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domenica 18 luglio 2010

DONNE, QUELLO CHE CREDETE UN DIRITTO CALPESTA IL DIRITTO DEL PIU' DEBOLE, VOSTRO FIGLIO! GUARDATELO A 3 MESI PRIMA DI ABORTIRE!!


un figlio a tre mesi !!! NON UN FETO, UN FIGLIO !!!!!



14.07.2010
Ru486: ecco le regole.Ora tocca alle Regioni 



Da ieri sono sui tavoli dei governatori le linee guida del ministero sull’uso della pillola abortiva nel nostro Paese. Punto nevralgico il regime di ricovero ordinario, auspicato anche dal Css. Roccella: «Tutti chiamati a tutelare la salute delle donne» 



LA DIFESA DELLA VITA


14.07.2010 DA ROMA PIER LUIGI FORNARI 



Procedura abortiva della Ru486 interamente effettuata in ospedale. Lo prevedono le linee guida del ministero delle Salute, da ieri sui tavoli dei governatori e degli assessori alla sanità delle regioni. Nell’illustrarle il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, ha sottolineato che uno dei due capisaldi su cui si basano le indicazioni del suo discastero è il parere inviato dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi alla commissione europea. Un pronunciamento che ha valore normativo «nazionale», «più alto di quello delle regioni». Quindi un termine di paragone ineludibile. Altro «binario» seguito dalle linee guida sono i tre pronunciamenti del Consiglio superiore di Sanità (Css) sull’uso della pillola abortiva nel nostro Paese.



La comunicazione inviata da Sacconi a Bruxelles a dicembre del 2009, quando come ministro del Welfare ne aveva la competenza, subordina l’immissione della pillola nel nostro Paese al rispetto della legge 194, cioè al fatto che la procedura abortiva sia interamente effettuata «in regime di ricovero ordinario nelle strutture sanitarie, in presenza di una specifica sorveglianza da parte del personale sanitario». Una presa di posizione, quella di Sacconi, che ricalcava quanto affermato già dalla commissione Sanità del Senato sulla messa in commercio del farmaco.




I tre pareri del Css hanno sottolineato inoltre che il rischio per la donna del metodo farmacologico può essere pari a quello chirurgico solo se l’intera procedura avviene in regime di ricovero ordinario, anche per «la non prevedibilità » del momento in cui avviene l’espulsione del feto. Quindi le regioni «non possono non tener conto» del fatto che si tratta dei pareri della «più autorevole istituzione sanitaria del Paese» e di un livello normativo che le travalica, quello nazionale
 di un ministro. Tra i criteri non clinici indicati dalle linee guida, c’è la competenza linguistica, e più in generale la capacità di gestire una procedura, che anche se avviene in ospedale, è in parte autogestita dalla donna. Sono da escludere, poi, si afferma, «le minori senza il consenso dei genitori », considerando che «è difficile » la loro comprensione di tutta la procedura comportata dalla pillola. Il ministero raccomanda «il consenso pienamente informato» sul fatto che l’interruzione della gravidanza potrà essere effettuata «solo in ricovero ordinario», nella maggior parte dei casi con una «durata di tre giorni, fino alla espulsione del materiale abortivo». Si devono comunicare alle donne chiaramente le altre metodiche possibili, eventuali «effetti collaterali », «eventi avversi» e complicazioni comportati dell’uso Ru486 come emorragie e infezioni. È «fortemente sconsigliata la dimissione volontaria», aggiungono le linee guida, «prima del completamento di tutta la procedura perché in tal caso l’aborto potrebbe avvenire fuori dall’ospedale e comportare rischi anche seri per la salute della donna ». Si richiede anche l’impegno «a sottoporsi alla visita ambulatoriale di controllo entro 14-21 giorni dalla dimissione».



Il ministero ha già inviato agli assessorati i moduli per uno specifico monitoraggio sull’aborto farmacologico. «Quando avremo i primi dati certi, faremo il punto – ha detto il sottosegretario –. Se si riscontrasse che questi limiti non sono stati applicati, il governo dovrà trarne le conseguenze
 ». La Roccella ha concluso esprimendo la ferma determinazione di salvaguardare quell’«alta vigilanza sociale» che caratterizza l’Italia nel contrasto dell’aborto, grazie alla convergenza di vari fattori, «orientamenti culturali, attenzione politica, capacità di intervento del volontariato, tenuta di un tessuto comunitario». Si deve evitare che la introduzione della Ru486 sia utilizzata per scardinare le tutele alla salute della donna offerte dalla legge italiana, come è avvenuto in Francia dove, dopo la introduzione della pillola, si è cambiata la normativa, diffondendo l’aborto a domicilio («à la ville»).
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SPAGNA: IN VIGORE UNA LEGGE “INCOMPATIBILE CON LA RETTA COSCIENZA MORALE”


Nota della Conferenza Episcopale di fronte alla nuova legge sull'aborto

ZI10070502 - 05/07/2010

Permalink: http://www.zenit.org/article-23078?l=italian

MADRID, lunedì, 5 luglio 2010 (ZENIT.org).- Di fronte all'entrata in vigore, questo lunedì, della nuova legge sull'aborto approvata in Spagna, la Conferenza Episcopale ha diffuso una nota in cui sottolinea che è un provvedimento “incompatibile con la retta coscienza morale” e ricorda le sue dichiarazioni precedenti sulla questione.
“Oggi entra in vigore la nuova legge sull'aborto – afferma la nota –. Bisogna ricordare che si tratta di una legge obiettivamente incompatibile con la retta coscienza morale – in particolare quella cattolica – visto che, dal punto di vista etico, peggiora la legislazione vigente” per “motivi fondamentali”.
In primo luogo, sostiene il testo, “perché considera l'eliminazione della vita dei nascituri un diritto della gestante durante le prime 14 settimane di gravidanza, lasciando praticamente senza alcuna protezione queste vite umane, proprio nel periodo in cui si verifica la grande maggioranza degli aborti”.
In secondo luogo, aggiunge, “perché stabilisce un concetto di salute così ambiguo che equivale all'introduzione delle cosiddette indicazioni sociale ed eugenetica come giustificazione legale dell'aborto”.
In terzo luogo, “perché impone nel sistema educativo obbligatorio l'ideologia abortista e 'di genere'”.
Questi e altri motivi sono già stati spiegati dalla Commissione Permanente della Conferenza Episcopale nella sua Dichiarazione del 17 giugno 2009, che l'Assemblea Plenaria ha fatto espressamente sua nel comunicato finale del 27 novembre 2009.
I Vescovi concludono la dichiarazione con queste parole: “Parliamo proprio a favore di quanti hanno il diritto di nascere e di essere accolti dai genitori con amore; parliamo a favore delle madri, che hanno il diritto di ricevere un sostegno sociale e statale necessario per evitare di diventare vittime dell'aborto; parliamo a favore della libertà dei genitori e delle scuole che collaborano con loro di dare ai figli una formazione affettiva e sessuale in base a convinzioni morali che li preparino davvero ad essere genitori e ad accogliere il dono della vita; parliamo a favore di una società che ha il diritto di contare su leggi giuste che non confondano l'ingiustizia con il diritto”.
Per ulteriori informazioni, www.conferenciaepiscopal.es


Spagna: altri interventi per la sospensione della nuova legge sull'aborto

07/07/2010 10:09
Continuano le polemiche in Spagna per l'entrata in vigore ieri della nuova legge sull'aborto. Una richiesta di sospensione cautelare della legge alla Corte costituzionale viene dal Forum spagnolo della famiglia e dalla Fondazione giuridica Tommaso Moro. Tra gli obiettivi del Forum, nel prossimo futuro, come spiega il suo presidente Benigno Blanco, continuare a dare impulso alla "Red Madre", la rete di volontari che aiutano la donna in attesa per evitare gli aborti. In questo modo, sottolinea Blanco, "possiamo andare a recuperare una cultura della vita in Spagna". Inoltre, dal mese di settembre "incentiveremo con moltissima forza una campagna che ha l'obiettivo di mettere in guardia i genitori sull'indottrinamento ideologico in materia di sessualità che questa nuova legge dell'aborto vuole imporre in tutto il sistema educativo spagnolo". Malgrado le scelte del Governo spagnolo, secondo Blanco, "nella società spagnola c'è una riscoperta della cultura della vita e una consapevolezza che l'aborto è una tragedia da evitare". Infatti, prosegue, "siamo il Paese europeo dove chiaramente la coscienza della cultura della vita e il risvegliarsi dell'opposizione di fronte all'aborto sono più vivi". Rispetto al resto dell'Europa, sostiene Blanco, "siamo in questo momento la società di punta nel cambiare opinione sulla cultura della morte, che si è sviluppata in Europa negli ultimi 50 anni". Anche la Confederazione spagnola dei centri di insegnamento (Cece) boccia l'entrata in vigore della nuova legge sull'aborto, perché "si pregiudicano i diritti dei genitori e dei centri con l'inserimento (attraverso la legge) della formazione alla salute sessuale e riproduttiva nel sistema educativo". Secondo la Cece sono le famiglie che "devono decidere il tipo di educazione che desiderano dare ai propri figli, appellandosi alla loro libertà ideologica e religiosa", considerando che "la sessualità rientra nella sfera intima e personale e che è la famiglia che decide quali insegnamenti offrire ai propri figli, quando e come farlo". Inoltre,ha sottolineato che "l'imposizione" ai centri della figura degli "agenti sanitari", lascia "senza scelta" la direzione della scuola e le organizzazioni affini affinché intervengano dando una visione da un proprio ideale. La Cece, poi, ha evidenziato che i centri devono sempre educare ad una cultura della vita, per evitare che la tragedia di una gravidanza non desiderata si risolva con un'altra tragedia, l'aborto. La Cece chiede, dunque, che questa norma non entri in vigore finché non si possa assicurare che il suo sviluppo sia rispettoso con l'impegno educativo delle famiglie, il carattere proprio e l'autonomia dei centri e la professionalità dei docenti. 

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