoti, i consacrati, gli operatori laici, abbiamo la grazia di vivere. Le 25.000 parrocchie sparse per l’Italia, vero dono della bimillenaria storia cristiana, rappresentano la prossimità continua dell’amore di Dio per gli uomini là dove vivono, la condivisione della loro vita, la conoscenza discreta di angustie e speranze. E’ stato detto e ripetuto non in modo retorico né casuale che è auspicabile una nuova generazione di cattolici impegnati in politica. Ciò non vuol suonare come una parola di disistima o peggio per tutti coloro, e non sono pochi, che si dedicano con serietà, competenza e sacrificio alla politica diretta, forma alta e necessaria di servire gli altri. A loro rinnoviamo con rispetto l’invito a trovarsi come cristiani nella grazia della preghiera, a non scoraggiarsi mai, a non aver timore di apparire voci isolate. Nessuna parola vera resta senza frutto.
Ma, nello stesso tempo, auspichiamo anche che generazioni nuove e giovani si preparino con una vita spirituale forte e una prassi coerente, con una conoscenza intelligente e organica della Dottrina sociale della Chiesa e del Magistero del Papa, con il confronto e il sostegno della comunità cristiana, con un paziente e tenace approccio alle diverse articolazioni amministrative. Tutto s’impara quando c’è convinzione e impegno.
Cari Amici, vi ringrazio per l’attenzione paziente e per la presenza che esprime amore al Signore Gesù e alla sua Chiesa, ma esprime anche la passione per l’Italia e la “res publica”. E’ l’ora di una nuova cultura della solidarietà tra società civile e Stato: se ogni soggetto, singoli, gruppi, istituzioni, fa la sua parte pensando non tanto a quanto devono fare gli altri ma a ciò che spetta a lui, si rinnoverà uno stile, una prassi virtuosa che non significa scaricare responsabilità o manlevare da compiti, ma significa dare concretezza ad alcune considerazioni che spero di aver offerto. La solidarietà deve avvenire a tutti i livelli tra loro e ciascuno al proprio interno: si può discutere e confrontarsi anche su cose gravi, ma è possibile un “confronto solidale” che è tale perché ha di mira non un interesse individuale o di parte, ma il bene armonico di tutti. In questa prospettiva, si potrà anche cedere, fare passi indietro, rettificare posizioni, ma non sarà mai perdere o sentirsi sconfitti, sarà sempre un andare avanti, perché andrà avanti il Paese. Il Signore Gesù Cristo, Via-Verità-Vita, illumini le menti e sostenga i passi nostri e di tutti.
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova

lunedì 11 ottobre 2010

IN LOMBARDIA IL "FONDO NASKO" CERCHERA' DI IMPEDIRE ALLE DONNE DI ABORTIRE CAUSA POVERTA'

Non abortirai per povertà, in Lombardia da ora si chiama fondo Nasko





di Valentina Fizzotti

Tratto da Il Foglio dell'8 ottobre 2010
Milano. Nei primi due giorni di operatività sono arrivate ventidue richieste, ma sui tavoli di consultori e Centri di aiuto alla vita lombardi le domande si sono accumulate già a partire dall’estate.
Da quando cioè la regione Lombardia ha annunciato per il primo ottobre 2010 il lancio di Nasko, un fondo da cinque milioni di euro (il primo per quest’anno e il resto per il 2011) dedicato alle donne che rinunciano ad abortire per motivi economici.



Il fondo – una novità assoluta nelle politiche italiane per la maternità, viene gestito direttamente dalla regione attraverso una piattaforma web e, come ha detto Roberto Formigoni, è “un provvedimento importante che conferma la nostra politica di tutela e promozione della maternità, della natalità e della famiglia”. Se le risorse si esaurissero in fretta, inoltre, potrebbero anche esserne stanziate altre. Perché in tutto il mondo complicato che gira attorno all’aborto e alle sue motivazioni più profonde e incomprensibili, fra timori e solitudine, oggi sei donne su dieci (stando ai numeri della clinica Mangiagalli di Milano) decidono di interrompere una gravidanza soprattutto perché hanno problemi di soldi. Perché se si comprano i pannolini non si paga il posto letto, perché con un pancione o un lattante fra i piedi non si può fare la domestica (e oltre al lavoro si perde l’alloggio), perché se si deve mantenere una nuova creatura agli altri figli non resta molto, perché la cassa integrazione a volte chiede di scegliere fra il pane e il latte. E perché statisticamente, davanti alle stesse umane difficoltà che una gravidanza sbatte in faccia a una donna (sarò capace di fare la madre? Lo voglio, questo figlio?), salendo le scale di un ospedale una donna bussa alla porta del consultorio chiedendo unicamente il foglio di via per l’intervento – e spesso se lo trova fra le mani senza tante chiacchiere, come a un distributore automatico – e invece un’altra chiede aiuto per potersi tenere suo figlio.
In Lombardia da venerdì scorso chi rinuncia ad abortire deve presentarsi entro i primi tre mesi di gravidanza in un consultorio o in un Cav accreditato e compilare la richiesta per ottenere una carta prepagata, che dà diritto a 250 euro al mese per 18 mesi. “Questa per noi è una svolta importante – ci dice Paola Marozzi Bonzi, fondatrice e responsabile del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli – perché ci permette di aiutare molte più donne”. Il suo Cav vive principalmente di donazioni e autofinanziamenti, e ha i conti in rosso da aprile: “Negli ultimi tempi su 70 o 80 richieste al mese riuscivamo ad aiutare soltanto sette o otto donne. Con questi soldi possiamo arrivare quasi a trenta. E’ la prima volta in Italia che si stanziano soldi pubblici per evitare che una donna abortisca per motivi economici”. Le donne che bussano alla porta del suo Cav sanno che il loro contratto di lavoro non sarà rinnovato, se tengono quel bambino. Sanno che nello stanzone in cui dormono con altre persone un neonato che passa la notte a piangere non ci potrà stare. Telefonano alla famiglia che è restata nel loro paese e si convincono che abortire è la scelta giusta perché la loro responsabilità è quella di continuare a mandare risparmi per posta. Certo 250 euro al mese non sono molto e i centri devono continuare a integrare gli aiuti, ma Nasko non è concepito soltanto come un bancomat. Del progetto fa parte un percorso di colloqui e incontri con la madre. “La prima vera causa di aborto è la solitudine – spiega Bonzi - è sufficiente vedere che nei casi in cui la famiglia di origine sostiene la madre, lei non abortisce”. E lo stesso vale per il ruolo giocato dagli uomini, padri che spesso si mettono in fuga appena scoprono di esserlo. O che invece accolgono la notizia con un “ma come faremo?”, ma si sentono rassicurati soltanto al pensiero di essere aiutati economicamente. “Ieri è venuta da me una coppia, lui era davvero disperato perché non prende lo stipendio da sei mesi. Alla fine, usciti da qui, hanno scelto di non abortire”.

Fonte:http://www.miradouro.it/node/46086

venerdì 8 ottobre 2010

NOI SIAMO SEMPRE DALLA PARTE DEL PIU' DEBOLE..CHECCHE' NE DICANO I MAGISTRATI !

Dalla parte del figlio

                

 FECONDAZIONE ARTIFICIALE        UN FIGLIO ALLA 9 SETTIMANA DI GESTAZIONE


di Gabriella Mecucci

Tratto da cronache di Liberal del 7 ottobre 2010
La magistratura per la seconda volta solleva la questione di illegittimità davanti alla Corte Costituzionale della legge 40 che regolamenta la fecondazione artificiale.
Ieri è toccato al divieto di inseminazione eterologa (il donatore del seme è un anonimo, non è nè il compagno nè il marito della donna che partorirà il bambino e, nella vita, non ne sarà il padre) finire nel mirino della magistratura fiorentina che definisce "manifestamente irragionevole" non consentire questo tipo di procreazione. Francesco D'Agostino è un giurista cattolico, membro del Comitato nazionale di bioetica di cui in passato è stato anche presidente.
Professore, come commenta la scelta della magistratura fiorentina?

La legge sulla procreazione assistita va completamente incontro in materia di inseminazione eterologa al senso comune che è sempre stato profondamente turbato da questa pratica. Altro che manifesta irragionevolezza! La 40 è ragionevolissima e condivisa. Si prefig ge di tutelare tutti i soggetti coinvolti nell'inseminazione artificiale. E quindi naturalmente anche il nascituturo.
Come lo tutela?

Non c'è protezione maggiore per chi viene al mondo che avere genitori certi. Che poter sapere chi è la madre e chi è il padre. Con l'eterologa questo non è possibile. Ma c'è di più: si raddoppia la figura paterna - c'è il padre naturale e quello sociale - e in taluni casi si triplica la figura materna - una madre che dà l'ovocita, una che presta l'utero e una che educherà il bambino. Sfido chiunque a dimostrare che tutto ciò non procuri gravi difficoltà al nascituro. Che non sia contro il suo interesse. Mi sembra che in presenza di simili problemi, la nostra legge sia del tutto ragionevole. Che rappresenti comunque una legittima scelta politico - valoriale del legislatore deliberare in questa materia senza che si configuri in nessun modo una violazione della Costituzione.
Il sottosegretario alla Sanità, Eugenia Roccella accusa: i tribunali vogliono smontare pezzo a pezzo la legge 40. E in effetti già in passato questo provvedimento è stato portato davanti all'Alta Corte. Lei, professore, è d'accordo col sottosegretario?

Non so se si vuole smantellare la legge. Questo implicherebbe un progetto di alcuni settori della società civile e della magistratura. E io francamente non so se questo ci sia veramente. C'è invece sicuramente il tentativo di trasformare una questione bioetica in una pret prefigtamente giuridica. Per questo si solleva l'illegittimità davanti alla Corte Costituzionale. Anche se accettiamo di guardare il problema solo con questa ottica, non vedo alcun appiglio giuridico per smontare la legge sulla inseminazione artificiale. La 40 risponde bene al dettato della nostra Carta, mentre l'introduzione dell'eterologa comporterebbe la violazione del principio di uguaglianza.
E perché?

Perchè il bambino che nasce, avendo due padri, si sente profondamente diverso da tutti pretgli altri bambini. E ha ragione: non è normale avere due padri. Per non dire delle due o tre madri, magari pure in conflitto fra di loro. O della madre-nonna: è con l'eterologa infatti si fanno i figli anche a sessant'anni e passa. Non credo che vivere in una situazione così radicalmente anomala, metta il nascituro in una posizione uguale a quella degli altri. Gli crea, anzi, un gravissimo svantaggio.
Quindi secondo lei la fecondazione eterologa è un'anomalia molto pesante?

Non ho dubbi. Crea infatti immensi problemi sia etici che psicologici. Tanto è vero che tantissime donne non accettano una fecondazione con il seme di un donatore. Facendo uno sforzo su me stesso, dico che potrei accettare che un Parlamento voti una legge che prevede l'eterologa. M'inchinerei alla sua volontà. Ma in Italia è successo l'esatto contrario. Il Parlamento ha detto no e il referendum popolare con il quale si voleva abrogare la legge 40 è vistosamente fallito. Per cui sia i rappresentanti del popolo che direttamente il popolo hanno fatto una scelta inequivocabile. Non mi sembra questo un dato trascurabile.
Professore, la Corte ha già modificato la legge. Con la sua sentenza ha infatti tolto il divieto di impiantare più di tre embrioni. Se lo ricorda?

Perfettamente. E non condivido- con tutto il rispetto della Corte - quella decisione. Non si è tenuto in conto, nel modo dovuto, che accettare la formazione di un numero illimitato di embrioni favorisce lo sviluppo del fenomeno conturbante degli embrioni congelati, il cui destino è assolutamente incerto e affidato arbitrariamente alle decisioni del Centro che gestisce questo genere di banche. La 40 si preoccupava - inserendo il limite di tre embrioni - di stroncare una simile pratica che peraltro turba l'opinione pubblica. Queste piccole vite umane congelate a tempo indeterminato non possono non far nascere mille problemi etici.
Negli ultimi tre giorni sono accaduti due fatti molto significativi: Stoccolma ha insignito del premio Nobel il padre dell'inseminazione in provetta, 48 ore dopo la magistratura fiorentina ha preso l'iniziativa di cui stiamo parlando.. Si sta delineando un nuovo conflitto fra laici e cattolici?

Chi insiste nella divisione fra laici e cattolici in materia bioetica lo fa per ragioni pretestuose. Come lei ha potuto valutare nel corso della nostra conversazione, non c'è bisogno di nessuna spiegazione religiosa, biblica, evangelica, teologica per criticare la fecondazione eterologa. Voglio che ciò che sostengo sia giudicato per gli argomenti che uso e non perchè sono cattolico. Nel campo bioetico il conflitto fra laici e cattolici è sbandierato e fomentato dai laicisti per spostare il consenso degli anticlericali verso le loro tesi. Questa operazione va demistificata. Quello che dico è tanto vero che vaste aree dei movimenti femminili e femministi sono molto critici verso l'inseminazione eterologa. Del resto se io sono contrario alla pena di morte, non è che questa possa essere definita una posizione cattolica perchè non è solo dei cattolici, ma anche - ad esempio - dei radicali.
Mi scusi, ma del Nobel della Medicina recentemente assegnato cosa ne pensa?

Quel gesto è quantomeno imprudente. Il premio infatti avalla una pratica che è molto discussa e non solo dai cristiani. Poc'anzi abbiamo ricordato le critiche e le ostilità di parti del movimento femminile verso la fecondazione artificiale. In realtà il Nobel è stato dato surrettiziamente per la Medicina, ma le ragioni della scelta sono di natura bioetica.



Fonte:
http://www.miradouro.it/node/46041

lunedì 4 ottobre 2010

I VALORI NON NEGOZIABILI PER I CATTOLICI:LA VITA,LA FAMIGLIA UOMO-DONNA,LA LIBERTA' RELIGIOSA,LA LIBERTA' EDUCATIVA.

non per tattica ma per ciò che vale

ottobre 3rd, 2010 Posted in Uncategorized
Avvenire 3 ottobre 2010
LA NUOVA FASE POLITICA E I CATTOLICI
NON PER TATTICA MA PER CIÒ CHE VALE
MARCO TARQUINIO
S i è dunque aperta una nuova fase nella XVI legislatura, con solidi intendimenti da parte di chi regge il timone dell’Esecutivo, ma in un quadro politico che si è fatto complicato e fragile. E poiché nessuno ha la sfera di cristallo, nessuno è davvero in grado di dire fin dove potrà spingersi l’orizzonte dell’azione di governo e dell’attività parlamentare. I nostri lettori sanno che noi ci auguriamo anni di lavoro intenso e utile per il Paese. E sanno anche che apprezziamo una maggioranza e un’opposi­zione capaci di assumersi con chiarezza le rispettive responsabilità, ma ancor più forze politiche che si dimostrino in grado di convergere – ogni volta che sarà possibile e opportuno – sulle iniziative e sulle scelte riformatrici necessarie per preparare e ben orientare il futuro dell’Italia.
Le cinque ‘e’ – etica, educazione, energia, equità fiscale, equilibrio istituzionale – sono forse solo un esempio dei terreni sui quali sarebbe indispensabile dare segnali positivi agli italiani. Ma è un esempio calzante, che spiega quanto sia urgente concentrarsi con stile adeguato e lungimiranza su una seria agenda di legislatura.
La sensazione è che invece, in questa fase nuova, più che su contenuti legislativi e obiettivi strategici, in troppi – e, sorprendentemente, anche tra coloro che fanno esplicito richiamo all’ispirazione cristiana – si stiano dedicando alla tattica e alle meccaniche di schieramento. Quasi che si fosse imparato poco o nulla dagli errori del passato più recente, quelli che hanno segnato i sedici anni di vita della cosiddetta Seconda Repubblica. Di quegli errori, qui, ce ne interessa, appunto, il principale: la presunzione equilibrista di poter costruire coalizioni o soggetti politici solo sulla base di una polemica con il ‘nemico’ prescelto e in forza di ‘numeri’ potenzialmente sufficienti a vincere una determinata scommessa elettorale. Così sono nati e caduti il primo governo Berlusconi, il primo governo Prodi, due governi D’Alema e il secondo governo Berlusconi. Così è stato messo a rischio il governo in carica, quello che ora cerca un rilancio.
Nel frattempo, certo, si è governato. Ma quante riforme di sistema sono state portate a buon fine? È un’incompiutezza che pesa e, lunedì scorso, il presidente della Cei lo ha ricordato a tutti con lucidità e angustia.
La democrazia dell’alternanza che si è affermata negli ultimi tre lustri si è portata, insomma, in cuore un’alternanza delle instabilità, e nessuna alchimia elettorale maggioritaria riesce a curarla. Perché i numeri – cioè il consenso popolare e la rappresentanza parlamentare – in qualunque democrazia sono indispensabili, ma non bastano e non tengono senza le idee-cardine che danno vera forza a un progetto politico.
L’essenzialità di questo punto è sempre più evidente. Lo sforzo per avvicinare culture ed esperienze politiche diverse è certo importante e può diventare addirittura meritorio, ma non può mai essere pagato in termini di chiarezza. Perché non tutti i progetti sono compatibili, e i fatti si sono incaricati di confermare – e questo a noi importa molto – una condizione di disagio e persino d’insignificanza per i politici di ispirazione cristiana disposti a mettere tra parentesi, per tattica, un impegno coerente su ciò che davvero conta. E ciò che davvero conta per chi voglia fare politica con una limpida visione umanistica e, a maggior ragione, da cristiano e da cattolico è la determinazione a non dimenticare mai e a tenere per bussola i «valori non negoziabili». Papa Benedetto XVI li indicò magistralmente, era il marzo del 2007, ai leader del Partito popolare europeo. Il cardinale Angelo Bagnasco, nella sua prolusione ai lavori del Consiglio permanente dell’episcopato che si è appena concluso e in questa vigilia della Settimana Sociale dei cattolici di Reggio Calabria, li ha richiamati con altrettanta forza e chiarezza: vita (dal concepimento alla morte naturale), famiglia uomo-donna, libertà religiosa e libertà educativa.
È questo il «fondamento» che garantisce ogni altro valore e impegno, ha detto il presidente della Cei. Sta alla base di un’azione politica davvero orientata alla costruzione del bene comune. Perciò, ieri, non doveva essere messo tra parentesi e, oggi, non può essere lasciato cadere sotto il tavolo di alcuna trattativa.



Fonte:http://www.stranocristiano.it/2010/10/non-per-tattica-ma-per-cio-che-vale/






2 Ottobre 2010

Da Avvenire

Morte altre due donne a causa della Ru486

di Assuntina Morresi



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Ancora due donne morte dopo aver abortito con la Ru486: ce ne danno notizia tre esperti dei Cdc («Centres for Disease Control and Prevention») di Atlanta, nell’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine.



I decessi sono per shock settico da «Clostridium sordellii», la fatale infezione che ha già ucciso sei donne finora, mentre per una settima lo shock era dovuto a un altro tipo di Clostridium, il «Perfringes». Tutte dopo aborto medico. Dei due decessi il primo risale al 2008: una donna di 29 anni alla quinta settimana di gestazione. Cinque giorni dopo aver assunto la Ru486 si è ricoverata con tutti i sintomi della terribile infezione, tranne la febbre, e ventiquattr’ore dopo è morta, dopo l’estremo tentativo dei medici di salvarla con l’asportazione di utero, ovaie e tube di Falloppio. Questa donna soffriva di diabete, mentre l’altra era sana, aveva 21 anni ed era alla settima settimana di gravidanza. Ricoverata in ospedale una settimana dopo la somministrazione della Ru486, anche lei con i sintomi della sepsi ma non la febbre, è morta dopo un’agonia di altri cinque giorni. Alle due donne non erano stati prescritti antibiotici, e la prostaglandina, il secondo farmaco abortivo che provoca le contrazioni uterine e favorisce l’espulsione, era stata somministrata per via vaginale.



Nell’articolo del New England Journal of Medicine vengono ricordate le raccomandazioni della più grande federazione americana di cliniche abortive, la Planned Parenthood Federation of America: la somministrazione del secondo farmaco boccale anziché vaginale, e sempre la profilassi antibiotica. Gli esperti però chiariscono che «rimane sconosciuta» l’efficacia di queste due indicazioni. In altre parole, non si sa quanto antibiotici e somministrazione orale possano effettivamente prevenire l’infezione letale.



È noto infatti che l’ultima donna morta dopo un aborto con Ru486, sempre per shock settico da Clostridium Sordellii, aveva preso la prostaglandina per bocca: la possibilità che sia la somministrazione vaginale del farmaco a scatenare l’infezione, quindi, è messa fortemente in discussione.



Che la Ru486 interferisca con il sistema immunitario è stata la prima ipotesi formulata da esperti del settore, ma in questi anni non ci sono state conferme né smentite. Il fatto poi che queste morti vengano scoperte solamente negli Stati Uniti si può spiegare solo con una maggiore trasparenza delle informazioni e, probabilmente, con una vigilanza specifica da parte delle autorità sanitarie americane. Nel maggio del 2006, infatti, ad Atlanta – proprio dopo le morti a seguito di aborto con la Ru486 – si è tenuto un convegno internazionale sulle infezioni da Clostridium promosso dalle più importanti istituzioni sanitarie americane, e da allora l’attenzione è rimasta elevata. Lo stesso non si può dire per altri Paesi: ad esempio delle cinque morti inglesi dopo aborto con Ru486 – due nel 2008 – si è avuta notizia solo dopo che il nostro Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali ha fatto un’esplicita richiesta alla ditta che produce la pillola. La 'libera' stampa inglese non vi ha dedicato neppure una riga. 



Una triste contabilità, quindi, ci dice che dopo la somministrazione di Ru486 sono morte 19 donne che avevano abortito, e 12 persone che avevano preso il farmaco per 'uso compassionevole', cioè al di fuori di protocolli stabiliti, per un totale di 31 vittime certificate sinora nel mondo. Vanno poi ricordate altre due donne morte dopo aborto farmacologico, per il quale però era stato somministrato solo il secondo farmaco, le prostaglandine.