Cerca nel blog

martedì 23 giugno 2015

L'ENCICLICA "LAUDATO SI'" ANALIZZATA DA TOMASO INVERNIZZI

tratto da http://www.leoniblog.it/

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Tomaso Invernizzi.

L’enciclica di papa Francesco si presenta come un caloroso invito a curare la terra e custodirla, e a far un uso responsabile dei beni che essa offre all’uomo, coerentemente con quanto prescritto almeno a partire dal libro della Genesi. Ben presto lo scritto del pontefice si rivela un attacco sferzato contro l’economia liberale di mercato, che sarebbe responsabile del degrado ambientale del pianeta e della povertà di tanti suoi abitanti. La lettura del testo permette di affermare che Bergoglio non fa altro che proporre come soluzione dei problemi una teoria della decrescita alla Serge Latouche[1] e l’applicazione di un principio di responsabilità come quello suggerito dal filosofo Hans Jonas ormai più di trent’anni fa.[2] Sembrerebbe che trasformare di meno, produrre di meno, consumare di meno possa aiutare ad aumentare il benessere del mondo, a ridurre la povertà e la disuguaglianza. In realtà, mostreremo come, oltre ad essere del tutto discutibili alcuni presupposti del discorso del pontefice, la direzione additata rischierebbe di condurre ad esiti del tutto opposti a quelli desiderati.

Molti sono i riferimenti alla necessità di sfruttare di meno la terra e le sue risorse. Un primo riferimento di tal genere si trova quando Francesco riporta un’indicazione del santo di Assisi che invitava a lasciare una parte dell’orto non coltivata [12]. Sembrerebbe che per affrontare il problema della povertà nel mondo non sia opportuno coltivare più terra, ma lasciarne una parte incolta! Qui emerge una contraddizione che accompagna tutta l’enciclica: da un lato l’invito a custodire la terra, ad accogliere ed apprezzare tutti gli esseri del creato, erbacce comprese, riducendo le attività di sfruttamento del suolo, dall’altro il grido contro la povertà. Basti ricordare come la rivoluzione neolitica, con l’introduzione dell’agricoltura, abbia potuto comportare un aumento della popolazione mondiale dagli 8-15 milioni di abitanti di 10.000 anni fa ai 250 milioni nel I secolo dopo Cristo; un aumento di 30 volte! Ciò dimostra quanti individui in più possa sfamare ogni metro coltivato di terra, altro che lasciare una parte dell’orto incolta.

Uno dei capitoli più rilevanti è quello dedicato ai cambiamenti climatici. Diciamo subito che il papa scrive qui:
Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico […] numerosi studi scientifici indicano che la maggior parte del riscaldamento globale degli ultimi decenni è dovuta alla grande concentrazione di gas serra emessi soprattutto a causa dell’attività umana. [23].
Va detto innanzitutto che i dati a disposizione indicano che nell’ultimo decennio la temperatura media del globo si è pressoché stabilizzata, inoltre che la causa del cosiddetto global warming sia l’azione umana è tesi controversa. Qui Bergoglio appare ideologico o poco informato sul dibattito più recente. Sappiamo che nel Medioevo le temperature erano circa quelle attuali, attorno al 1600 si è assistito a quella che i geologi chiamano una “piccola era glaciale” e negli ultimi centocinquant’anni le temperature stanno semplicemente ritornando ai valori precedenti al 1600. Al di là della constatazione che si potrebbe ritenere positivo un aumento della temperatura media del pianeta (perché no?), e quindi bisognerebbe appena dimostrare la desiderabilità del mantenimento di una temperatura costante, è completamente opinabile che la causa del riscaldamento sia antropica, di conseguenza non meriterebbero di essere nemmeno presi in considerazione gli argomenti a favore della riduzione di emissioni e quindi di consumi. Se proprio vogliamo trattare anche gli argomenti concernenti la presunta necessità di ridurre le emissioni, potrebbero valere le considerazioni portate da Francesco Ramella in un articolo de La nuova bussola quotidiana:[3] al contrario di quanto sostiene Francesco [51], non sono tanto i paesi ricchi a contribuire al riscaldamento globale con abbondanti emissioni di gas, ma i paesi in via di sviluppo. La sola Cina ogni anno aumenta la quantità di emissioni di una cifra pari al totale di quelle del Regno Unito. Nuovamente il conflitto tra ambiente e lotta alla povertà: la salvaguardia dell’ambiente comporterebbe la necessità di ridurre la crescita dei paesi emergenti.

Altri errori compaiono quando Bergoglio scrive di
effetti occupazionali delle innovazioni tecnologiche […], aumento della violenza” e che “l’orientamento dell’economia ha favorito un tipo di progresso tecnologico finalizzato a ridurre i costi di produzione in ragione della diminuzione dei posti di lavoro, che vengono sostituiti dalle macchine. È un ulteriore modo in cui l’azione dell’essere umano può volgersi contro se stesso [46], [128].
Che le macchine portino via occupazione è un’idea sbagliata che già il grande economista francese Frédéric Bastiat aveva brillantemente confutato:[4] in seguito all’invenzione, la produzione al capitalista costa di meno, ci sono meno operai occupati, ma anche più soldi risparmiati (dal capitalista se il prezzo del prodotto rimane inalterato, dai consumatori se il prezzo viene ridotto), che verranno impiegati in altri settori creando altri posti di lavoro. Inoltre costando di meno il prodotto ai consumatori, probabilmente aumenterà la sua domanda e quindi la sua produzione e quindi il numero di operai richiesti. La diminuzione dei costi di produzione è un’azione che va sempre a vantaggio di tutti i consumatori. Anche per quanto riguarda l’aumento della violenza si può facilmente argomentare contro: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità il tasso di omicidi è diminuito negli ultimi 15 anni circa di almeno il 16%; non si fatica a pensare che nel 1600 o 1700 la violenza fosse molto più diffusa e pervasiva.

Il papa continua a sostenere che “la crescita degli ultimi due secoli non ha significato in tutti i suoi aspetti un vero progresso integrale e un miglioramento della qualità della vita” [46]: egli specifica “non in tutti i suoi aspetti”, ma se guardiamo perlomeno alla ricchezza, tema che pare gli stia molto a cuore, i dati della Banca mondiale indicano che dal 1980 al 2010 la popolazione mondiale che vive in condizioni di povertà assoluta è diminuita dal 52% al 21%. Inoltre, ormai sono molti anche i dati che indicano una diminuzione della diseguaglianza economica su scala globale.[5] Nonostante ciò i paesi più ricchi sono accusati di essere responsabili della povertà di altre regioni del mondo:
una minoranza si crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile generalizzare […] i popoli in via di sviluppo, dove si trovano le risorse più importanti della biosfera, continuano ad alimentare lo sviluppo dei paesi più ricchi a prezzo del loro presente e del loro futuro […] un venti per cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere [50], [52], [95].
Come già accennato, ad essere presi di mira sono i modelli di produzione e di consumo, oltre che in generale la tecnologia (per la quale l’enciclica parla addirittura di paradigma tecnocratico dominante) e la finanza. Il papa pare non capire che proprio la tecnologia rappresenta ciò che può permettere di aumentare il numero di bocche che possono essere sfamate e di intervenire a tutela dell’ambiente. Si pensi all’energia nucleare e agli organismi geneticamente modificati, per i quali Francesco stesso mostra un certo interesse, seppur mescolato a diffidenza, specie per il loro controllo da parte di oligopoli.

Per quanto concerne i modelli di produzione e consumo, Bergoglio pare far sua la teoria della decrescita di Latouche: “è arrivata l’ora di accettare una certa decrescita” [193]. Non è accettabile sostenere che diminuire la produzione ed il consumo possano migliorare le condizioni di vita di chi oggi è povero. In molte parti del mondo le condizioni di vita sono migliorate proprio perché noi utilizziamo materie prime che provengono da quelle regioni, proprio perché produciamo delocalizzando dove la manodopera costa meno, proprio perché consumiamo velocemente e chiediamo di produrre di nuovo. La ricchezza, come i socialisti ancora non riescono a capire, non è una torta sempre delle medesime dimensioni, per cui se il soggetto X mangia una fetta più piccola, il soggetto Y può mangiarne una più grande; ma è qualcosa le cui dimensioni possono aumentare e nella storia sono aumentate già di varie volte. A questo riguardo abbiamo già citato l’aumento demografico reso possibile dall’introduzione dell’agricoltura; la rivoluzione industriale ha permesso un’ulteriore moltiplicazione della popolazione, tale per cui a partire dai 250 milioni del I secolo dopo Cristo, ormai abbiamo raggiunto i 7 miliardi, a fronte, come già indicato sopra, di una diminuzione della povertà assoluta e della disuguaglianza. Certo, si può sempre pensare, che questa volta abbiamo veramente raggiunto il plateau, e le risorse a disposizione non basteranno; nel migliore dei casi infatti l’enciclica Laudato si’ si riduce ad un’etica della responsabilità come quella auspicata dal Jonas, ossia un invito prudente ad attuare scelte che permettano la continuazione della vita del genere umano nel futuro. Tale invito però trascura l’effetto delle imprevedibili innovazioni e trasformazioni che accadono nei secoli. L’applicazione della teoria della decrescita, così come quella del principio di responsabilità di Jonas, richiedendo un rallentamento della crescita di chi più sta crescendo, danneggerebbe proprio i paesi in via di sviluppo.

La diffidenza del papa per l’economia liberale di mercato, additata di fatto come la responsabile dei mali in cui incorrerebbe il pianeta, diventa evidente quando scrive:
La cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù a causa di un debito. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi. È anche la logica interna di chi afferma: lasciamo che le forze invisibili del mercato regolino l’economia… [123].
Insomma chi crede nell’economia liberale di mercato adotterebbe la medesima logica di chi sfrutta sessualmente i bambini o abbandona gli anziani.

Tale critica al capitalismo si accompagna ad una notevole fiducia riposta nel ruolo dello stato: “Tutta la società – e in essa specialmente lo stato – ha l’obbligo di difendere e promuovere il bene comune” [157]. Qua esce alla luce il volto più statalista di Bergoglio, che si aspetta che sia l’istituzione statale ad occuparsi di difendere e promuovere il bene comune. Per risolvere i problemi che affliggono il pianeta viene auspicata da Bergoglio, sulle orme di suoi predecessori, un’Autorità politica mondiale [175], la quale dovrebbe evidentemente essere dotata di sufficiente potere coercitivo sulle altre istituzioni pubbliche. Se il dibattito politico liberale riflette sempre più sull’opportunità di dissolvere gli stati centralisti in entità statuali più piccole che possano trovarsi in una condizione di virtuosa concorrenza istituzionali, il Vaticano immagina nuove autorità politiche planetarie che possano governare l’economia mondiale, promuovere la sicurezza alimentare e la pace, garantire la salvaguardia dell’ambiente… Secondo papa Francesco il diritto pubblico dovrebbe occuparsi di “previsione e precauzione, regolamenti adeguati, vigilanza sull’applicazione delle norme, contrasto alla corruzione, azioni di controllo operativo sull’emergere di effetti non desiderati dei processi produttivi, e intervento opportuno di fronte a rischi indeterminati o potenziali” [177]. Soffermiamoci soltanto sull’opportunità che lo stato di occupi di controllare l’emergere di effetti indesiderati dei processi produttivi: chi giudica se e quanto certi effetti sono indesiderati? Quanta coercizione è necessaria per limitare tali eventuali effetti? Si considera la possibilità che effetti indesiderati possano essere prodotti proprio dall’intervento pubblico? Il discorso di Bergoglio cozza contro quanto prodotto dalla riflessione politico liberale di Hayeck, di Nozick, di Rothbard, per citare i principali autori.

Abbiamo visto come papa Francesco, partendo dal presupposto che il mondo stia andando incontro ad un gravissimo degrado ambientale, non risolvibile mantenendo i medesimi modelli di produzione e consumo, ritenendo che la parte ricca del pianeta stia esaurendo le risorse disponibili rendendo impossibile la futura generalizzazione della ricchezza, proponga una teoria della decrescita accompagnata da un approccio socialista e statalista all’interpretazione dell’economia del mercato. Con l’enciclica Laudato si’ il pensiero liberale, e aggiungerei quello scientifico, hanno un nuovo agguerritissimo avversario.
______________________
Note
Latouche S. Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.
Jonas H., Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, a cura di P.P. Portinaro, Einaudi, Torino, 1990.
Francesco Ramella scrive un efficacissimo articolo rinvenibile qui.
Bastiat F., Ciò che si vede, ciò che non si vede, a cura di Nicola Iannello, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005.
In particolare, la disuguaglianza internazionale, intesa come divario tra i redditi pro capite dei diversi paesi del mondo considerando la numerosità della popolazione, è sempre scesa negli ultimi 60 anni. Si veda per esempio Milanovic B. (2012), Global Income Inequality by the Numbers: in History and Now, An Overview, World Bank Policy Research Working Paper 6259, November.

Nessun commento: