Cerca nel blog

lunedì 9 gennaio 2012

NON C'E DIBATTITO IN TV CHE NON CI PORTI L'ESEMPIO DELLA DANIMARCA, EFFICIENTI NEL COLLOCARE I DISOCCUPATI? NON SOLO !! PAESE DA PRENDERE AD ESEMPIO? NO, GRAZIE!!!!




Avanza il progetto choc di eliminazione dei nascituri "difettosi"

di Gianfranco Amato
Tratto da Avvenire del 5 gennaio 2012

Nel suo prometeico tentativo di diventare una "società perfetta", la Danimarca sembra procedere a tappe forzate nel progetto di eliminare tutti i soggetti affetti dalla sindrome di Down. Nel 2004 il governo danese ha impresso una possente spinta a questa battaglia eugenetica offrendo la possibilità di ricorrere gratuitamente alle diagnosi prenatali per l’identificazione, e la conseguente eliminazione a mezzo aborto, dei nascituri "difettosi".

L’obiettivo pare sia quello di raggiungere il primato di unico Paese al mondo «Down Syndrome Free». Esiste anche una data entro cui realizzare il sogno: il 2030.

A rivelarlo è stato, sul finire di quest’anno, un articolo del giornalista Nikolaj Rytgaard apparso sul quotidiano danese Berlingske, con l’inquietante affermazione che «presto nascerà l’ultimo bambino danese affetto dalla sindrome di Down».

Se si considera, poi, che il mezzo da utilizzare per entrare nel Guinness dei primati è l’eliminazione fisica dei feti rischia di apparire alquanto sinistra l’entusiastica definizione di «impresa davvero straordinaria» data al progetto da Niels Uldbjerg, professore di Ginecologia e ostetricia all’Università di Aarhus. È l’eterna tentazione dell’uomo di raggiungere la perfezione senza Dio. Un sogno che è destinato – come la storia dimostra sempre – a trasformarsi in incubo.

Quel campione di realismo cristiano che fu Agostino d’Ippona l’aveva capito già 1. 600 anni fa, quando, nel suo scritto Contra Academicos, affermava che l’uomo non può essere perfetto se non raggiunge il suo fine, che è quello di cercare con tutto l’impegno la verità di Dio. Ma spiegava pure che per quanto l’uomo cerchi di essere perfetto, è tuttavia destinato a restare sempre "umanamente uomo": «Perfectum, sed tamen hominem».

Tornando al tentativo danese, risulta difficile sottrarsi a qualche interrogativo.

Siamo davvero sicuri che possa considerarsi migliore una società composta da esseri umani geneticamente perfetti, in cui non ci sia più bisogno di sperimentare alcun sentimento di amore, di carità, di solidarietà nei confronti di soggetti deboli e indifesi, nella quale non sia più necessario comprendere e accogliere chi appare fisicamente diverso? In assenza di un valore etico, su cosa si fonda il criterio per stabilire chi debba far parte della razza geneticamente superiore autorizzata a eliminare quella geneticamente inferiore? Chi determina i requisiti per ammettere una persona nella 'società perfetta'? E chi garantisce i limiti di quei requisiti? Chi può escludere, ad esempio, che il prossimo passo in Danimarca non sia l’eliminazione dei nascituri affetti da diabete, da malattie cardiache, da cecità... ? Siamo proprio sicuri che per raggiungere la perfezione occorra far prevalere la logica spartana del Monte Taigeto rispetto all’esortazione evangelica di amare il prossimo come se stessi?

Molti hanno avuto la fortuna di ascoltare all’ultimo Meeting di Rimini la toccante testimonianza di Clara Gaymard, la figlia di Jérôme Lejeune, scopritore della sindrome di Down, detta anche trisomia 21. Parlando dei propri ricordi personali, Clara ha raccontato che un giorno un ragazzo trisomico di dieci anni si presentò allo studio di suo padre, piangendo convulsamente. La mamma di quel ragazzo spiegò che il figlio aveva visto un dibattito in televisione, in cui si discuteva della possibilità di eliminare i nascituri affetti da sindrome di Down. Il ragazzo gettò le braccia al collo di Lejeune, supplicandolo: «Dottore, vogliono ucciderci tutti; la prego ci protegga, siamo troppo deboli, non sappiamo farlo da soli!». Fu da allora che Lejeune decise di dedicare la sua vita alla difesa di quelle fragili esistenze. Oggi Lejeune, purtroppo, non c’è più. Ma gli sterminatori di quelli che lui definiva «i miei piccoli» sono ancora in circolazione, e invocano sempre lo stesso pretesto: la realizzazione di una società perfetta.

Quella in cui, ovviamente, oltre all’imperfezione umana dev’essere bandito Dio.

ROBERTO CASTELLA: "L'EUROPA NON HA NULLA DA TEMERE DAGLI ITALIANI,MONTI HA RAGIONE" SIAMO DELLE PECORE BUONE SOLO PER FARSI TOSARE,DICO IO.



DI ROBERTO CASTELLA tratto da "ioamolitalia.it" 
8 genn.2012

“L’Europa non deve più aver paura dell’Italia.” Così parlò Monti. Co-dittatore a capo del regime che domina l’Europa.
Non perché i conti italiani siano a posto. Monti non si riferisce certo all’economia, come vuol far credere. Bensì al popolo. Il popolo italiano, che si sta facendo strapazzare, tartassare, espropriare, calpestare, senza battere ciglio. La strategia messa in atto dai poteri forti ha funzionato alla grande! Siamo talmente anestetizzati da non sentire neppure il dolore causato da quanto ci stanno facendo. Ci hanno privati della libertà, della democrazia, dell’identità. E noi? Muti. Proni. RINCOGLIONITI.

Monti ha dimostrato ai suoi colleghi co-dittatori che gli italiani non sono più pecorelle smarrite. Il popolo italiano è rientrato nei ranghi e si è adeguato perfettamente a tutte le ingiustizie economico-sociali che già da mo’ avevano accettato tedeschi e francesi . Finalmente anche l’operaio quarantenne italiano che ha iniziato a lavorare a 15 anni, potrà contribuire al salvataggio dell’Europa andando in pensione a 70 anni con 55 anni di lavoro sulle spalle e quindi di contributi versati. Le lacrime della Fornero sono davvero patetiche. E’ una riforma crudele, messa in atto consapevolmente dai poteri forti contro il popolo italiano. Certo la reazione dei sindacati è stata epocale!! Ben 3 ore di sciopero!!!!

Effettivamente, l’Europa non ha nulla da temere dagli italiani. Monti ha ragione. Siamo stati testati e siamo risultati innocui. Inerti. Ci possono fare tutto quello che vogliono. Il sig. Napolitano ci mena per il naso come e quando vuole. L’Europa ha vietato l’esercizio della democrazia in Grecia, dove ha proibito lo svolgimento di un referendum, e sta facendo lo stesso in Italia, dove detta l’agenda politica ed economica. E non solo.

Guai a chi dovesse alzare la testa in un momento di ritrovata lucidità. Verrebbe immediatamente soppresso.LEGGI TUTTO

COMINCIAMO CON APPROFONDIRE E MEMORIZZARE CIO' CHE SCRIVE ANTONIO SOCCI....


Altro che Ungheria! 
In pericolo è la NOSTRA libertà !!

di Antonio Socci


Non mi piace (e mi preoccupa) l’andazzo del governo di Victor Orban, in Ungheria: penso che il Partito popolare europeo (di cui Orban è vicepresidente) dovrebbe discuterne subito.
Ma vedendo che Corriere della sera e Repubblica già lanciano la crociata contro il governo di Budapest, eletto da una maggioranza di due terzi, mi chiedo: siamo sicuri che noi italiani possiamo permetterci il lusso di dare lezioni all’Ungheria?
COMPAGNO NAPOLITANO
Temo che gli ungheresi possano dirci: cari signori italiani che volete insegnarci il liberalismo, voi avete eletto presidente della Repubblica, dunque simbolo morale di tutta la vostra nazione, e tutti i giorni incensate sui giornali (a cominciare da Corriere, Repubblica e Stampa), un uomo politico che fu dirigente del Partito comunista di Togliatti e di Stalin.
L’on. Napolitano, nel 1956, quando i carri armati sovietici schiacciarono nel sangue il nostro popolo che chiedeva libertà, si pronunciò così: “L’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione ma alla pace nel mondo”.
Quell’invasione (“per la pace”) massacrò 2700 ungheresi, oltre alla libertà e all’indipendenza di quel Paese. Congelando un’evoluzione che poteva iniziare allora e non nell’89.
Noi replicheremo che Napolitano ha poi riconosciuto l’errore.
Ci mancherebbe! Volete che quarant’anni dopo, a comunismo crollato – ci diranno gli ungheresi – esaltasse ancora l’invasione?
Ma il passato conta e non può essere cancellato. Specie se uno non si ritira in pensione, ma diventa presidente della Repubblica. E specie se volete dar lezioni di libertà a noi.
D’altra parte, bisogna ammettere che se si legge l’ “autobiografia politica” di Napolitano intitolata “Dal Pci al socialismo europeo” (Laterza), uscita nel 2005, alla vigilia della sua elezione al Quirinale, la “revisione” sui fatti ungheresi sembra ancora il dibattito interno al Pci: dà ragione ad Antonio Giolitti e a Di Vittorio, riconosce che avevano ragione i dirigenti comunisti ungheresi che si opposero ai carri armati e furono spazzati via, ma non dà ragione agli anticomunisti.
Ed evita di fare i conti con tutta la verità storica.
RIVELAZIONI SU TOGLIATTI
LEGGI TUTTO

PERCHE' LA UE E' COSI' "RISCALDATA"SULLE DECISIONI DEL GOVERNO UNGHERESE ???



i fatti ungheresi

di Assuntina Morresi
gennaio 8th, 2012 
Un leader stravotato dal suo popolo che prende una maggioranza stratosferica in parlamento, e si appresta a fare importanti riforme.  Che in nome di quella maggioranza scrive la costituzione del suo paese, esaltandone l’identità, anche cristiana. Una protesta di minoranze, fortemente appoggiata da una campagna stampa internazionale denigratoria. Ricorda qualcosa?
E’ l’Ungheria. Quel paese che nella costituzione ci ha appena messo la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale, e pure del matrimonio fra un uomo e una donna. E guarda caso, lo attacca la grande stampa internazionale – a partire dal Corriere della pasSera (copyright Dagospia) – e lo difende Giuliano Ferrara. Ricorda qualcosa? Leggete qua,  e poi qua, e  poi meditate, gente, meditate.

SANTE PAROLE:"I PARADISI FISCALI NON CI SAREBBERO SE NON CI FOSSERO GLI INFERNI FISCALI!"


tasse insostenibili

La pressione fiscale è insostenibile 

di Robi Ronza
06-01-2012





I paradisi fiscali non ci sarebbero se non ci fossero gli inferni fiscali: e l’Italia è uno di questi. I cittadini hanno il dovere di pagare le imposte, ma le istituzioni (nel caso italiano lo Stato, che continua a detenere ogni competenza in materia) hanno il corrispondente dovere di non depredare i cittadini, la società civile. E nel caso del nostro Paese senza dubbio di depredazione si deve parlare non soltanto per il prelievo fiscale che ormai si sta avvicinando al 50 per cento della produzione interna lorda, Pil, ma anche per le forme di usura che in vario modo lo caratterizzano: in primo luogo i cosiddetti acconti che, essendo vicini al 100 per cento del dovuto, si configurano come imposte sul reddito futuro, e poi penali spropositate per minimi ritardi sulle scadenze dei pagamenti (dei piccoli;  quando invece a evadere o a ritardare pure di anni i pagamenti sono grandi ricchi allora si arriva non di rado a concordati con enormi sconti).  



Quando dunque si richiama al dovere morale di pagare le imposte che incombe sui cittadini, sarebbe equo, opportuno e importante richiamare contemporaneamente lo Stato, e quindi il governo e il parlamento, al dovere morale di non porre sulle loro spalle un onere fiscale soffocante. Altrimenti si finisce, anche senza volerlo, di assegnare al potere politico una patente di innocenza a priori che non fa bene né a chi lo esercita né al Paese. L’attentato dello scorso 9 novembre al direttore generale di Equitalia e le lettere minatorie spedite a sedi di tale società in tutta Italia in questi ultimi giorni sono un campanello d’allarme da non trascurare. Si tratta ovviamente di un crimine e di intimidazioni assolutamente esecrabili. Ciò fermo restando, tali episodi sono però anche il sintomo, seppur estremo e patologico, di un disagio generale dell’intera società civile italiana: un disagio che sarebbe saggio non sottovalutare. In altre epoche e circostanze sarebbero stati presi altri settori della pubblica amministrazione o anche  realtà private. Questa volta invece è stato spedito un pacco bomba al gran capo dei dazieri. Sarebbe il caso di tenerne conto.


Anche in questa materia il governo Monti si sta dimostrando di una convenzionalità sconfortante. Se è vero come è vero che oggi soltanto una ripresa dell’economia ci può salvare da guai sempre maggiori, allora l’itinerario da percorrere  passa attraverso le tappe seguenti: taglio rapido e consistente della spesa dello Stato e riforma generale organica della sua macchina amministrativa, riduzione della pressione fiscale, abrogazione di leggi e norme amministrative che intralciano e rallentano le attività produttive. Viceversa di riforma dell’amministrazione statale nemmeno si parla; si ventilano tagli lineari che con l’amministrazione statale che abbiamo provocheranno tagli dei  servizi senza affatto incidere sugli sprechi e le inefficienze dell’apparato; si aumentano le imposte fino a livelli che faranno dilagare sempre di più l’evasione fiscale. 



L’esperienza dimostra che a un livello di pressione fiscale come quello che abbiamo in Italia l’evasione fiscale non scende comunque a livelli “fisiologici” mentre ogni ulteriore meccanismo di controllo non solo provoca ulteriori costi ma anche intralcia ulteriormente le attività produttive.  In tale quadro i “blitz” di squadre di ispettori fiscali come quello dei giorni scorsi a Cortina d’Ampezzo sono in sostanza pura demagogia.



Le imposte non sono una norma, né tanto meno uno strumento di riforma sociale.LEGGI TUTTO 

martedì 3 gennaio 2012

APPELLO DI LUCA PEOTTA AI COLLEGHI IMPRENDITORI CHE..... NON SANNO PIU' RESISTERE: "PARLIAMONE"


“Io, imprenditore in crisi, ho pensato al suicidio. Ma se ne può uscire e vi racconto come”
pensionato di 74 anni di Bari che prendeva 700 euro al mese e che si è buttato dal balcone quando l’Inps gli ha chiesto di restituirne 5mila. Il titolare di uno dei più importanti concessionari di moto di Catania che la notte di Capodanno ha prima ingerito barbiturici e poi si è impiccato per il peso di vedersi costretto a licenziare i suoi otto dipendenti. L’allevatore schiacciato dai debiti e stritolato dagli usurai che si è sparato un colpo in testa a Santa Venerina, alle pendici dell’Etna. Senza contare chi si è suicidato dopo aver perso il posto di lavoro, chi non lo ha mai trovato, chi si scopre all’improvviso povero nel Paese con la settima economia del mondo ma che sta per licenziare altre 400mila persone.

La crisi non solo morde. La crisi umilia. E spesso uccide.Dall’inizio del 2012, quindi solo negli ultimi tre giorni, gli imprenditori che si sono tolti la vita sono già una decina. La maggior parte di loro lo ha fatto durante la notte di Capodanno. Forse per non voler vedere come sarebbe andato a finire. Lo racconta Luca Peotta, 44 anni, fondatore di “Imprese che resistono”, associazione nata nella primavera del 2009 dopo il periodo più difficile della vita di questo piccolo imprenditore di Cuneo che fin da ragazzino produce forni industriali a Villa Falletto.
(...) “Ma suicidarsi no, mai”. Perché no? “Perché è un ripiego troppo superficiale. Suicidarsi vuol dire lasciare la propria famiglia non solo nella disperazione, ma anche nei guai. Piuttosto gli imprenditori si rivolgano a Imprese che resistono, magari non ci saranno soldi, ma si può trovare supporto morale e anche scambiarsi lavoro”.
Quello di Peotta è un appello senza retorica a chi sta pensando di mollare. E arriva da uno che a fondo ci è andato anche lui: “Non isolatevi, a tutto c’è rimedio”. Piuttosto dite: domani voglio suicidarmi. Benissimo, 24 ore prima, però, parliamone”.

NAPOLITANO, NEL DISCORSO DI CAPODANNO, HA INVITATO GLI ITALIANI A "CREDERE IN SE STESSI" E.....SE FOSSE CREDERE IN DIO ???

Chesterton contro Napolitano

di Riccardo Cascioli
03-01-2012







“Gli uomini che davvero credono in se stessi stanno nei manicomi”. Così scriveva il grande scrittore inglese Gilbert K. Chesterton nel 1908 all’inizio del libro “Ortodossia”. 

Una affermazione che è tornata in mente ascoltando il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che – nel mezzo di un discorso sostanzialmente scontato e banalotto – non ha mancato di invitare gli italiani ad avere "fiducia in se stessi". 



Un tema, quello della fiducia, che è sicuramente caro a Napolitano,visto che in quasi tutti i messaggi di fine anno rivolge lo stesso invito: già nel suo primo discorso nel 2006 esordì infatti sostenendo che “un paese come il nostro deve e può avere fiducia in se stesso”, e l’anno successivo notò che “possiamo avere più fiducia in noi stessi”. 



In effetti il tema della fiducia negli ultimi anni è diventato ricorrente nel dibattito politico, soprattutto ha accompagnato in modo direttamente proporzionale l’aggravarsi della crisi economica mondiale. Si sostiene infatti che la stagnazione e la recessione siano precedute da una crisi di fiducia, che paralizza gli investimenti e blocca perciò la crescita. Senza fiducia nel futuro si è destinati all’estinzione: ne è un drammatico indicatore la forte denatalità che caratterizza tutta l’Europa, e l’Italia in particolare.


Se questo è vero, sarebbe scontato chiedersi: da dove nasce la fiducia? La risposta del capo dello Stato – “in noi stessi” – non è altro che la riproposizione in altri termini di quell’ottimismo della volontà di craxiana memoria, che anche Berlusconi ha interpretato a suo modo. Eppure, abbiamo visto – vediamo - che lo slancio generato da questo ottimismo della volontà, da questo “credere in se stessi” ha il fiato corto, ha vita molto breve. E meno male, diremmo con Chesterton, perché significa che non siamo un popolo di pazzi.

L’affermazione dello scrittore inglese era la risposta a un facoltoso editore con cui stava passeggiando, il quale disse di qualcuno: “Quell’uomo farà strada perché crede in se stesso”. Così oggi il presidente della Repubblica, e non solo lui, sostiene che l’Italia uscirà dalla crisi se crederemo in noi stessi. Ma – spiegava ancora Chesterton all’editore – quelli che credono in se stessi “lei dovrebbe conoscerli  tutti. Quel poeta ubriacone, di cui non ha accettato di pubblicare una cupa tragedia, credeva in se stesso. Quell’anziano ministro del culto col suo poema epico, che ha evitato di incontrare nascondendosi nel retro, lui credeva in se stesso. Se lei esaminasse la sua esperienza lavorativa, invece della sua ignobile filosofia individualista, saprebbe che credere in se stessi è uno dei segni più comuni del cialtrone. Gli attori che non sanno recitare e i debitori che non vogliono saperne di pagare credono in se stessi. Sarebbe più vero dire che un uomo fallirà sicuramente perché crede in se stesso. Essere assolutamente sicuri di sé non è solamente un peccato; essere assolutamente sicuri di sé è una debolezza. Credere ciecamente in se stessi è una convinzione isterica e superstiziosa…”.

Se dunque la fiducia non può fondarsi su noi stessi, se credere in se stessi è una follia, dove fondarla? E’ la stessa domanda che l’interlocutore pone a Chesterton: “Se un uomo non deve credere in se stesso, in cosa deve credere?”.

La risposta di Chesterton è il libro “Ortodossia” – rieditato recentemente in italiano da Lindau -, una riproposizione ragionata della fede cristiana. Solo l’apertura e l’adesione a Qualcuno di più grande di noi e dei nostri limiti, può darci fiducia. Solo l’appartenenza alla Chiesa è la strada sicura per avere un futuro. Ci si conceda ancora una citazione di Chesterton: “L’ortodossia è non solo l’unico guardiano sicuro della morale e dell’ordine, ma è anche l’unico guardiano logico della libertà, dell’innovazione e del progresso. Se vogliamo far cadere il ricco oppressore, non possiamo farlo con la nuova dottrina della perfettibilità umana, ma con la vecchia dottrina del peccato originale. Se vogliamo sradicare crudeltà innate o risollevare popolazioni disperate, non possiamo farlo con la teoria scientifica secondo cui la materia precede lo spirito, ma con la teoria sovrannaturale secondo cui lo spirito precede la materia. (…) Se desideriamo che la civiltà europea vada in soccorso delle anime così come ne va all’assalto, dovremmo insistere fermamente sul fatto che esse sono davvero in pericolo, piuttosto che affermare che il pericolo al quale sono esposte sia in fin dei conti irreale”.

PER CHI SCRUTA IL FUTURO.....


La profezia dei Maya, gli oroscopi…. A milioni vanno dietro a queste favole, specialmente con l’ingresso nel 2012 e complice l’incertezza provocata dalla crisi. Si ignorano invece le profezie vere e documentate.
Quali sono?
Anzitutto le trecento profezie messianiche dell’Antico Testamento, clamorosamente compiutesi fin nel dettaglio in Gesù di Nazaret.
Da allora chi ha fatto profezie che effettivamente si sono storicamente realizzate è, nelle sue diverse apparizioni, la Madonna che non a caso la Chiesa venera come “Regina dei profeti”.
IL SOLE DI FATIMA
Quella più nota e più recente è contenuta nel messaggio dato a Fatima nel luglio 1917. Garantito dal clamoroso prodigio del sole, accaduto il 13 ottobre 1917 davanti a 70 mila persone (fra cui diversi agnostici e atei).
Prodigio documentato sui giornali laici del tempo.
La profezia cominciò ad avverarsi un mese dopo con la rivoluzione bolscevica in Russia, predetta dalla Madonna.
Ora abbiamo una nuova, clamorosa conferma di un altro dettaglio della profezia grazie all’apertura degli archivi di stato britannici per i documenti che hanno superato i trent’anni, quindi quelli relativi al 1981.
E’ una storia che sta venendo alla luce proprio in queste ore (ne ha scritto ieri Enrico Franceschini su Repubblica), ma per capirne la portata e il legame con Fatima bisogna fare un passo indietro.
Nell’apparizione del luglio 1917 la Madonna affidò ai tre bambini un messaggio importantissimo: lei sarebbe tornata a chiedere “la consacrazione della Russia” al suo Cuore immacolato, da parte del Papa e dei vescovi, e “la comunione riparatrice dei primi sabati”.
Se fosse stata ascoltata questa sua richiesta il mondo avrebbe avuto pace, in caso contrario nessuno avrebbe potuto fermare una seconda guerra mondiale e una diffusione del comunismo nel mondo che avrebbe scatenato persecuzioni contro i cristiani, orrori e guerre.
In effetti la Madonna tornò ad apparire a suor Lucia nel 1929 dicendo che quella era l’ora, ma non fu ascoltata. Per questo accadde tutto ciò che aveva predetto.
WOJTYLA IL GRANDE
Nel 1978 divenne papa Giovanni Paolo II. Soprattutto dopo l’attentato del 13 maggio 1981, i cui mandanti stavano ad est, ritenendo di essere stato salvato miracolosamente  proprio dalla Madonna di Fatima di cui, esattamente in quel giorno, si celebrava la festa, decise di riprendere in mano il messaggio di Fatima.
Fin dal 1981 cercò dunque ripetutamente di fare la consacrazione chiesta dalla Madonna, ma lui stesso dovette superare forti opposizioni degli ambienti ecclesiastici.
Il Papa comunque la fece – come potè – il 25 marzo 1984. In quella celebrazione solenne pronunciò una preghiera drammatica e toccante, dove fra l’altro gridava:
“Madre degli uomini e dei popoli… dalla fame e dalla guerra, liberaci! Dalla guerra nucleare, da un’autodistruzione incalcolabile, da ogni genere di guerra, liberaci!”.

Anni dopo venni in possesso di una straordinaria intervista di suor Lucia che il 14 ottobre 1993 era stata registrata con la telecamera da un giornalista portoghese (la trasmisi in tv, ad Excalibur).

In essa l’anziana suora, fra le altre cose, faceva questa sorprendente affermazione: “La Consacrazione del 1984 ha evitato una guerra atomica che sarebbe accaduta nel 1985”.
In effetti la Madonna a Fatima aveva predetto che il comunismo avrebbe scatenato guerre e questa profezia era nota e pubblica da anni.
Ma ero perplesso perché non capivo chi e quando poteva aver fatto sapere a suor Lucia che un conflitto nucleare nel 1985 era stato scongiurato grazie alla Consacrazione del 1984, visto che le apparizioni di Fatima erano avvenute molti anni prima.
La risposta mi venne implicitamente il 17 febbraio 2005, quando aprii Repubblica e vi trovai un’ampia intervista al cardinale Bertone.
Il prelato, che più volte aveva fatto visita alla suora portoghese, rivelò, fra le altre cose, che “Lucia ebbe una visione nel 1984, l’ultima ‘pubblica’ di cui non si è mai parlato, durante la quale la Madonna la ringraziava della consacrazione nel suo nome”.
Evidentemente era in quell’occasione che la veggente aveva avuto la clamorosa “informazione” e da una fonte davvero attendibile e “altolocata”.
IL GIORNO DELL’ARSENALE
Tuttavia, ritenendo che una guerra nucleare non scoppia da un momento all’altro senza motivi storicamente accertabili, scrivendo il libro “Il quarto segreto di Fatima”, andai a cercare le notizie di quei primi anni Ottanta che confermavano o smentivano l’esistenza di una condizione prebellica.
Scoprii che in effetti nei primi anni Ottanta la tensione fra Est e Ovest era stata gravissima e aveva toccato il culmine nel 1983, con la crisi degli euromissili. Al Cremlino si succedevano Breznev, Andropov, Cernenko.
Il sistema economico sovietico era ormai al collasso e la sfida militare imposta da Reagan – secondo i capi comunisti – metteva l’Urss davanti a una sola alternativa: o scatenare subito un attacco militare (inevitabilmente nucleare) all’Europa occidentale, prima di trovarsi in minorità militare sullo scenario europeo, o arrendersi al crollo del regime.
Il Cremlino prese dunque in esame la possibilità di un attacco preventivo all’Occidente. E’ in questa terribile situazione, il momento più drammatico dal dopoguerra, che si situa la solenne consacrazione del Papa.
Ebbene, dopo di essa accadono una serie di eventi del tutto imprevisti che di fatto spazzano via la possibilità concreta di una guerra. Ma perché nel giro di pochi mesi il Cremlino accantona l’ipotesi dell’attacco?
Uno dei fatti che possono aver determinato quella svolta, secondo Alberto Leoni, esperto di storia militare, fu l’ “incidente” che mise fuori uso il potenziale militare sovietico, l’esplosione dell’arsenale di Severomorsk, nel Mare del Nord: “senza quell’apparato missilistico che controllava l’Atlantico” spiegava Leoni “l’Urss non aveva più alcuna speranza di vittoria. Per questo l’opzione militare fu cancellata”.
Ebbene, quell’evento accadde due mesi dopo la Consacrazione fatta dal Papa, ma conta soprattutto il giorno: era il 13 maggio 1984, anniversario e festa della Madonna di Fatima e dell’attentato al Papa.
A quel punto l’Urss fu costretta a trovare un’altra via: la (disperata) riforma del sistema sovietico. Così, con la morte di Cernenko, pochi mesi dopo la consacrazione fatta dal Papa, fu chiamato al potere, a Mosca, Mihail Gorbacev.
IL SEGNO DI MARIA
L’uomo delle riforme impossibili (che in realtà portò il comunismo alla fine incruenta) firmò con Reagan il fondamentale trattato per la riduzione degli armamenti e l’eliminazione degli euromissili, che allontanava l’apocalisse nucleare – guarda caso – il giorno 8 dicembre del 1987, quando la Chiesa festeggia l’Immacolata Concezione.
E’ inevitabile ricordare che proprio la profezia di Fatima si concludeva così: “Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”. Ed è stupefacente trovare sempre il “segno” di Fatima in tutte le date che segnano il progressivo dissolversi del comunismo. Infatti l’atto di liquidazione dell’Urss si consumò di nuovo un 8 dicembre (dell’anno 1991) e la bandiera rossa con falce e martello fu definitivamente ammainata dal Cremlino il 25 dicembre 1991, Natale del Signore.
Di nuovo si poteva constatare l’avverarsi della prima profezia di Maria, quella contenuta nel Magnificat: “Dio abbatte i potenti dai troni e innalza gli umili”.
ULTIME RIVELAZIONI

lunedì 2 gennaio 2012

GUARDIAMO SEMPRE CON SOSPETTO CIO' CHE CI APPARE "BUONO",,,,



di Riccardo Cascioli
 



Che quella italiana da repubblica parlamentare si stesse trasformando in repubblica presidenziale era già evidente da tempo. Almeno sin dall’
intervento irrituale del presidente Giorgio Napolitano che impedì al governo di emanare un decreto che avrebbe salvato la vita di Eluana Englaro. Da allora gli interventi di Napolitano – pareri preventivi, messaggi trasversali, richieste di chiarimenti, pressioni di vario genere - si sono fatti sempre più frequenti e hanno interferito notevolmente nelle attività di governo. Al punto che di fatto – anche se non nella forma – nessun atto del governo aveva possibilità di farcela se non era d’accordo Napolitano. Rovesciando in questo modo l’articolo 89 della Costituzione che prevede invece che siano i ministri a dare legittimità agli atti del presidente della Repubblica. 

A ciò hanno sicuramente contribuito anche i leader dell’opposizione – politica e sociale – e la grande stampa che invocavano a ogni piè sospinto l’intervento di Napolitano per bloccare le iniziative del governo. Peraltro negli ultimi tempi del governo Berlusconi l’appello a Napolitano era diventato uno sport di massa: lo ha fatto addirittura anche il Forum delle Associazioni familiari per chiedere una politica più equa nei confronti della famiglia, non rendendosi conto di avere a che fare con un signore che non ci penserebbe due volte a firmare una legge a favore delle unioni di fatto qualora gliela presentassero (e magari tra un po' la invocherà).

Ma nelle ultime settimane questa tendenza si è definitivamente consolidata: dapprima con la formazione del governo Monti, che non a caso in molti hanno chiamato il
“governo del Presidente”
, e poi l’altro giorno con l’invito a procedere speditamente per concedere la cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia.

Quanto al governo, il capo dello Stato ha mostrato grande abilità nel vestire i panni del salvatore della Patria in un momento di grave crisi (e così l’ha descritto la grande stampa), ma in realtà egli è stato piuttosto il regista di una operazione che viene da lontano: ha lentamente ma inesorabilmente ingabbiato l’azione del governo – che peraltro riusciva benissimo già da solo a farsi del male – per poi pilotare il suo superamento con un altro governo. Tecnico, come a dire “neutro”: in realtà, non solo ha fatto in modo che raccogliesse una maggioranza plebiscitaria, comunque ben diversa dall’indicazione emersa dalle urne tre anni fa; ma ha addirittura ispirato un ministero (quello della Coesione territoriale, un assoluto inedito in Italia) in aperto contrasto con quell’idea di federalismo che aveva contraddistinto il governo Berlusconi e per il quale – piaccia o no – era anche stato votato.


Ma una volta insediato Monti, LEGGI TUTTO