http://www.corrispondenzaromana.it/ di Giulio Ginnetti
Chi ritiene che il Motu Proprio di papa Francesco sul matrimonio possa sdrammatizzare l’atmosfera e allentare le tensioni del Sinodo si illude fortemente. La riforma del processo matrimoniale, come è stato notato su Corrispondenza Romana (qui) è un atto destinato non a estinguere, ma ad alimentare l’incendio.
Il cardinale Reinhard Marx, Arcivescovo di Monaco di Baviera, ne ha offerto la conferma, dichiarando l’8 settembre, nel corso di una conferenza stampa (qui:http://ncronline.org/news/vatican/streamlining-annulment-procedures-sensible-signal-not-solution-fundamental-problems) che la riforma è un segnale «saggio» e «ragionevole», «ma non risolve i problemi fondamentali».
Il porporato ha detto che per molte persone che sono state sposate per vent’anni, «nullità è una parola estranea». Lo sveltimento e la semplificazione delle procedure sarebbero, nelle parole del Cardinale, solo una soluzione parziale nel quadro di un fallimento matrimoniale, e nel desiderio di contrarre un nuovo legame.
La linea su cui si muoveranno nel Sinodo i cardinali del Centro-Europa è tracciata dal cardinale domenicano Christoph Schönborn arcivescovo di Vienna e presidente della Conferenza Episcopale Austriaca in un’intervista al direttore della Civiltà Cattolica Antonio Spadaro: «Dovremmo guardare le numerose situazioni di convivenza non solo dal punto di vista di ciò che manca, ma anche dal punto di vista di ciò che è già promessa, che è già presente», perché «si può sempre imparare anche da chi vive in situazioni oggettivamente irregolari».
In questa intervista il Cardinale ripropone quanto aveva già affermato al Sinodo dell’ottobre 2014, sostenendo che chi vive una convivenza extramatrimoniale è in una situazione analoga a chi si trova al di fuori della religione cattolica: «Ciò non impedisce che, al di fuori di questa realizzazione piena del sacramento del matrimonio, ci siano elementi del matrimonio che sono segnali di attesa, elementi positivi».
Circa l’accesso alla comunione per i divorziati risposati, il Cardinale precisa che se «i criteri oggettivi ci dicono chiaramente che una certa persona ancora legata da un matrimonio sacramentale non potrà partecipare in modo pieno alla vita sacramentale della Chiesa (…) Soggettivamente essa vive questa situazione come una conversione, come una vera scoperta nella propria vita, al punto che si potrebbe dire, in qualche modo — in modo diverso, ma analogo al privilegio paolino —, che per il bene della fede si può fare un passo che va al di là di ciò che oggettivamente direbbe la regola. Penso che ci troviamo di fronte a un elemento che avrà molta importanza durante il prossimo Sinodo. Non nascondo, a questo proposito, di essere rimasto scioccato da come un modo di argomentare puramente formalista maneggi la scure dell’intrinsece malum (atto intrinsecamente cattivo, ndr)».
Continua il Cardinale: «l’ossessione dell’intrinsece malum ha talmente impoverito il dibattito che ci siamo privati di un largo ventaglio di argomentazioni in favore dell’unicità, dell’indissolubilità, dell’apertura alla vita, del fondamento umano della dottrina della Chiesa. Abbiamo perso il gusto di un discorso su queste realtà umane». E ancora, a proposito dei sacramenti ai divorziati risposati, egli spiega: «Non si può trasformare una situazione irregolare in una regolare, ma esistono anche cammini di guarigione, di approfondimento, cammini in cui la legge è vissuta passo dopo passo. Ci sono anche situazioni in cui il prete, l’accompagnatore, che conosce le persone, può arrivare a dire: ‘La vostra situazione è tale per cui, in coscienza, nella vostra e nella mia coscienza di pastore, vedo il vostro posto nella vita sacramentale della Chiesa’».
Il cardinale Marx, e il cardinale Schönborn presiedono le conferenze episcopali tedesca e austriaca, sono a capo delle due più importanti diocesi cattoliche di area germanica, quelle dove più numerose saranno le richiesta di nullità di matrimonio. Non c’è dubbio sul fatto che i due porporati provvederanno a esaudire tutte le richieste, in nome della “misericordia”. Ma non si accontenteranno: il traguardo è la benedizione alle convivenze extra-matrimoniali, di natura etero od omosessuale.
Il vescovo di Osnabrück, mons. Franz-Jozef Bode, uno dei tre delegati scelti dalla Conferenza Episcopale Tedesca al Sinodo, in un’intervista accordata all’agenzia di stampa Katholischen Nachrichten-Agentur, non solo approva le unioni omosessuali ma chiede per esse la benedizione della Chiesa. Interrogato sulla possibilità dell’accesso alla comunione dei divorziati risposati, afferma che «il matrimonio è indissolubile ma la debolezza umana fa sì che questa relazione può rompersi, fallire. Le persone possono allora trovarsi in una nuova relazione, più matura, ma che sacramentalmente non ha lo stesso valore della prima. La questione è di sapere se questa nuova realtà, che può esprimere l’alleanza di Dio con gli uomini meglio della precedente, deve sempre provocare l’esclusione dell’accesso alla confessione alla comunione». E, a proposito degli omosessuali: «Tanto per essi che per quelli che convivono prima del matrimonio, si tratta di riconoscere la loro forza e non solo le loro debolezze e deficienze. (…) Non si può trattarli in maniera tale da equiparare la loro situazione al matrimonio. Ma si può accompagnarli sul loro cammino con la preghiera e con una forma di benedizione privata».
Un altro partecipante centro-europeo al Sinodo, il vescovo di Anversa, mons. Johan Jozef Bonny, delegato dei vescovi belgi, parlando nella sua città l’11 settembre, ha attaccato la legge naturale come fondamento della morale in quanto essa definisce alcuni atti umani come buoni o cattivi, indipendentemente dalla esperienza personale delle singole persone. In un libro pubblicato dall’editore tedesco Herder dal titolo,Zerreißprobe Ehe (Il matrimonio alla prova), a cui ha contribuito con un saggio intitolatoLe synode des évêques sur la famille: les attentes d’un évêque diocésain, lo stesso mons. Bonny, per anni stretto collaboratore del cardinale Walter Kasper. In esso, egli attacca l’enciclica Humanae vitae sostenendo che essa non raccolse il «consenso» dei vescovi per cui, fin dalla sua pubblicazione, provocò «tensioni, conflitti, fratture»: egli si augura dunque che il Sinodo della famiglia possa correggere il suo insegnamento in materia di regolazione delle nascite.
Come sottolinea Sandro Magister, con l’ultraottantenne cardinale Godfried Danneels, nominato personalmente dal Papa, e con il vescovo di Gand, Lucas Van Looy, «i rappresentanti in sinodo della minuscola e disfatta Chiesa belga salgono a ben tre, tutti esponenti di punta dell’ala progressista ed oppositori del loro primate, l’arcivescovo di Malines-Bruxelles André Léonard, che papa Bergoglio non ha mai voluto far cardinale né tanto meno ha ora incluso tra i padri sinodali di sua nomina».
Per quanto riguarda i vescovi svizzeri, infine, Kath.ch, sito ufficiale della Conferenza episcopale, ha pubblicato, lo scorso 1 agosto, il riassunto di una intervista con Markus Arnold, professore di Etica teologica nell’università di Lucerna, in cui si afferma che l’insegnamento romano sulla sessualità fu creato nel XIX secolo e che non si può condannare l’omosessualità con base sulla Bibbia.
Analoghe sono le tesi sostenute nel libro Familienvielfalt in der katholischen Kirche. Geschichten und Reflexionen (Diversità di famiglie nella Chiesa cattolica. Storie e riflessioni) curato dalla svizzera Eva-Maria Faber, già rettore della facoltà di teologia di Coira. Assieme a quelli austriaci, tedeschi e belgi, anche i vescovi svizzeri, rappresentati da Jean-Marie Lovey, Vescovo di Sion, si preparano a dar fuoco alle polveri? (Giulio Ginnetti)
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