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lunedì 7 novembre 2011

LA SCIENZA HA MISURATO LA POTENZA DELLA PREGHIERA....COSTA NULLA, SE FATTA COL CUORE PORTEREBBE BENEFICI INIMMAGINABILI...

Cosa fare di fronte al disastro


Antonio Socci  

Libero, 6 novembre 2011 

Alluvioni e disastri materiali (due in dieci giorni) si sommano a alluvioni e disastri economici e finanziari e tutti insieme, proprio nelle stesse ore, sconvolgono questa povera Italia, “nave senza nocchiero in gran tempesta”, facendo dilagare insicurezza, angoscia, paura del futuro, smarrimento.

Possibile che proprio nel 150° anniversario della costruzione dello stato unitario degli italiani si debba rischiare il baratro quando tutti sanno, nel mondo, che la nostra è un’economia forte? I disastri naturali arrivano esattamente nei giorni più cupi ad alimentare smarrimento e depressione.
Fra i flutti minacciosi del mare in tempesta, tutti cerchiamo la stella polare per ritrovare la rotta e tutti guardiamo al timone, che sembra abbandonato a se stesso. Ma soprattutto tutti ci chiediamo cosa ognuno di noi possa fare, perché di certo ognuno di noi può fare qualcosa, anche senza rimetterci un euro.
Questa, fra l’altro, è la felice intuizione del signor Giuliano Melani che ha invitato tutti gli italiani a comprare, lunedì prossimo, i titoli pubblici dello Stato (il risparmio degli italiani è fra i più alti nel mondo).
Una strada semplice e facile, ma geniale (e pure conveniente) per una prima uscita dal rischio fallimento. E’ noto infatti che il Giappone è enormemente più indebitato di noi: lì il rapporto debito/pil è addirittura al 223 % e quello fra deficit e pil è al 7,50 %.
Ma il Giappone non incorre nelle punitive speculazioni del mercato e nelle umiliazioni di altre potenze proprio perché tutto il debito pubblico è allocato nelle mani dei risparmiatori giapponesi.
Dunque il “teorema Melani” dovrebbe farci aprire gli occhi. Più in generale dovremmo capire che impegnarsi (utilmente) invece che (inutilmente) indignarsi è il primo passo di una riscossa civile e di un soprassalto di dignità nazionale.
Anche perché è ben difficile confidare nei politici e nelle élite (considerata pure la disastrosa prova che stanno dando oggi, come nel passato).
Costoro dovranno cambiare radicalmente per riguadagnarsi la nostra fiducia. Ma anche noi dovremo cambiare.
La “malattia” italiana attuale è anzitutto una malattia spirituale e morale, perché il Paese ha tutte le risorse materiali per tappare le falle apertesi nella nave e riprendere la navigazione.
Occorrono qualità umane (disinteresse, dedizione al bene comune, sapienza, dignità, senso di responsabilità, spirito di sacrificio, onestà e solidarietà) più ancora che risorse finanziarie.
Lo ha sottolineato ieri lo stesso presidente della Repubblica quando ha detto che per uscire dalla crisi bisogna “ritrovare la strada della coesione sociale e nazionale”.
Ha aggiunto: “Bisognerà cambiare molte cose nel modo di governare, produrre e lavorare, vivere e comportarsi di tutti noi”, “indispensabile sarà lo spirito di sacrificio e lo slancio innovativo, affrontando anche decisioni dolorose che potranno apparire impopolari”.
Napolitano ha concluso: “L’Italia non può trovare la sua strada in un clima di guerra politica. È indispensabile riavviare il dialogo tra campi politici contrapposti”.
Quello che serve è una rinascita spirituale e morale, perché le risorse economiche per far fronte ai problemi ce le abbiamo già. Ma allora a chi rivolgersi per ritrovare energie morali che possano far cambiare la mentalità di una classe dirigente e di un popolo? A chi guardare?
Anche la Chiesa è chiamata a dare il suo prezioso contributo per il suo millenario rapporto di maternità col nostro popolo. Ma qual è il primo contributo che i cattolici possono dare al bene comune?
C’è anzitutto la loro operosità (la si vede in atto anche a Genova in queste ore), c’è la carità, che sostiene tante situazioni di sofferenza e di bisogno. La loro è una presenza preziosa e indispensabile anche fra i giovani.
Ma il primo contributo dei cristiani al bene di tutti – ci ha spiegato il papa – è la fede, che si esprime anzitutto con la preghiera e che sta alla base anche della carità.
Il popolo cristiano lo sa. Vorrei dunque girare al cardinale Bagnasco, presidente della Cei, e a tutta la Chiesa italiana, l’appello che mi è stato rivolto da tanti lettori che mi hanno scritto, perché venga indetta in tutte le chiese del paese una grande giornata di preghiera per l’Italia.
Magari con qualche gesto solenne alla santa casa di Loreto (perché l’Italia è la seconda patria della Regina del Cielo) e presso i nostri santi protettori, ad Assisi, alla tomba di san Francesco, e a Santa Maria sopra Minerva, a Roma, dove è sepolta santa Caterina.
So che ad alcuni sembrerà illusorio l’appello alla preghiera, ma il problema è che sembrerà fuori luogo anche a tanti ecclesiastici e a tanti “cattolici impegnati”, i quali credono che il contributo che i credenti possono dare al bene comune sia anzitutto un discorsetto sociologico (o magari qualche convegno che permetta a certuni di mettersi in luce per prenotarsi poltrone o ricollocarsi per salvare posizioni di potere).
Invece il vero e più prezioso tesoro che i cristiani portano al bene comune è anzitutto la preghiera e la conversione. Perché la benedizione di Dio – come disse il Papa quando esplose la crisi finanziaria negli Stati Uniti e crollarono imperi finanziari – è l’unica certezza che non viene meno, che non tradisce, che protegge, che illumina e porta pace e bene per tutti.
L’antico popolo d’Israele vinceva le sue battaglie contro i nemici quando Mosè teneva le mani alzate in preghiera. Così anche la Chiesa sa, da sempre, che la preghiera è una forza potentissima. Basti dire che Benedetto XVI – sulla scia di Giovanni Paolo II – nei giorni scorsi ha di nuovo messo in relazione il crollo incruento delle dittature comuniste del 1989 con la preghiera dei cristiani e dei martiri.
E la Madonna – a Fatima e a Medjugorije – ha ripetuto che la preghiera ha perfino il potere di fermare o allontanare le guerre (anche se certe élite cattoliche sembrano ignorarlo).
Infatti nel Motu proprio con cui indice l’ “Anno della fede”, Benedetto XVI scrive: “Capita non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune”.
Mentre “questo presupposto non è più tale”. Se qualche cattolico non crede nell’immensa forza della preghiera la fede manca anzitutto a lui.
Chi aveva molto chiaro tutto questo era un uomo, don Luigi Giussani, che pure aveva insegnato a una generazione di cattolici a impegnarsi negli ambiti sociali, culturali, civili e politici.
Quindici anni fa, nel 1996, quando l’Italia attraversò un’altra crisi – ma molto meno grave di quella attuale – don Giussani lanciò, come iniziativa pubblica, proprio un gesto di preghiera alla Madonna di Loreto e ai Santi Patroni per la salvezza del nostro Paese.
Si spiegò con queste parole in un’intervista alla Stampa:
“la situazione è grave per lo smarrimento totale di un punto di riferimento naturale oggettivo per la coscienza del popolo, per cui il popolo stesso venga spinto a ricercare le cause reali del malessere e a salvarsi così dagli idoli. Questo smarrimento comporta una inevitabile, se non progettata, distruzione dello stato di benessere, che risulta così totalmente minato nella tranquillità del suo farsi. Perché riprendere, bisogna pur riprendere!”.
Sembrano parole pronunciate oggi. Nei grandi cristiani il realismo fa a braccetto con il totale affidamento a Dio (non con le chiacchiere sociologiche).
Del resto nella storia delle nostre città e del nostro popolo, per secoli, l’incombere delle avversità (epidemie, guerre, terremoti, alluvioni, carestie) ha sempre indotto la nostra gente a raccogliersi nelle chiese e affidarsi alla Madonna e ai santi della nostra terra.
E gli innumerevoli santuari e le tante immagini votive ricordano quante volte il popolo è stato soccorso, quante volte sono state scongiurate tragedie e quante volte sono stati illuminati coloro che potevano determinare il bene o il male di tutti.
Antonio Socci
Libero, 6 novembre 2011

venerdì 4 novembre 2011

ABBIAMO "UNO STRUMENTO" E NON LO USIAMO O NON LO SAPPIAMO USARE BENE! QUESTI SONO I TEMPI PER RITORNARE A PREGARE!!!

La forza della preghiera ... apprezzata da misurazioni scientifiche

SCIENCE ET FOI n° 95 - APRILE 2010

tratto da CESHE, il "Circolo storico e scientifico"

J. Stovell1, uno studioso conosciuto per il suo ateismo, ha lavorato per anni nel campo dell'atomo. A tal fine, egli ha percorso delle vie fino ad allora sconosciute che hanno modificato le sue opinioni.
"Ero un ateo cinico che credeva che Dio non era altro che una rappresentazione della mente umana ... Un giorno, nel grande laboratorio di patologia di una clinica, mi apprestai a misurare le lunghezze d'onda e di forza delle radiazioni emesse dal cervello.
Volevamo esaminare ciò che accade nel cervello umano al momento del passaggio dalla vita alla morte. A tal fine, abbiamo scelto una donna con tumore al cervello alle soglie della morte. Questa donna era totalmente sana di mente: la sua abituale serenità e amabilità colpivano, ma, fisicamente, la sua condizione era gravissima. Noi sapevamo che stava morendo, e lo sapeva anche lei: questa donna era credente. Poco prima della sua morte, abbiamo posto nella sua stanza un apparecchio registratore molto sensibile per le misure cerebrali e sul letto un microfono per sentire le sue ultime parole; poi ci appostammo in una stanza attigua alla sua.
Eravamo nove scienziati scettici, tra i quali io ero certamente il più indurito; attendavamo, attenti, davanti ai nostri strumenti. L’ago dell’apparecchio, a zero, poteva raggiungere 500 gradi a destra in posizione positiva e 500 gradi a sinistra in posizione negativa. Per dare un'idea, la diffusione di un posto-radio i cui programmi erano diffusi con una forza di 50 kilowatt, in breve un’emissione capace di coprire tutto il globo, faceva segnare all’apparecchio una misura positiva di 9 gradi.
Gli ultimi istanti di vita della malata arrivarono. Improvvisamente, la sentimmo pregare e lodare Dio: Gli chiedeva di perdonare a tutti quelli che erano stati ingiusti con lei nella sua vita; poi disse: “Io so, Signore, che Tu sei l'unica vera fonte di forza per tutte le creature, e che lo resterai”; Lo ringraziava per la forza con la quale l’aveva sostenuta durante la vita, e per la certezza che aveva di appartenere a Gesù; che, malgrado le sue sofferenze, il suo amore per Lui non aveva mai vacillato. E, al pensiero che i suoi peccati le sarebbero stati perdonati per il Sangue di Gesù, una gioia indescrivibile irradiava dalle sue parole: ella, infatti, brillava di gioia all’idea che presto poteva vedere il suo Salvatore!
 “Commossi, restammo davanti alle nostre apparecchiature, dimenticando, a dire il vero, ciò che volevamo esaminare. Di colpo, mentre la donna continuava a pregare, sentimmo suonare il nostro strumento e vedemmo che l'ago arrivava a 500 gradi in positivo e continuava a basculare al limite massimo: la forza di irradiazione doveva superare la nostra scala. Abbiamo fatto per la prima volta una grande scoperta: il cervello di una donna morente che era in unione con Dio dispiegava una forza 55 volte più forte di qualsiasi lunghezza d'onda delle emissioni radio!
“Per condurre più lontano i nostri esperimenti, scegliemmo questa volta un uomo, anche lui malato. Una volta installato il nostro dispositivo, quando lui cominciò a reagire, fu grugnendo e bestemmiando; la differenza era tale che lo sentimmo abusare del Nome di Dio in un modo infame ...  E, di nuovo, il nostro apparecchio squillò: fummo davvero sorpresi di costatare che questa volta l'ago si trovava in negativo di 500 gradi, e bloccato al punto limite!
"È dunque con tali misurazioni che abbiamo potuto stabilire in modo certo quello che accade nel cervello umano quando si viola uno dei 10 comandamenti.

Così è stabilita con delle misure scientifiche appropriate, e in modo inconfutabile, la forza positiva dell'unione con Dio, e quella negativa del rinnegato ... Capimmo rapidamente che chi orienta la sua vita sulle vie di Dio e all’unione con Lui irradia di vita divina con effetti misurabili, ma chi trasgredisce uno dei comandamenti divini irradia degli effetti contrari, negativi, superiori all’abituale natura umana: in breve, una forza che possiamo chiamare satanica.
"In un batter d'occhio, la mia concezione atea del mondo si è spezzata: il ridicolo della mia incredulità divenne sempre più chiaro. Oggi, io so... Ho imparato a vedere in Gesù Cristo il mio Salvatore; io so che l'aureola che gli artisti hanno spesso dipinto attorno al capo di Gesù non è una fantasia artistica ma una realtà: questa forza liberatrice usciva un tempo da Gesù, e ancora oggi si irradia da Lui …
"E tu, caro amico, come reagirebbe per te l'ago dello strumento? Se sai che mostrerà una forza negativa, ti supplico, torna a Gesù che ci ha detto: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e Io vi darò riposo."
Questo testo risale al 1965, ma è'ovviamente confermato da studi più recenti.
Ecco, per esempio, degli estratti del professor Boguslav Lipinski, Boston (USA), del rapporto sulla misurazione dell’energia spirituale associata alla preghiera
Il Prof. Lipinski è specializzato in fenomeni bio-elettrici e svolge delle ricerche sulle malattie cardiovascolari a Boston; egli ha studiato le radiazioni in riferimento al principio di Einstein sull’unità dell’energia, sia essa elettromagnetica, nucleare, gravitazionale, ecc. Egli tenta di chiarire perché il dispositivo che registra delle energie di ordine fisico reagisce anche a fenomeni spirituali legati a dei luoghi santi e alla preghiera.
Il suo strumento di registrazione è comunemente destinato, nell'industria nucleare, a testare le radiazioni ionizzanti degli schermi: è un elettroscopio modello BT 400 BIOTECH, Canada ... L'unità di misura è il miliardo per ora (mR/h), la scala di misurazione è logaritmica e va da 0 a 1 milione di mR/hr. Le letture usuali vanno di solito da 0 a 15 mR/hr.
Risultati e conclusioni:

Le misure sono state prese in una parrocchia riconosciuta da Roma come centro mariano internazionale che si trova in Iugoslavia. Per 6 giorni consecutivi, dal 15 al 19 marzo 1985, in diversi momenti della giornata ed in luoghi diversi, sono state eseguite le misurazioni. Nella casa del signor Buntic. dove alloggiava il Professore, esse vanno da 100 a 1000 mR / hr.

Su una tabella dove sono indicate le 50 misure effettuate, si può leggere che nella Chiesa parrocchiale, a certe ore, vi sono solo 20 mR / h, ma si sale 1000 il 18 Marzo alle ore 17,15, poi a 10.000 alle 18; a 20.000 alle 19, e un picco di 100.000 nella "cappella delle apparizioni", all'ora della preghiera, il Venerdì 15 Marzo.
Elemento comparativo: nelle partite di hockey negli Stati Uniti, e anche in alcune Chiese, nonostante il fervore e l’entusiasmo, lo stesso apparecchio ha registrato solo da 20 a 70 mR / hr.
Le cifre estremamente elevate registrate durante certe preghiere, e la loro relativa rapida scomparsa, indicano che l’energia non può essere di origine nucleare. Per esempio, 100.000 mR / h, registrati il 15 marzo significano che le persone riunite dentro la chiesa sarebbero state sottoposte a 100 rad di radiazioni ionizzanti all’ora. Ora, la dose massima tollerabile è di 0,1 rad per GIORNO. Questo popolo avrebbe dunque dovuto morire per sindrome da post-irradiazione, il che non è avvenuto.
Quindi dobbiamo concludere che questa radiazione è di origine spirituale.
Questa energia spirituale non sembra essere associata al numero di persone che pregano insieme, ma piuttosto all’intensità, al fervore e alla qualità della preghiera. È 'probabile e plausibile che l’intensità della radiazione sia associata alla pratica del Digiuno, come indicato dal valore più elevato registrato il 15 marzo, avendo la quasi totalità dei parrocchiani di questo villaggio l’abitudine, in effetti, di digiunare due giorni alla settimana, e in particolare il Venerdì.
Infine, altra costatazione del professor Lipinski, l'irradiazione di questa forza spirituale si estende in tondo su una distanza di circa 1 km, ma si dissipa in tempi relativamente brevi: 5-30 minuti bastano per vederla scomparire.
Eh sì! Preghiamo con fervore e generosità!
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1 -MJ Stovell, studioso noto per il suo ateismo, lavorò per anni nel campo dell’atomo.

giovedì 3 novembre 2011

TUNISIA: GLI ISLAMISTI AL POTERE....PROCESSO DEMOCRATICO????

Articolo pubblicato il: 2 novembre 2011 @ 14:34
(di Valentina Colombo) Lo scorso 27 ottobre i due principali quotidiani italiani, “Corriere della Sera” e “Repubblica”, hanno annunciato la vittoria delle elezioni tunisine da parte del partito Al-Nahdha parlando di islamismo “moderato”.
Il giorno successivo il quotidiano arabo internazionale “Al Hayat” conteneva un editoriale di Raghda Durgham dal titolo L’occidente confisca le rivoluzioni a vantaggio degli islamisti che esordiva con queste parole: «Mentre l’occidente parla della necessità di accettare il risultato del processo democratico che ha portato gli islamisti al potere nella regione araba, aumentano i dubbi circa le intenzioni dell’occidente stesso che ha avviato una nuova politica volta a favorire lo sviluppo della corrente islamica indebolendo le correnti moderniste, laiche e liberali».
Anche altri commenti provenienti dal mondo arabo non trasudano certo tranquillità né serenità per i risultati tunisini. A prescindere dal fatto che sono sempre stata contraria al termine moderato riferito sia all’islam sia ai musulmani, prediligendo altre definizioni, mi domando come possa essere “moderato” un partito legato ai Fratelli musulmani il cui motto è dato dal verso 60 della sura VIII del Corano: «E preparate contro di loro forze e cavalli quanto potete, per terrorizzare il nemico di Dio e vostro, e altri ancora, che voi non conoscete ma Dio conosce, e qualsiasi cosa avrete speso sulla via di Dio vi sarà ripagata e non vi sarà fatto torto».
Sebbene Rached al-Ghannouchi, leader di Al-Nahdha, non solo nel corso di tutta la campagna elettorale, ma sin dal suo rientro dall’esilio in Gran Bretagna, abbia giocato al ribasso ovvero rassicurando i tunisini sul fatto di non volere uno stato teocratico, di non volere fare venire a meno i diritti acquisiti dalle donne tunisine, di avere come modello la Turchia, è evidente che non potrà certo venire a meno ai pilastri del suo pensiero e della dottrina dei Fratelli musulmani. Non fonderà uno Stato teocratico, ma uno stato in cui la sharia, l’islam svolgeranno un ruolo preponderante.
D’altronde Ghannouchi stesso nel volume Muqarabat al-‘ilmaniyya (Avvicinamenti alla laicità, Dar al-Mujtahid, Tunisi 2011, p. 33) non dà adito a dubbi sulla sua concezione di Stato: «Lo Stato islamico è uno stato di diritto per eccellenza ovvero l’autorità della sharia prevale su quella dello Stato». È pur vero che i più hanno conosciuto al-Ghannouchi solo negli ultimi mesi e soprattutto attraverso le sue dichiarazioni alla stampa internazionale.
Sono in pochi ad avere avuto modo di leggerne gli scritti in arabo, primo fra tutti il suo saggio fondamentale Le libertà generali nello Stato islamico (Al-hurriyat al-‘amma fi al-dawla al-islamiyya, Markaz Dirasat al-Wahda al-‘Arabiyya, Beirut 1993, p. 48). Qui nel paragrafo dedicato a La questione dell’apostasia scrive: «L’apostasia è la miscredenza, in modo consapevole e per propria scelta, dopo avere abbracciato l’islam. Questo attraverso la rinnegazione, oppure una forma simile, dei fondamenti dell’islam, quali gli articoli di fede, le leggi divine o simboli.
Ad esempio attaccare la dignità divina o della profezia, oppure autorizzare ciò che è vietato dalla religione oppure negare i doveri religiosi e così via. I versi coranici hanno enunciato più volte la ripugnanza di questo reato e minacciato chiunque se ne renda colpevole di un castigo cocente, senza però esplicitare una pena precisa nella vita terrena. Invece la tradizione islamica identifica la pena nella condanna a morte: “Uccidete chiunque cambi religione”.
Tutti i Compagni – Dio si compiaccia di loro – concordano sulla condanna a morte degli apostati». Sempre nello stesso volume, a pagina 54, affronta il tema della sharia come fonte di legislazione: «Come non stipulare l’islamicità di un capo (di Stato), il cui compito essenziale è quello di mettere in pratica la religione, orientare la politica dello Stato nei limiti dell’islam, di educare la nazione islamica secondo i precetti dell’islam, di esserne la guida nella preghiera, di predicare […] e di essere un esempio da imitare? Il Corano è chiaro.
Ha stabilito che il sovrano debba essere musulmano: “Obbedite a Dio, all’Inviato e a coloro tra di voi che detengono l’autorità” (Corano, IV, 59). È assurdo, impossibile chiedere a un non musulmano assumere il potere, vigilare sulla religione e la gestione degli affari terreni». Questi sono solo alcuni esempi del pensiero del leader del partito Al-Nahdha che chiariscono perfettamente che si tratta di un’ideologia giustificata dall’islam.
Quel che stupisce è che l’occidente non ascolti le persone che in Tunisia, in particolare, nel mondo arabo in generale conoscono i Fratelli musulmani dai loro discorsi in arabo, ovvero dalle fonti dirette, non dai discorsi impacchettati per l’occidente in francese e in inglese. Basterebbe ricordare l’ammonimento di Mohammed Charfi, intellettuale tunisino ed ex Ministro dell’Istruzione, che nel suo saggio Islam et liberté ha definito in mondo molto esplicito gli islamisti “moderati”: «Gli osservatori definiscono oggi moderato l’islamista che innanzi agli occidentali usa un linguaggio ragionevole e che non sceglie apertamente l’azione violenta.
Anche se lo stile calmo e il rifiuto della violenza sono sinceri, dal momento che il movimento è sempre legato alla sharia e alla sacralizzazione della storia, la moderazione rimane provvisoria e indica una strategia d’attesa, perché gli ingredienti della radicalizzazione non sono scomparsi». Ebbene secondo Charfi gli islamisti «cesseranno di essere un movimento di sovversione politica solo quando ammetteranno che il diritto positivo moderno, diverso dalla sharia, è legittimo»… E questo momento non è ancora arrivato! (Valentina Colombo)
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ASSISI: UN PASSO AVANTI NELLA CONFUSIONE???

Articolo pubblicato il: 2 novembre 2011 @ 12:40
(tratto da Corrispondenza Romana di Roberto de Mattei)
Come firmatario di un appello a Sua Santità Benedetto XVI affinché recedesse dalla decisione di celebrare il venticinquennale del primo raduno interreligioso di Assisi
(http://www.corrispondenzaromana.it/2011/01/12/chiesa-cattolica-appello-di-cattolici-al-papa contro-un-assisi-2/ [1]), a riunione avvenuta, non posso non esprimere alcune riflessioni su di essa.

Quale che sia il giudizio che si voglia dare sul terzo incontro di Assisi, va sottolineato che esso ha certamente rappresentato una oggettiva correzione di rotta rispetto alle due riunioni precedenti, soprattutto riguardo al pericolo di sincretismo. Va letto, a questo proposito, con attenzione, il discorso del cardinale Raymond Leo Burke al Convegno Pellegrini della Verità verso Assisi, svoltosi lo scorso 1 ottobre a Roma
(http://blog.messainlatino.it/2011/10/assisi-2011-istruzioni-per-luso.html), che offre una attendibile chiave di interpretazione dell’evento.
Nella Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo che si è svolta il 27 ottobre, non vi è stato, almeno apparentemente, alcun momento di preghiera comune o parallela da parte dei presenti, come invece era accaduto nel 1986 con i vari gruppi religiosi riuniti in vari luoghi della città di san Francesco. È noto del resto che l’allora cardinale Ratzinger evitò di partecipare all’incontro e la sua assenza fu interpretata come una presa di distanza dagli equivoci che l’iniziativa era destinata a produrre.
Benedetto XVI ha voluto dare al raduno del 27 ottobre un volto diverso dagli incontri precedenti: non tanto quello, ha spiegato il cardinale Burke, «di un incontro interreligioso quanto di un dialogo interculturale sui passi della razionalità, bene prezioso dell’uomo in quanto tale». Due testi ci aiutano a capire il pensiero di Benedetto XVI in materia di “dialogo”: il primo è la lettera inviata al filosofo Marcello Pera, già presidente del Senato, in occasione dell’uscita del suo libro Perché dobbiamo dirci cristiani (Mondadori, Milano 2008), in cui Benedetto XVI scriveva che «un dialogo interreligioso nel senso stretto della parola non è possibile, mentre urge tanto più il dialogo interculturale che approfondisce le conseguenze culturali delle decisioni religiose di fondo. Qui il dialogo e una mutua correzione e un arricchimento vicendevole sono possibili e necessari».
Il secondo documento è anch’esso una lettera, indirizzata il 4 marzo 2011 al pastore luterano tedesco Peter Beyerhaus, che gli aveva manifestato timore per la nuova convocazione della giornata di Assisi. Benedetto XVI gli scrive: «Comprendo molto bene la sua preoccupazione rispetto alla partecipazione all’incontro di Assisi. Però questa commemorazione doveva essere festeggiata in ogni modo e, dopo tutto, mi sembrava la cosa migliore andarvi personalmente, per poter provare in tal modo a determinare la direzione del tutto.Tuttavia farò di tutto affinché sia impossibile un’interpretazione sincretista o relativista dell’evento e affinché resti fermo che sempre crederò e confesserò ciò che avevo richiamato all’attenzione della Chiesa con la Dominus Iesus» 
(http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1349995).

L’interpretazione sincretistica o relativista dell’evento effettivamente non c’è stata, o è stata attenuata, e i mass-media hanno dedicato, anche per questo, ben poco spazio all’evento.
Un altro aspetto di Assisi 3 suscita però delle perplessità che non possono essere sottaciute. Il dialogo interculturale si può intrecciare con credenti di altre religioni non su base teologica, ma su quella razionale della legge naturale. La legge naturale non è altro che il Decalogo, compendio dei due precetti della carità, amore di Dio e amore del prossimo, espressi nelle due tavole consegnate a Mosé dal Signore stesso.
È possibile che, malgrado le false religioni che professano, vi siano credenti di altre religioni che cerchino di rispettare quella legge naturale che è universale e immutabile, perché comune ad ogni essere umano (cosa peraltro molto difficile senza l’aiuto della Grazia). La legge naturale può costituire un “ponte” per portare questi “infedeli” alla pienezza della verità, anche soprannaturale. Molto più problematico è invece il dialogo con coloro che non credono in nessuna religione, ovvero con gli atei convinti.
La legge naturale non consta infatti di sette comandamenti che regolano la vita tra gli uomini, ma di un insieme di dieci comandamenti, dei quali i primi tre impongono di rendere culto a Dio. La verità espressa dal Decalogo è che l’uomo deve amare Dio al di sopra di tutte le creature e amare queste secondo l’ordine da lui stabilito. L’ateo rifiuta questa verità ed è privo di quella possibilità di salvarsi che è offerta, sia pure in via eccezionale, ai credenti di altre religioni.
E se è possibile l’ignoranza incolpevole della vera religione cattolica, non è possibile l’ignoranza incolpevole del Decalogo, perché la sua legge è scritta «sulle tavole del cuore umano col dito stesso del Creatore» (Rm. 2, 14-15). Esiste certo la possibilità di una ricerca o “pellegrinaggio” verso la verità anche da parte dei non credenti. Ciò avviene quando il rispetto della seconda tavola della legge (l’amore del prossimo) spinge progressivamente a cercarne il fondamento nella prima tavola (l’amore di Dio).
È la posizione dei cosiddetti “atei devoti”, come Marcello Pera e Giuliano Ferrara, i quali, come ha giustamente osservato Francesco Agnoli (Io cattolico pacelliano, dico al card. Ravasi che ad Assisi ha sbagliato atei, “Il Foglio”, 29 ottobre 2011), «un bel po’ di strada insieme ai credenti la hanno fatta e la fanno di continuo, con l’uso della ragione». Essi, oggi, nei confronti di alcuni precetti del decalogo si mostrano più fermi e osservanti di molti cattolici. Ma gli atei convocati ad Assisi non hanno nulla di “devoto”: appartengono a quella categoria di non-credenti che ha in spregio non solo i primi tre comandamenti, ma tutta la tavola del Decalogo.
È una posizione che la filosofa e psicanalista Julia Kristeva ha ribadito sul “Corriere della Sera” – che ha ospitato, in extenso, il suo intervento ad Assisi (Un nuovo umanesimo in dieci principi, “Corriere della Sera”, 28 ottobre 2011). A differenza di altri studiosi laici, che riscoprono il fondamento metafisico della legge naturale, la Kristeva ha rivendicato, una linea di pensiero che dal Rinascimento arriva all’Illuminismo di Diderot, Voltaire e Rousseau, compreso il marchese de Sade, Nietzsche e Sigmund Freud, ovvero quell’itinerario che, come hanno dimostrato insigni studiosi dell’ateismo da Cornelio Fabro (Introduzione all’ateismo moderno, Studium, Roma 1969) ad Augusto Del Noce (Il problema dell’ateismo, Il Mulino, Bologna 2010), porta proprio a quel nichilismo, che la psicanalista francese, senza negare la propria visione atea e permissiva della società, vorrebbe contrastare in nome di una collaborativa “complicità” tra umanesimo cristiano e umanesimo secolarizzato. L’esito di questa pacifica coesistenza tra il principio ateo di immanenza e un vago richiamo alla religiosità cristiana non può essere che il panteismo, caro a tutti i modernisti, antichi e contemporanei.
Il punto in cui Assisi 3 rischia di segnare un pericoloso passo avanti nella confusione che oggi attanaglia la Chiesa è proprio questo, enfatizzato da tutti i mass-media: l’estensione dell’invito, oltre che a esponenti delle religioni di tutto il mondo, anche ad atei ed agnostici, scelti tra i più lontani dalla metafisica cristiana. Ci chiediamo quale dialogo sia possibile con questi “non credenti” che negano in radice la legge naturale.
La distinzione tra atei “combattivi” e atei “collaborativi” rischia di ignorare la vis aggressiva insita nell’ateismo implicito, non espresso in maniera militante ma proprio per questo più pericoloso. Gli atei dell’UAAR hanno almeno qualcosa da insegnare ai cattolici: professano i loro errori con uno spirito di militanza a cui i cattolici hanno abdicato nel difendere le loro verità. Ciò accade, ad esempio, quando da parte cattolica si criticano le crociate, che non furono una deviazione della fede, ma imprese ufficialmente promosse dai Papi, esaltate dai santi, fondate sulla teologia e regolate, per secoli, dal diritto canonico.
Se allora la Chiesa sbagliò, non potrebbe sbagliare chi oggi predica il buonismo e l’arrendismo di fronte ai nemici, esterni e interni, che incalzano? E se la Chiesa, come sappiamo, non sbaglia nel suo insegnamento, quale deve essere la regola di fede ultima del cattolico in momenti di confusione come l’attuale? Sono domande che ogni semplice fedele ha il diritto di porre, rispettosamente, alle autorità supreme della Chiesa, all’indomani del 27 ottobre 2011. (Roberto de Mattei)
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  4. Alcune riflessioni a proposito di ciò che ha detto Padre Cantalamessa nell’omelia del Venerdì Santo [5]

  5. CHIESA CATTOLICA: convegno a Roma sul prossimo incontro di Assisi [6]

martedì 25 ottobre 2011

ORGOGLIO ITALICO!! SERVE PER RIALZARE LA TESTA ED ANDARE AVANTI NELLA BATTAGLIA, E' UNA GUERRA QUESTA, NON DIMENTICHIAMOLO!!!

di Andrea Mazzalai




Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!



L'incontro di Dante con Sordello da Goito, presso Mantova, un famoso poeta e trovatore del XIII secolo ispira in Dante la famosa invettiva nei confronti di un'Italia definita in crescendo “serva”, “nave senza timoniere”, “non signora delle sue province ma casa di prostituzione” proprio perché divisa e lacerata al suo interno da continue lotte e rivalità. Dante riconosce che questa condizione così desolata è dovuta ai politici del tempo ma soprattutto alle due somme autorità, il papa e l'imperatore, che per ambizione e miopia non adempiono ai loro doveri di guide spirituale e temporale. In un passaggio invoca Dio stesso, definendolo Sommo Giove, chiedendosi se ha rivolto lo sguardo altrove o se quanto avviene sia una “preparazione” di un “bene” che non riusciamo a comprendere. 
(EcodiBergamo )



Non vi sembrano incredibilmente attuali questi passi del sommo poeta, non è incredibile come la storia spesso di ripeta e si diverta a fare la rima!



Rileggetevelo è affascinante la storia, chiedetevi ... se quanto avviene sia una “preparazione” di un “bene” che non riusciamo a comprendere!



Questo Paese va restaurato cacciando i mercanti dal tempio, pressando la politica con il contributo e la responsabilità di ognuno di noi, ben sapendo che non tutti faranno propria la responsabilità, avvoltoi e sciacalli ci saranno sempre. Il Paese va rifondato sulla pietra angolare del bene comune, cancellando con il tempo decenni di ideologie e ricette economiche demenziali, isolando mafie, corporazioni, massonerie.



Utopia? Bene ci penserà la storia a sistemare tutto di un'Italia serve, senza timoniere, spesso e volentieri casa di prostituzione politica ed economica!



I dilettanti della politica a Roma si sono subito rifugiati dietro gli ordini impartiti da due clowns i cui portavoce hanno passato la giornata a smentire l'ironia e l'offesa di domenica verso l'Italia, purtroppo non più donna di province ma governo di bordelli! Affascinante è stato ascoltare un'oscuro e sconosciuto Van Rompuy alzare la voce per imporre il nulla.



Nessuno ci deve dire cosa dobbiamo fare, solo noi dobbiamo rivoluzionare la nosta società, non certo un gruppo di oligarchi e le loro marionette. Ne tantomeno paesi come la Germania e la Francia le cui banche hanno disseminato il debito subprime in Europa e ora cercano di nascondere la loro estrema fragilità. 
Arsura francese



L'Italia è l'unico Paese europeo che ha portato avanti più riforme a livello pensionistico incisive in questi anni a tal punto come abbiamo visto Italia e Germania debito implicito che uno dei più prestigiosi istituti di ricerca la Albert Ludwigs Universistat di Freiburg ha riconosciuto al nostro Paese il minor debito implicito di tutta l'Europa ovvero il debito relativo al sistema pensionistico.
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Il valore delle pensioni statali medio è già uno dei più infimi d'Europa e lo sarà sempre di più a meno che qualcuno non si illuda di raccontare la favola di una ripresa dei redditi. Le riforme del sistema pensionistico fatte in Italia non le ha fatte nessuno anche se molta strada resta da fare per ripulire l'inequità attuale. Ve l' ha mai raccontato nessuno che secondo il fondo monetario internazionale nei prossimi venti anni in Germania la spese pensionistica aumenterà di quattro volte quella italiana?



Se dobbiamo intervenire sul sistema pensionistico altro che lo zero virgola sulle pensioni d'oro e un serie contributo deve essere richiesto a quelle baby i cui percettori devono uscire dall'oblio che una classe politica demenziale ha creato per loro.



Ne abbiamo già parlato in maniera approffondita in "Perfect Storm Made in Italy" un'analisi dedicata a tutti coloro che vogliano comprendere quali sono in realtà i punti di forza di un Paese che incredibilmente sta dando il peggio di se di fronte ai clowns della politica mondiale non solo a livello politico ma anche come popolo, un popolo diviso, lacerato come il ricordo di Dante!



Un'Europa lacerata e divisa sta facendo leva, una leva finanziaria per la sua distruzione, ma quello che è affascinante è che sta facendo dimenticare le devastazioni e la fragilità di due paesi come l'America e l'Inghilterra che sono ormai degli zombies finanziari e per certi versi anche economici.



Nel fine settimana si è parlato della Spagna come paese ben avviato sulla strada della rinascita, grazie alla responsabilità della politica, ma chissà perchè alcune previsioni vedono il deficit spagnolo al 7 % per fine anno, chissà, una previsione fatta ancora prima del doppio downgrade! 
Bloomberg



Nel frattempo l'indice CFNAI del distretto manifatturiero di Chicago, uno dei nostri indicatori di recessione preferiti,  continua la sua situazione di stallo senza dimenticare che nella precedente recessione sino al mese precedente alla conferma del suo avvio, l'occupazione e la produzione continuarono a salire nelle statistiche ufficiali e che la dichiarazione ufficiale avvenne ben sei mesi dopo. Ben tre indicatori su quattro che solitamente seguiamo ci dicono che stiamo entrando in recessione a velocità di stallo.



Nel fine settimana verrà inviata a tutti coloro che hanno contribuito o vorranno contribuire liberamente al nostro lavoro con una libera donazione (cliccando qui sotto),  l'analisi aggiornata sulla situazione italiana economico/finanziaria, con alcune inedite perle,  senza dimenticare che questo Paese va rifondato cacciando i mercanti dal tempio, sulle fondamenta del bene comune!


COSA INTENDE DIRE IL VATICANO ? CIO' CHE I MEDIA HANNO DIFFUSO CREANO PERPLESSITA': PERCHE' IL VATICANO "PROPONE" UN GOVERNO MONDIALE?

 24/10/2011 13:48

VATICANO – G20
Un documento del Pontificio consiglio della giustizia e della pace. La crisi dimostra l’esigenza di tornare a subordinare la finanza alla politica. La glooalizzazione impone “un’Autorità super partes, con potestà di decidere con metodo democratico e di sanzionare in conformità al diritto”. Tra i “passi” l’istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie. 

Città del Vaticano (AsiaNews) – La crisi economica che il mondo sta vivendo mostra l’esigenza di tornare a suordinare la finanza alla politica “che ha il fine di preoccuparsi del bene comune”: a tale scopo il Vaticano propone la creazione di una nuova autorità finanziaria mondiale che “regoli il flusso e il sistema degli scambi monetari”, coinvolgendo i Paesi emergenti e quelli in via di sviluppo.



La proposta della creazione di una “Autorità pubblica a competenza universale” è contenuta in
una nota del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, presentata questa mattina, nell’approssimarsi della riunione del G-20, in programma il 3 e 4 novembre prossimi, a Cannes, in Francia.

Il documento che, come ha detto il presidente del Pontificio consiglio, card. Peter Kodwo Appiah Turkson, ha i suoi “cardini nel sacro valore della dignità dell’uomo e nella ricerca del bene comune”, tratteggia anche “alcune tappe e caratteristiche del cammino da percorrere”. Tra queste: l’istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, la richiesta di riflessione sulle forme di ricapitalizzazione delle banche, anche con fondi pubblici, “condizionando il sostegno a comportamenti virtuosi e finalizzati a sviluppare l'economia reale” e non la speculazione.

La nota parte da una analisi sugli aspetti economici, culturali e sociali della crisi in atto che “ha rivelato comportamenti di egoismo, di cupidigia collettiva e di accaparramento di beni su grande scala”. L’economia a partire dalla fine del XX secolo ha visto l'aumento della diffusione della moneta rispetto alla produzione del reddito, le bolle speculative, le crisi di solvibilità e fiducia. E’ un mondo in cui sono aumentate a dismisura le diseguaglianze, il che è “estremamente problematico anche per la pace”. Il tutto sulla base di una “ideologia utilitarista”, per la quale  “l'utile personale conduca al bene della comunità”, mentre “sebbene legittimo, l'utile individuale non sempre favorisce il bene comune”.

Le “ideologia della tecnocrazia” e della “idolatria del mercato”, ha detto il segretario del Pontificio consiglio, mons. Mario Toso, “hanno inciso negativamente sul sistema monetario e finanziario internazionale e globalizzato, provocando diseguaglianze sul piano dello sviluppo economico sostenibile, nonché gravi problemi di giustizia sociale, mettendo a dura prova soprattutto i popoli piu' deboli”. Esse vanno superate “muovendo da un nuovo pensiero, da un nuovo umanesimo globale, aperto alla trascendenza, secondo cui il primato dell'essere sull'avere comanda un'etica più 'amica della persona', ossia un'etica della fraternità e della solidarietà, nonché la subordinazione dell'economia e della finanza alla politica, responsabile del bene comune”.

Di qui la proposta del “passaggio deciso da un sistema di governance - ossia di coordinamento orizzontale tra Stati senza un’Autorità super partes - ad un sistema che, oltre al coordinamento orizzontale, disponga di un’Autorità super partes, con potestà di decidere con metodo democratico e di sanzionare in conformità al diritto”.

Questa autorità mondiale si dovrebbe sviluppare “avendo come punto di riferimento” l’Onu. Nella nuova autorità politica mondiale, dovrebbero convivere politiche di “governance” e di “shared government”, cioe' il coordinamento orizzontale e una autorità super partes. Premessa per la riforma è un “corpus minimo condiviso di regole necessarie alla gestione del mercato finanziario globale”, dopo che è entrato in crisi il sistema di Bretton Woods e il Fondo monetario internazionale ha perso il carattere di stabilizzatore della finanza mondiale.

«Un'Autorità mondiale contro la crisi»


giovani  



di Gianfranco Fabi 24-10-2011

Un giusto equilibrio tra visione profetica (un'autorità politica mondiale) e pragmatico realismo (ricapitalizzare gli istituti di credito), tra valori di fondo (il primato dell'etica sull'economia) e piccoli passi concreti (un corpus mimimo di regole necessario alla gestione del mercato finanziario).

Con il documento pubblicato oggi (Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale), il Pontificio consiglio della Giustizia e della Pace non ha inteso proporre solo un importante spunto di riflessione ed un richiamo molto puntuale in questa fase in cui la crisi finanziaria sembra non trovare soluzione, ma ha anche posto con fermezza alcuni punti che il dibattito politico ha per troppo tempo lasciato in secondo piano.

In primo luogo il tema delle disuguaglianze: alla radice della crisi c'è la crescente distanza tra ricchi e poveri non solo a livello di paesi o di aree geografiche, ma anche all'interno delle società, per la profonda incapacità della politica di valorizzare le risorse ma anche di creare le condizioni per un'equa distribuzione delle stesse. Il documento mette sotto accusa in maniera esplicita il liberismo economico, ma mette (pur timidamente) in luce, come il problema di fondo sia stato il comportamento delle persone che non ha saputo unire alla voglia di ricchezza (che comunque è stata un traino alla crescita) il necessario spirito di solidarietà.

Ritorna il grande insegnamento della Caritas in Veritate: lo spirito del dono e la dimensione della gratuità devono dare un'anima anche al libero mercato, devono costituire elementi fondamentali nel rapporto tra le persone e dare un'anima alla logica degli scambi.

Ma il documento ha al suo centro la necessità di costituire, pur gradualmente, una grande Autorità politica mondiale, non tanto per comandare il mondo, ma per porsi al servizio di tutti i paesi per garantire efficienza e trasparenza dei mercati, per evitare politica iperprotettive, per evitare le crisi derivanti dagli eccessivi deficit pubblici. Si tratta di un obiettivo indubbiamente ambizioso, soprattutto perché lo stesso documento, sottolinea le difficoltà in cui si stanno muovendo le grandi istituzioni mondiali. Ma resta il fatto che una dimensione di governo mondiale, nell'ottica del servizio e non del potere, non può che rimanere un orizzonte forte per chi crede nella dignità di ogni persona, al di là di ogni differenza
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Il Vaticano "indignado": chiede creazione di una Banca centrale mondiale

   di: La Repubblica 24.10.11