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venerdì 21 ottobre 2011

NICOLETTA FORCHERI: IN FRANCIA SI STUDIA IL MODELLO ITALIANO DELLE PMI MENTRE IN ITALIA LE STESSE SONO MASSACRATE .........

Berneschi: 'indagati' 'indignati' e ...'censurati'...?



N. Forcheri
 20 ottobre 2011

Il 18 ottobre Berneschi, presidente della Carige, dichiarava al convegno Confindustria per l’internalizzazione delle PMI che la valutazione delle agenzie di rating è “solo politica”. Si noti una cosa, il giorno dopo puntuale arrivava il declassamento dell’agenzia Standard & Poors da A- a BBB+, intervenuto appena dodici giorni dopo quello di su’ sore’ Moody’s da A2/P-1 a Baa1/P-2.

Si noti un’altra cosa: mentre in Italia si internazionalizzano le PMI, volenti o nolenti, dedicando a tale azione massificata convegni e fondi, imponendo l’out out “o internazionalizzazione o fallire”, per fare posto alla grande distribuzione e alle big corporations straniere, in Francia le associazioni industriali e patronali si studiano il modello italiano (e svedese) di sviluppo delle PMI, e lo fanno finanziando un think tank o gruppo di studio chiamato Fabrique de l’Industrie, presieduto dal numero uno di Eads, per delineare una nuova politica industriale in modo da supplire alla carenza in Francia di PMI (http://www.la-fabrique.fr/4-questions-a-Louis-Gallois-president-de-La-Fabrique-de-l-industrie.htm - (http://www.linkiesta.it/sorpresa-ripartire-francia-studiano-le-nostre-pmi). Apparentemente il modello PMI italiano era buono, e anche quello dell’IRI, o meglio sarebbe stato buonissimo se non fossero stati attaccati dagli usurocratici internazionali.

Si noti anche che il metodo PMI in Italia, da sempre fiore all’occhiello dello stimatissimo Made in Italy, oltre a non essere né incoraggiato, né incentivato né tanto meno finanziato – pena la scure dell’antitrust, della Commissione europea e di tutti quanti - sta subendo un massacro generalizzato mediante appositi strumenti burocratici, fiscali, creditizi, studi di settore truffaldini.

Si pensi che ad esempio Artigiancassa


(cfr.http://www.artigiancassa.it/Pagine/default.aspx ), deputata a erogare crediti agli artigiani, è stata acquisita da BNP PARIBAS, creditrice al 30% del nostro debito pubblico, parzialmente proprietà dello Stato francese, banca dealer dei nostri titoli di Stato, socia in affari dell’azionista di riferimento (Albert Frère) di Gaz de France Suez, Total(FinaElf), Suez Environnement, Lafarge, Imerys, e controllante totalitaria della BNL… quella BNL che Fiorani e Berneschi volevano scalare in tutta fretta magari per evitare quest’ondata di occupazioni finanziarie del nostro paese. Stanno andando avanti nell’indifferenza della magistratura anche vere e proprie frodi generalizzate: molti sono infatti i casi d’iscrizione illegale delle PMI nel registro delle centrali di rischi delle banche con esposizioni debitorie fasulle, in modo da costringerle a ‘rientrare’ improvvisamente dai fidi e così facendo, fallire.

Si noti anche che quello che era apparso come uno sfogo particolarmente sincero di un presidente di una banca, Berneschi, non è stato più rintracciabile in alcun sito internet. Nel suo sfogo davanti a Confindustria, Berneschi si era infatti lamentato (vado a memoria) che con le regole contabili “imposte” – sottinteso dalla Banca internazionale dei regolamenti (?) - era diventato particolarmente difficile operare ed erogare credito  al pubblico e alle imprese e che Draghi non li aveva difesi, “pensava ad altro”. E che le banche del paese sono sane, vengono valutate dalle agenzie di rating senza esame dei fondamentali. Tale articolo “al veleno” è sparito da tutto il net, e a meno di abbonarsi o richiedere una copia all’archivio del Secolo, lo sfogo di Berneschi è introvabile.

Ora tale articolo è importante perché è un indizio di quel complotto della cupola finanziaria internazionale contro il nostro paese – uno dei tanti, vedasi i PIIGS, vedasi Siria e Libia, Polonia, Iraq, Afghanistan e Iran ecc. – una cupola invisibile, un governo ombra che ricatta, minaccia, censura, oscura, manipola dati e informazioni continuamente, manda i sicari, se del caso, fa paracadutare i suoi uomini in posti di alta responsabilità e su di essi preme al minimo sgarro, virgola di traverso, sospetto di non conformità.

Basti pensare che Berneschi è uno di quei banchieri processati per la tentata scalata a BNL (http://www.corriere.it/economia/11_aprile_20/unipol-consorte-fazio_fb0f719e-6b65-11e0-b852-b4a6122a06f0.shtml ) che se non altro aveva il merito di essere ‘patriottica’ nel senso che avrebbe drenato meno crediti e capitali all’estero che non attualmente che è passata di mano a BNP Paribas – quella stessa BNP PARIBAS che ha chiuso completamente i rubinetti del credito agli artigiani mentre le nostre rendite e i nostri utili vanno direttamente ai suoi interessi franco-rotti (‘rossoscudi’), quelli della maggiore creditrice del nostro debito pubblico ‘sovrano’, a vantaggio della quale probabilmente è stata fatta fallire DEXIA..

Molte di queste alte cariche hanno, apertamente o discretamente, simpatizzato con la rivolta degli indignados, chi per strumentalizzare il movimento, ma altri per sincera e genuina simpatia. In fin dei conti anche loro hanno dei figli, e a giusto titolo si sentono preoccupati per la sorte che toccherà loro, che rischierà di essere sicuramente meno buona dal punto di vista economico della loro. Una sorte che i primi a non volere sono proprio loro, i figli, che a 20 anni sono indignati e si sentono facenti parte di quel 99% che contesta l’1% dei ricchi criminali del pianeta. Chi è intelligente, e non furbo, si rende conto che in tale contesto socioeconomico si storpia tutto, ivi comprese le relazioni amorose e la realizzazione personale e professionale.

Contro le agenzie di rating è stata inoltrata in data 13 ottobre una denuncia querela : contro le agenzie di rating, eventuali legali di dette e altre agenzie di rating, il governatore Draghi e il direttore generale Saccomanni della Banca d’Italia SPA per le seguenti ipotesi di reato seguenti (http://seigneuriage.blogspot.com/2011/10/denunciaquerela-contro-agenzie-di.html):

1)Concorso formale in reato continuato (art.81 c.p.);

2) Pene per coloro che concorrono nel reato (art.110 c.p.);

3) Circostanze aggravanti (art.112 c.p.);

4) Corruzione del cittadino da parte dello straniero (art. 246);

5) Disfattismo politico (art.265 cp);

6) Disfattismo economico in periodo di guerra contro Serbia, Iraq, Libia, etc., etc., (art.267 c.p.);

7) Devastazione, saccheggio e strage (art.285 c.p.);

8) Corruzione per un atto d’ufficio (art.. 318 c.p.);

9) Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.);

10) Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art.320 c.p.);

11) Rifiuto di atti d’ufficio (art.328 c.p.);

12) Abusivo esercizio di professione (art. 348 c.p.);

13) Turbata libertà degli incanti (art.353 c.p.);

14) Omessa denuncia di reato da parte del cittadino (art. 364 c.p.);.);

15) Associazione a delinquere (art.416 bis);

16) Devastazione e saccheggio )art.419 c.p.);

17) Distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione

(art.499 c.p.);

18) Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio

(art.501 c.p.);

19) Manovre speculative su merci (art.501 bis c.p.);

20) Turbata libertà dell’industria o del commercio (art.513 c.p.);

21) Istigazione o aiuto al suicidio (art.580 c.p.);

22) Furto (art.624 c.p.);

23) Truffa (art.640 c.p.);

24) Frode informatica (art.640 ter c.p.);

25) Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate, o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico (art. 656 c.p.);

27) Procurato allarme presso l'autorità (art. 658 c.p.)

28) Abuso della credulità popolare (art.661 c.p.);

29) Ed eventuali altre fattispecie di reato che venissero rilevate nel corso delle indagini.-



Nicoletta Forcheri

20 ottobre 2011

GRAZIE AL LAVORO DI RICERCA E TRADUZIONE DI" CARMEN THE SISTER" SCOPRIAMO CHE ESISTE UNA POLIZIA CON LA BAIONETTA IN CANNA!!!

20/10/11

Polizia Antisommossa Straniera Forse Già Operativa in Grecia



Dal Blog Golem XIV David Malone avverte di questa forza di polizia militarizzata che addirittua ha  la base in Italia...a voi vi hanno chiesto qualcosa?
Lo sapevate che l'UE ha la sua polizia anti-sommossa in grado di operare in qualsiasi paese Europeo, che non risponde direttamente a nessuno di loro? No, nemmeno io lo sapevo.
Si chiama Gendarmeria Europea (Eurogendfor). Ha la sua base in Italia, ma è finanziata e gestita dai sei paesi firmatari che sono Francia, Italia, Olanda, Spagna, Portogallo e Romania. Tuttavia, secondo il Trattato che l'ha istituita, Eurogendfor può operare in qualsiasi paese dell'UE ed è disponibile verso i paesi che la invitano. Il paese ospitante è denominato 'Host'.
La Gendarmeria è appositamente istituita per affrontare sommosse e disordini civili e, come enuncia il Trattato, deve essere
... esclusivamente composta da elementi delle forze di polizia a statuto militare.
Guardate la foto. Quante forze di polizia, anche anti-sommossa, che voi sappiate, usano l'attacco a baionetta?
La forza è composta da 3000 uomini con sede in Italia, in due brigate di rapida implementazione. Dal momento che la Grecia non è membro di Eurogendfor, pochi, o nessuno, dei suoi agenti/soldati (?) parlerà greco. Eppure, ora possono operare in Grecia. Ho verificato con degli amici ad Atene e mi dicono è vero.
Ho anche contattato - o provato a contattare - direttamente Eurogendfor per due volte, allo scopo di verificare i fatti. Tuttavia il contatto e-mail sul loro sito web non funziona. Si può compilare un modulo, ma nelle ultime 4 ore e mezza, quando premo invio ottengo questa risposta:
"Il server non è in grado di inviare la vostro richiesta. Per favore riprovare più tardi".
Telefonando direttamente alla sede centrale, risponde un sistema automatizzato. C'è una opzione Ufficio Stampa ma riporta al menu principale di “benvenuto”, come fa anche ogni altra singola opzione. E' andato avanti così tutto il giorno.
In altre parole c'è la facciata di un contatto, ma la realtà operativa è "Levati dalle palle, plebeo!"
Che cosa vuol dire se si scopre essere vero che il governo Greco ha 'invitato' una polizia anti-sommossa quasi militare fatta di personale di altre nazioni per operare in Grecia contro i propri cittadini? La polizia Greca non basta? I militari Greci non sono disposti a spaccare teste? Ci vogliono degli stranieri che lo facciano per te?
Che differenza c'è esattamente tra Eurogendfor e qualsiasi altra forza mercenaria? Il governo Greco potrebbe 'invitare' qualsiasi esercito privato. Non importa come inquadrare Eurogendfor, la realtà è che il popolo Greco non ha votato a favore di questo trattato e di certo non gli è stato chiesto se è d'accordo che delle forze straniere quasi militari possano operare in Grecia. Se questa storia si rivela essere vera, allora significa che il governo Greco, come tutti i governi nel corso della storia che hanno perso ogni legittimità con la loro stessa gente, cerca il sostegno militare di forze esterne con cui reprimere il proprio popolo. Una volta vista in questo modo, alla fine entra in gioco la parola tirannia. E questa parola ha conseguenze estremamente gravi.
Facciamo un passo indietro. I tagli in Grecia sono intimamente legati con il salvataggio delle banche Francesi e Tedesche, nonché con i proprietari Greci delle banche Greche. Il popolo Greco sta manifestando da mesi contro il “salvataggio”. Il governo Greco ha ignorato il suo popolo e ha scelto di eseguire gli ordini delle élites della UE, del FMI, della BCE e della maggior parte di tutte le banche a livello globale.
Ora si presume che una forza anti-sommossa militarizzata non-Greca potrebbe essere arrivata per imporre l'austerità. Quali ordini stanno davvero eseguendo? Gli interessi di chi starebbero servendo? Forse delle banche? La classe finanziaria ha ormai un proprio personale di polizia anti-sommossa da spedire ovunque la gente tenti di sfidarla, e dove la polizia locale può non essere abbastanza 'affidabile' al servizio degli interessi sovra-nazionali delle banche?
Naturalmente questo non è il ruolo per cui Eurogendfor è stato istituito. Lo so. Ma comunque è questo il modo in cui funziona in realtà?
Continuerò a cercare di parlare con chiunque a Eurogendfor, e vi farò sapere se mai si degnano di accettare una e-mail o rispondere al telefono. Non trattenete il respiro. Chi sono io, dopo tutto? Solo un cittadino, e cosa conta di questi tempi?

Cittadino? Nel nuovo ordine o sei titolare di un bond, o non sei nessuno.
David Malone, l'autore del blog, è documentarista della BBC e autore del libro Debt Generation

mercoledì 19 ottobre 2011

"CONVERTITEVI, UN GIORNO VERRA' IL GIUDIZIO DI DIO! DIO HA DETTO NON UCCIDERE!". CI SONO MOLTI MODI PER UCCIDERE LE PERSONE.....

"Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può l'uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. [...] Nel nome di Cristo […], mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!".



Dal vangelo di oggi 19.10.11

Vangelo   Lc 12, 39-48 

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto. 

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».

Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.

Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.

A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».  

EQUITALIA CAUSA DI MORTE IN ITALIA....SEGUITE LE STORIE DEI PICCOLI IMPRENDITORI SUL SITO DI ICR.......

una brutta storia,Sandro .................

Pubblicato da ICR su ottobre 15, 2011

Maria detto

ottobre 15, 2011 a 11:46
Mio padre Sandro aveva solo 51 anni mi ha lasciato venerdi mattina,

ora solo una cosa devo fare ,

giustizia prima che altre persone come lui cadano nelle grinfie atroci di questa gente ,a costo di rimetterci anche la mia vita ,
faro’ saltare in aria questo ufficio che l’ha distrutto ,e che mi ha portato via una persona onesta e buona ,voi non immaginate la rabbia che ho dentro ,
e’ come un vulcano che deve esplodere .
Buongiorno,

sono Maria ,la figlia di Sandro ,aprendo le sue mail ho trovato che era in contatto con voi ,Mio padre e’ in rianimazione , la sua disperazione l’ha portato a somministrarsi farmaci , pero’ il suo cuore essendo gia’ debole e stanco ha subito un’infarto abbastanza grave , i medici ancora non si pronunciano in merito alla sua ripresa , sono inesperta di queste cose e soprattutto di cosa sia Equitalia , ma se l’ha ridotto cosi’ vuol dire che la sua era una brutta situazione , vi ringrazio perche’ ho visto che voi avete cercato di aiutarlo ,spero solo che si salvi e che riapra gli occhi ,un’altro papa’ come lui ,che nella sua vita ha fatto solo grandi sacrifici ,non voglio perderlo , gia’ ho perso la mamma in tre mesi un brutto male se l’e’ portata via e come vedete la vita non riserva mai belle cose,Grazie a voi tutti .




APPROFONDISCI: LA SOLIDARIETA' DEI COLLEGHI SUL SITO DI IMPRESE CHE RESTISTONO

martedì 18 ottobre 2011

I COPTI IN EGITTO, PERCHE' IL MONDO OCCIDENTALE IGNORA LA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI??





Tarek Heggy

di Tarek Heggy
12-10-2011


L'autore [nella foto], noto intellettuale egiziano amante della libertà vera per tutti, è da sempre uno dei più strenui difensori della minoranza copta. Questo suo testo, scritto originariamente nel 2007, è ancora attualissimo. E profetico.
Se fossi un copto infrangerei i cieli d’Egitto e del mondo con le mie grida denunciando il clima di oppressione in cui i Copti egiziani vivono oggi.
Se fossi un copto comunicherei al mondo intero le ingiustizie che molti copti hanno subito a partire dal 1952 e hanno impedito loro di occupare ruoli amministrativi e politici che meritano.
Se fossi un copto griderei con tutto il fiato in gola contro le enormi ingiustizie che fanno sì che io paghi tasse che vengono poi versate dallo Stato ad al-Azhar che non ammette i copti in nessuna facoltà.
Se fossi un copto esprimerei tutta la mia rabbia perché devo pagare tasse usate per costruire decine di moschee quando lo Stato egiziano non ha mai pagato una lira per la costruzione di una sola chiesa a partire dal 1952, con l’unica eccezione di una donazione attuata 40 anni fa dal Presidente Nasser per la costruzione della cattedrale di san Marco ad Abbaseya.
Se fossi un copto leverei la voce per l’assenza di un solo copto in molti consigli legislativi nell’Egitto contemporaneo.
Se fossi un copto scriverei un articolo dietro l’altro per descrivere il modo in cui i mezzi di informazione ignorano le mie esigenze e le feste religiose come se la popolazione copta in Egitto non esistesse.
Se fossi un copto farei sapere al mondo intero che la storia copta non è debitamente considerata nei curriculum scolastici egiziani e che lo studio della lingua araba a scuola non consiste più nello studio di testi letterari, poesie, romanzi, drammi e racconti brevi, bensì nello studio della sacra scrittura islamica che viene giustamente insegnata nelle classi con studenti musulmani.
Se fossi un copto avrei mobilitato il mondo intero per fare notare le difficoltà che i copti hanno per ottenere il permesso a costruire una chiesa [con i propri fondi non con i proventi delle tasse che loro stessi pagano].
Se fossi un copto porterei all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale i commenti oltraggiosi fatti da alcuni scrittori musulmani sui copti, quali il loro convincimento che i copti non devono assumere il governo pubblico, che devono pagare la gizya e che non devono servire nell’esercito. Tradurrei gli scritti oscurantisti quali il testo assurdo del Dr. Mohamed Emara, finanziato da al-Azhar, il cui finanziamento proviene dalle entrate fiscale, comprese quelle pagate dai copti, che sono vilipesi in libri pubblicati a spese dello stato.
Se fossi un copto avvierei una campagna sia interna sia esterna in cui si chiede l’eliminazione della voce "religione" dalla carta d’identità egiziana. Perché mai una persona che vuole a vere a che fare con me deve sapere la mia religione?
Se fossi un copto avvierei una campagna contro la burocrazia egiziana che ha consentito alla legge dello statuto personale per non musulmani di restare chiusa in un cassette per quasi un quarto di secolo, facendo sì che i copti la chiamino scherzosamente la legge del disastro personale invece di legge dello statuto personale (in arabo statuto si dice ahwal, ma se la lettera h viene pronunciata gutturalmente il significato diventa disastro).
Se fossi un copto farei sapere al mondo intero che la questione copta in Egitto è solo una delle manifestazioni di una forma mentale che è diffusa in questa regione del mondo e chiamerei l’umanità intera a costringerla a ritornare sui propri passi e abbandonare questo cammino oscuro e pericoloso.

Traduzione dall’arabo di Valentina Colombo.

Il testo è stato raccolto nel volume di Tarek Heggy, 
Le prigioni della mente araba, trad. it., Marietti, Milano 2010.



Persecuzioni contro i Cristiani in Egitto

di Elisabetta Galeffi 11-10-2011
«Il militare che giaceva a terra e che diceva che sono stati i copti a iniziare gli scontri» - quelli che il 9 ottobre  hanno causato la morte di 24 cristiani copti e il ferimento di altri 200 per le strade de Il Cairo -, «quel militare mentiva. A sparare per primo sulla manifestazione dei cristiani è stato l’esercito. Nella capitale egiziana tutti lo sanno e lo dicono. La televisione di Stato ha trasmesso un’intervista taroccata: anche i musulmani onesti lo pensano». A parlare è una vecchia conoscenza cairota, un funzionario di una società commerciale internazionale, buona cultura e ottima conoscenza - anche per motivi di lavoro - degli attuali problemi del Paese. Chiede di restare anonimo e avvisa che d’ora in poi comunicare con lui diventerà più difficile: è infatti un egiziano cristiano di rito copto e quindi ha paura.

Alla manifestazione lui non è andato. Vi si era invece recata la sorella con due dei suoi figli. «Oggi anche andare a protestare pacificamente per le strade de Il Cairo è una follia - commenta -, non un atto di coraggio. Perché ormai le strade della città non sono più sicure per nessuno, nemmeno per i musulmani. Ci sono molte persone che non hanno più né cervello né un minimo di coscienza, e gente del tutto normale gira per le strade armata».

«Le strade sono infestate da vagabondi e delinquenti», precisa. «Solo loro adesso si muovono liberamente. Stamattina ho preso il taxi di un amico musulmano e lui mi ha raccontato che i suoi figli hanno paura ad andare a scuola la mattina».

La fine di Hosni Mubarak non c’entra nulla con questa escalation di terrore, il germe dell’odio non trovava ostacoli neppure sotto il regime dell’ultimo “faraone” d’Egitto. Il nostro amico è sicuro di quanto sostiene. Il numero dei musulmani estremisti è cresciuto con l’aumento della povertà e della corruzione del Paese, e sono questi i motivi per cui Mubarak e la sua famiglia hanno perso il potere. Le violenze contro i copti erano già una vera e propria persecuzione di una minoranza religiosa prima della rivoluzione del 25 gennaio; e non per motivi religiosi, ma solo di potere e di denaro.

«Le masse, cioè i poveri spiantati e vagabondi, musulmani o no che siano ma senza cultura, per due soldi sono pronti a commettere qualsiasi reato gli si chieda», aggiunge. «Anche  le truppe dell’esercito sono sottopagate. Far fuoco su chi si desidera eliminare dalla nostra società è per loro un modo di sopravvivere grazie a qualche extra. Non è un problema di religione», insiste; «È solo una questione di potere. In genere i copti sono un segmento della società egiziana più colta, con un lavoro migliore».

Insomma, in Egitto starebbe ripetendosi per i copti quanto già successo agli ebrei in Europa o agli armeni in Turchia. La religione è una scusa utile a colpire una minoranza, che ha fatto strada nella società in cui vive da secoli. In più, nell’Egitto di oggi i copti sono una minoranza liberale, che vuole una democrazia capace,  dopo “rivoluzione”, di assicurare, finalmente, uno Stato di diritto per tutti i cittadini senza eccezioni.

«Credo - dice - che queste sommosse mirino, anzitutto, a far fallire le prossime elezioni politiche, fissate per il 28 novembre. Ci sono estremisti religiosi che sono contro tutti, persino contro alcuni dei loro correligionari. Per questo le maggiori autorità del mondo musulmano egiziano non smettono di richiamare i propri fedeli all’unità. Adesso la festa del venerdì è chiamata festa dell’unità dei musulmani».

Ora il nostro interlocutore è un fiume in piena. Racconta di come lo stesso ambiente salafita - che per i cronisti occidentali costituisce già, da sempre, la frangia più estrema dell’ultrafondamentalismo musulmano – vi sarebbe chi cerca di dare vita a nuclei ancora più fanatici animati da visione dell’islam letteralmente insensata e folle. «Ci sono – specifica - musulmani che credono che anche solo vestirsi all’occidentale sia un peccato da perseguire e così girano per i piccoli villaggi dell’Egitto, dove sono tutti poverissimi, e fomentano l’odio. Avete mai visto quegli uomini che hanno una macchia nera nel centro della fronte? Sono quelli  che pregano sbattendo continuamente la testa contro un sasso o una parete dura, fino a che non gli rimane il segno, indelebile, degli urti. Dimostrano così la loro devozione».

E ancora: «Durante la manifestazione, all’inizio della sparatoria, mia sorella è riuscita a rifugiarsi dentro il primo albergo che ha trovato. Vi è rimasta fino a notte, riuscendo poi a tornare a casa. Questi estremisti rifiutano la libertà e combattono per impedire agli egiziani di raggiungerla. E i recenti episodi di sangue dimostrano quanto, nell’esercito e nei vertice del potere egiziano attuale, come però avveniva pure sotto Mubarak, vi siano molte forze e molti denari che non vogliono una svolta di libertà per il nostro Paese».

L’intellettuale egiziano Tarek Heggy, intervistato da La Bussola Quotidiana qualche mese fa, sostiene la medesima cosa nel suo libro Le prigioni delle menti arabe (Marietti, Milano 2010): la guerra di religione in Egitto avrebbe aumentato i propri proseliti con l’arrivo dei petroldollari, esattamente come in molti altri Paesi mediorientali.

ANTONIO SOCCI, DOMENICA LE SUE PERPLESSITA', OGGI LA SUA GIOIA SULL'ESITO DEL CONVEGNO A TODI !!!

Confusione da Todi

di Antonio Socci 18 ottobre 2011
Il Corriere della sera è stato folgorato sulla via di Bagnasco? O è il salotto radicalbancario milanese che sta provando ad annettersi il mondo cattolico in vista del riassetto dei poteri post-berlusconiano?
Partiamo da due fatti singolari.
Primo. Lo spropositato rilievo che il giornale di via Solferino sta dando al gruppetto che si riunirà a Todi lunedì 17 ottobre. Secondo: il fatto che a “catechizzare” i cattolici di Todi siano stati chiamati proprio il direttore del “Corriere” Ferruccio de Bortoli e il primo editorialista Ernesto Galli della Loggia.
Conosco entrambi e li stimo, sono persone intelligenti, ma appartengono a un’altra storia. Come se non bastasse è stato invitato ad intervenire pure Corrado Passera, di Banca Intesa, che del “Corriere” è editore.
Con tutto il rispetto: che “c’azzeccano” col mondo cattolico?  Sono diventati i nuovi “dottori della Chiesa” oppure ciò che sta accadendo a Todi è il segno del ritorno alla subalternità culturale dei cattolici?
Sarebbe una subalternità (ai salotti corriereschi) analoga a quella che negli anni Settanta i caporali cattolici ebbero verso la Sinistra marxista, che solo il travolgente pontificato di papa Wojtyla, insieme a pochi movimenti cattolici, poté spazzare via. LEGGI TUTTO






Viva Bagnasco! Noi seguiamo il Signore, non “lorsignori” del Corrierone

di Antonio Socci 16 ottobre 2011




Domenica scorsa, su queste colonne, ho spiegato come fosse in corso – al convegno delle associazioni cattoliche a Todi – un tentativo di “colonizzazione”  del mondo cristiano da parte degli ambienti del “Corriere”, presenti in forze a quel simposio non solo col direttore Ferruccio de Bortoli, ma pure con il banchiere-editore Corrado Passera e con l’editorialista Galli della Loggia.
In quell’articolo ho messo in guardia i movimenti cattolici e la Chiesa italiana dal rischio di una rovinosa subalternità culturale e politica a strategie e ambienti – quelli del Corriere – che negli ultimi anni sono stati i più viscerali avversari della Chiesa italiana guidata dal cardinale Ruini sulla via tracciata da papa Wojtyla e papa Ratzinger.
De Bortoli – invece di smarcarsi da questa mia “ricostruzione” dei piani corriereschi – ieri l’ha confermata in pieno ed è andato spericolatamente oltre (troppa grazia!).
Ha infatti firmato un editoriale nel quale lui, che è laico (“noi laici”, dice), si è improvvisato pontefice, presentandosi a Todi nei panni di papa Ferruccio I, nientemeno con la pretesa che la Chiesa italiana sconfessasse il cardinale Ruini e ribaltasse la sua linea, costruita sul magistero di due papi (quelli veri).
Un errore strategico plateale (Paolo Mieli, che è molto più navigato e accorto, probabilmente non l’avrebbe commesso).
De Bortoli ha voluto addirittura disegnare per la Chiesa italiana una “nuova missione” (testuale). Perfino il titolo suonava così: “La missione dei cattolici”.
Forse il direttore del Corrierone ignora che tale missione è già stata definita duemila anni fa, da Qualcuno un po’ più titolato di lui. Che De Bortoli – dopo Ruini e il Papa – volesse scalzare pure nostro Signore?  LEGGI TUTTO

martedì 11 ottobre 2011

VULCANI.......

Spagna: eruzione vulcano sottomarino

Vicino all'isola di Hierro, nell'arcipelago delle Canarie

10 ottobre, 19:57
Spagna: eruzione vulcano sottomarino
(ANSA) - MADRID, 10 OTT - Un'eruzione vulcanica sottomarina e' in corso a cinque chilometri dall'isola di Hierro (arcipelago spagnolo delle Canarie): da tre mesi qui si registrano scosse telluriche ma le autorita' locali affermano che non vi saranno conseguenze per la localita' turistica. ''Stanotte abbiamo registrato l'inizio di un processo eruttivo - ha dichiarato un esperto ora sul posto per sorvegliare il vulcano - Non c'e' alcuna manifestazione visibile, solo gli strumenti la indicano''. (ANSA).

PER LA VERITA', LESSI SU BLOGGERS INDIPENDENTI CHE SI TRATTAVA DI "CRISI SISTEMICA" OLTRE TRE ANNI ORSONO.....

Bce: Allarme Trichet, La Crisi Ha Dimensioni Sistemiche (Il Punto)

martedì, 11 ottobre 2011 - 15:46
(ASCA) - Roma, 11 ott - La crisi finanziaria ha ''raggiunto dimensioni sistemiche''. L'allarme arriva dal presidente della Bce Jean-Claude Trichet, parlando all'Europarlameto in veste di presidente del comitato europeo per il rischio sistemico, poco prima che la troika (Bce, Fmi e Commissione Europea) comunicasse la fine della missione ad Atene con un documento che certifica il peggioramento della situazione dei conti pubblici e dell'economia greca. Comunque la nuova tranche di aiuti da 8 miliardi al governo ellenico potra' essere erogata verosimilmente a inizio novembre. In uno dei sui ultimi interventi da presidente della Bce, Trichet ha tratteggiato un quadro preoccupante della crisi ''che e' globale ma ha il suo epicentro in Europa''. Nelle ultime tre settimane la situazione e' ''peggiorata'' e l'elevata interconnessione dei mercati finanziari ha ''aumentato i rischi di contagio'', ha indicato il numero uno dell'Eurotower e per superare la crisi e' ''necessario che tutte le autorita' agiscano all'unisono per favorire la stabilita' finanziaria''. Trichet non e' preoccupato per lo slittamento del vertice europeo. ''Cio' che conta sono decisioni efficaci'' sulla crisi del debito e sulla ricapitalizzazione delle banche. Trichet comunque si toglie qualche sassolino dalla scarpa. ''Da tempo ammonisco i governi, ho lanciato molti moniti ma molti governi mi hanni criticato dicendo che la situazione non era cosi' grave''. ''La Bce non si e' mai autocompiaciuta. Non abbiamo mai dormito sugli allori''. Nell'intervento del banchiere torna spesso il dossier delle banche. LEGGI TUTTO

giovedì 6 ottobre 2011

ECCO,QUESTO E' PARLAR CHIARO: "L'ABORTO NON E' UN DIRITTO"



Il palazzo dell'ONU

di Marco Respinti
06-10-2011


 
Non esiste il diritto internazionale all’aborto. Nei trattati delel Nazioni Unite non c'è. C’è solo nelle parole del Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon e nelle voglie della potente lobby neomalthusiana internazionale che sul punto gli dà corda. Per questo oggi, 6 ottobre, al Dag Hammarskjold Auditorium del Palazzo di Vetro, a New York, viene presentato un documento di capitale importanza che riafferma e proclama il diritto alla vita di ogni essere umano in qualsiasi parte del mondo sia destinato a nascere così come sancito proprio dall'organismo che li riunisce tutti.

Sintetico, preciso, militante, il documento è stato ideato per rispondere pan per focaccia alla "cultura di morte" che oramai si è impossessata in maniera esplicita anche dei vertici degli organismi internazionali, anzitutto le Nazioni Unite. Si chiama San José Articles (perché a San José, in Costa Rica, è attiva l’Inter-American Commission on Human Rights che, con il gemello Inter-American Court of Human Rights, opera virtuosamente per il diritto alla vita) e senza esitazioni afferma l’umanità scientificamente attestata del concepito, sottolinea che pure i bambini non ancora nati sono già coperti dai trattati dell’ONU garanti dei diritti umani proprio perché esseri umani, sfida apertamente gli organismi che sostengono che l’aborto è un diritto internazionale a darne prova a norma di legge e invita altresì i governi a utilizzare positivamente i documenti dell’ONU per il fine esattamente contrario, vale a dire proteggere la vita umana nascente da chi cerca di adulterarli con l'aborto.

Uno dei cavalli di battaglia strategici di tutto il mondo pro-life è infatti il potere (ancora) rispondere a chi sostiene quel che oggi sostiene apertamente Ban Ki-Moon che nessun documento delle Nazioni Unite presenta l’aborto come un diritto della persona da sostenere e da promuovere, una conquista sociale, una ricetta per il bene comune o un grimaldello per scardinare le legislazioni nazionali vigenti. Chi dà retta a queste sirene, sbaglia, dicono i firmatari dei San José Articles, e compie abusi enormi in nome delle (troppe) carte prodotte dall’ONU laddove dette carte, per farraginose e magari volutamente confuse che siano, non li autorizzano affatto a farlo. Talora ciò avviene per ignoranza (anche ai vertici delle istituzioni giuridiche e politiche di certi Paesi), talaltra per malizia di certe organizzazioni non-governative ispiratrici e complici, ma è così che alcuni governi finiscono per ribaltare le proprie legislazioni onde accogliere un "diritto all’aborto" che sarebbe intimato dall’ONU ma che in verità così proprio non è.

Certo, l’assenza di tale esplicito "diritto" nei documenti dell’ONU non evita che l’aborto venga comunque smerciato sottobanco da troppi comprimari attraverso l’interpretazione inclusiva di linguaggi intenzionalmente ambigui ("salute riproduttiva", "diritti sessuali"), ma se non altro l’assenza di quella provvisione permette di ritorcere palmo a palmo l’arma della neolingua di orwelliana memoria contro i suoi stessi fabbricatori.

Nessun "colpo di Stato" interpretativo di alcun Segretario Generale - questo è ciò che sostengono oggi ipro-lifer proprio in casa di Ban Ki-Moon - può dunque manipolare i documenti pubblici internazionali voluti dal concerto delle nazioni del mondo.


San Jose Articles sono del resto il fior da fiore della filosofia, della giurisprudenza e della politicapro-life. Al loro testo ha messo mano in primis Robert P. George, docente di diritto nell’Università di Princeton, "padre" di quella Dichiarazione di Manhattan che oramai è un importantissimo movimento internazionale, "filosofo di riferimento" della galassia antiabortista e già consigliere per la bioetica di George W. Bush jr.. In Italia lo si conosce per il suo recente Il diritto naturale nell’età del pluralismo (trad. it., Lindau, Torino 2011). Nell’opera di stesura dei San José Articles lo hanno quindi coadiuvato l’ambasciatore Grover Joseph Rees III, nonché Paolo G. Carozza e O. Carter Snead, entrambi docenti alla Law School dell’Università Notre Dame di South Bend, nell’Indiana, il primo tra l’altro già presidente dell’Inter-American Commission on Human Rights di San José in Costa Rica. Quindi l’opera di cesellamento del documento è passata attraverso il rigore di una trentina di esperti tra diritto internazionale, sanità e amministrazione pubblica di tutto il mondo, fra i quali  David Alton della Camera dei Lord, Nicholas Windsor (il rampollo della famiglia reale britannica noto per essersi convertito al cattolicesimo e avere così messo costituzionalmente fine a qualsiasi sogno di salire al trono potesse mai accarezzare), il noto filosofo giusnaturalista John Finnis docente a Oxford, il Superiore Generale dei Knights of Columbus Carl Anderson e Giuseppe Banegiano, italiano, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Nelle prossime settimane i San Jose Articles verranno presentati ufficialmente in sedi politiche e istituzionali a Londra, Madrid, Santiago del Cile, Buenos Aires, San José di Costa Rica, Calgary in Canada, Washington, Manila, Strasburgo (una delle sedi di lavoro del Parlamento Europeo) e pure Roma.

Probabilmente si tratta della mozione che più apertamente di ogni altro testo finora varato a livello internazionale dal mondo pro-life sfida sul loro stesso terreno e attraverso i loro stessi strumenti di azione (i documenti da esse prodotti) le organizzazioni internazionali statutariamente nate e impegnate nella difesa della pace nel mondo e nella tutela dei diritti umani per tutti. Ovvero: se l’ONU volesse confutarne i contenuti, si sconfesserebbe da sé. 

I FIGLI SONO "TESORI" DI MAMMA E PAPA' MA OGGI PIU' CHE MAI SONO UN "BENE" PUBBLICO!!!

ITALIA: CALO DEMOGRAFICO


Prima che sia troppo tardi



Il Rapporto-proposta curato dal Comitato per il progetto culturale Cei




Oggi pomeriggio viene presentato a Roma il volume “Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia” (Editori Laterza), a cura del Comitato per il progetto culturale della Cei, presieduto dal card. Camillo Ruini. Anticipiamo alcuni passaggi della prefazione a cura del card. Camillo Ruini e una sintesi del Rapporto-proposta.



Analisi quantitativa e motivazioni. Nel Rapporto-proposta, ricorda il card. Camillo Ruini nella prefazione del volume, “vengono presi in attento esame la diminuzione delle nascite e i mutamenti delle strutture familiari, la sconfitta della mortalità precoce e l’invecchiamento della popolazione, le conseguenze demografiche dell’aborto, il ritardo nel passaggio all’età adulta, la disoccupazione giovanile e le difficoltà delle giovani famiglie e di quelle numerose, in particolare la fatica delle donne nel conciliare cura dei figli e lavoro”. Si affronta anche “il tema del rapido aumento dell’immigrazione, con la sua incidenza ma anche con i suoi limiti nel contrastare il declino demografico dell’Italia”. Per ciascuno di questi sviluppi “l’analisi quantitativa è accompagnata dall’indagine sulle motivazioni, sia socio-economiche sia culturali e ‘simboliche’”.



Proposte concrete. L’intento principale del Rapporto-proposta è presentare proposte, anche “molto concrete”, che “sembrano in grado di poter correggere, più o meno profondamente, il declino demografico in atto in Italia ormai da alcuni decenni”. “Non ci si nasconde – ammette il cardinale – la grandissima difficoltà e i possibili rischi di un simile compito, ma non lo si ritiene a priori irrealizzabile. Il confronto con altre nazioni non troppo dissimili da noi – come in particolare la Francia –, che si sono mostrate in grado di affrontarlo, aiuta a non cedere alla rassegnazione, sebbene il Rapporto-proposta non trascuri di mettere in luce le profonde differenze tra le due situazioni italiana e francese”. Per il card. Ruini, “rimane in ogni caso la certezza che, se non si pone rimedio al declino demografico, l’Italia, già nel medio periodo, non potrà far fronte utilmente ad alcuna delle altre impegnative sfide che stanno davanti a lei”.



Due ordini di fattori. Il Rapporto-proposta individua due ordini di fattori capaci d’influire sull’andamento delle nascite. Il primo, spiega il porporato, “è costituito dagli interventi pubblici, cioè da una serie organica di provvedimenti di lungo periodo rivolti non a premere sulle coppie perché mettano al mondo dei figli che non desiderano, bensì semplicemente ad eliminare le difficoltà sociali ed economiche che ostacolano la realizzazione dell’obiettivo di avere i figli che esse vorrebbero. Giustificare una politica di questo genere è abbastanza facile: i figli, o le nuove generazioni, sono una necessità essenziale per il corpo sociale e quindi rappresentano un bene pubblico, e non soltanto un bene privato dei loro genitori”. Il secondo ordine di fattori si colloca “a un livello più profondo, quello delle mentalità, degli insiemi di rappresentazioni e sentimenti, in altre parole dei vissuti personali e familiari e della cultura sociale, che influiscono potentemente sui comportamenti demografici”. Tra questi due ordini di fattori, sottolinea il cardinale, “il secondo appare quello maggiormente decisivo per le scelte concrete delle coppie, ma anche il primo è necessario, perché senza di esso il desiderio di procreare spesso non si traduce in comportamenti conseguenti. I due ordini di fattori sono quindi interdipendenti e non vanno separati l’uno dall’altro”.



Ritardi e vantaggi. Quanto al primo ordine di fattori, secondo il card. Ruini, “l’Italia è certamente in grave ritardo, un ritardo da riparare iniziando subito col mettere in campo un impegno adeguato alla posta in gioco e molto prolungato nel tempo”. Riguardo al secondo ordine di fattori, “l’Italia ha invece due vantaggi potenziali, che finora non hanno potuto produrre i loro effetti soprattutto per la carenza – e talvolta perfino la contrarietà – degli interventi pubblici. Mi riferisco alla perdurante solidarietà interna e rilevanza sociale delle famiglie italiane, rispetto alle situazioni prevalenti negli altri Paesi europei, e al desiderio di figli, che in Italia rimane alto”. Perciò, conclude il porporato, “se vogliamo superare progressivamente la crisi della natalità e ridare al Paese una non effimera prospettiva di crescita, dobbiamo guardare in maniera positiva a queste specificità dell’Italia”.



Struttura dell’opera. Il volume si articola in tre capitoli. Il primo è orientato a fornire una oggettiva lettura del cambiamento, attraverso l’analisi della dinamica dei fenomeni demografici e delle trasformazioni strutturali della popolazione e delle famiglie, mentre nel secondo ci si spinge alla riflessione sulle sue cause e sulle relative conseguenze di ordine economico e socio-culturale. Il terzo capitolo apre la via al difficile terreno delle proposte e affronta la questione del governo del cambiamento demografico. In tale ambito si prospettano indirizzi e azioni di politica demografica, con i necessari riferimenti alle specifiche aree di attenzione e il richiamo al tema delle politiche familiari e di conciliazione; non solo come strumento di equità e come doveroso riconoscimento sul piano dei diritti individuali, ma ancor più come strategia efficace e funzionale nel contrasto delle prospettive di regresso demografico.


Come invertire la rotta?
La ricerca di nuovi equilibri in una società che invecchia
“La ricerca di nuovi equilibri in una società che invecchia” richiede azioni politiche che mettano ancora una volta “al centro la famiglia e le scelte che ne accompagnano i processi di formazione e di sviluppo”. Sono le conclusioni cui pervengono gli autori de “Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia” (Laterza, Bari-Roma 2011), curato dal Comitato per il progetto culturale della Cei (www.progettoculturale.it) e presentato oggi (5 ottobre) a Roma. Al volume, con prefazione a firma del card. Camillo Ruini, presidente del Comitato, hanno lavorato demografi e studiosi di diverse discipline, i quali aggiungono: “Occorre diffondere una nuova mentalità che renda più generativa ed equa la società italiana”, preoccupandosi “dell’ecologia umana, cioè del rispetto di quelle forme sociali di vita che rendono dignitosa la nascita dei figli e la possibilità di allevarli ed educarli in un contesto che non ha sostituti o equivalenti funzionali: il contesto familiare”. A tale fine “dobbiamo però rivedere il concetto di sostenibilità e includere in esso le relazioni umane e sociali, che rendono la popolazione non soltanto numericamente equilibrata, ma anche socialmente coesa e giusta nelle relazioni fra i sessi e fra le generazioni”.



Cambiamenti e nodi critici. Suddiviso in tre parti, il Rapporto prende il via dalla convinzione che “l’incuria italiana degli ultimi quarant’anni nei confronti del problema demografico” abbia “prodotto gravissimi danni sociali, economici e politici”. La prima sezione, corredata da tabelle e grafici, ripercorre il cammino demografico nel nostro Paese, dove da molti anni nascono meno di 600 mila bambini l’anno (561.944 nel 2010, secondo l’Istat, dato in progressivo calo dagli anni Settanta quando toccava i 900 mila), 150 mila in meno di quanto sarebbe necessario “solo per garantire” nel tempo “l’attuale dimensione demografica”, mentre la fecondità “si è attestata attorno alla media di 1,4 figli per donna”. La seconda parte offre una riflessione sui cambiamenti e i principali nodi critici, tra cui l’allungamento della vita, la convivenza con gli oltre 5 milioni di immigrati, le difficoltà dei giovani adulti a raggiungere l’autonomia e il disagio per dover rimanere ancora in famiglia, le conseguenze della Legge 194 e l’influenza dei media sulla società. L’ultima è dedicata alle proposte e alle azioni e politiche sociali per governare questi mutamenti.



Protagonista la famiglia. Gli autori della ricerca ritengono che nonostante la diffusa concezione antropologica che privilegia “un’idea individualistica della persona umana” e “relega nell’ambito del privato tutto ciò che appartiene agli affetti, alla sessualità, alla filiazione e alla famiglia”, dietro “alle grandi trasformazioni demografiche” ci sia “una vera grande protagonista: la famiglia” nella quale “si concretizza il risultato dei comportamenti riproduttivi della popolazione italiana”. Proprio “nelle difficoltà familiari” trova “normalmente ragione il divario” di cui il rapporto dà conto “tra la fecondità voluta – gli oltre due figli che le madri vorrebbero – e quella di fatto realizzata, i circa 1,3-1,4 figli per donna”. Quanto al “rallentamento dei processi di formazione di nuove coppie – dagli oltre 400 mila matrimoni degli anni Settanta agli attuali poco più di 200 mila”, esso “va di pari passo” con il “diffuso prolungamento della permanenza dei giovani adulti nella casa dei genitori”, l’innalzamento “oltre i 30 anni dell’età media al primo matrimonio, sino al rinvio delle scelte procreative sempre più verso la soglia dei 40 anni”.



L’allarme invecchiamento. Tuttavia, secondo gli studiosi, “il grande fenomeno che fa da sfondo al panorama del cambiamento demografico nell’Italia del XXI secolo” resta quello dell’invecchiamento della popolazione: “la transizione dal sorpasso (già realizzato) tra nonni e nipoti a quello (in un futuro non così lontano) tra bisnonni e pronipoti”. Un aspetto che “suscita molto allarme” per la tenuta del sistema di welfare, la salvaguardia del sistema produttivo e “la capacità di garantire una pacifica convivenza sociale”. Definendo “selettive e frammentate” le misure fino ad oggi adottate in Italia per sostenere la natalità, il Rapporto afferma che “la misura più significativa in tal senso” è “l’equità fiscale”, intesa come “modalità strutturale di trattamento equo della famiglia sotto il profilo del reddito effettivamente spendibile dai suoi membri”. Di qui la proposta di adottare il quoziente familiare, oppure il “fattore famiglia” con la determinazione di una “no tax area”. Si devono inoltre “potenziare i servizi di qualità per la primissima infanzia”, in particolare i nidi, e valorizzare il ruolo dei consultori. Ma occorre soprattutto “un piano nazionale per la famiglia” con “carattere sussidiario”, oltre ad “una strategia dinamica e di lunga durata che la collochi al centro della società” come “una dimensione di tutte le politiche sociali, economiche, educative”. Una sorta di family mainstreaming, per il quale gli autori della ricerca invitano inoltre a conciliare famiglia e lavoro e a elaborare adeguate politiche abitative.