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sabato 2 gennaio 2010

NON POTEVAMO INIZIARE L'ANNO SENZA LE PAROLE DI ANDREA MAZZALAI,PAROLE CHE TOCCANO IL PIU' PROFONDO DEL CUORE. BUON ANNO AMICI !

PERSON OF THE YEAR 2010: THE PEOPLE!


Preferisco essere un sognatore tra i più umili, con visioni da realizzare, piuttosto che il principe di un popolo senza sogni né desideri. (Gibran)
Scorrendo le pagine dei giornali di fine anno, oltre ai vari "Person of the Year" dove le facce sono sempre e solo quelle, spesso figlie di un sistema dove il breve termine, la frenesia, distruggono i sogni ed eriggono cattedrali di carta nel deserto relazionale; frugando tra i Nobel dati alla speranza, riesce difficile a scorgere il volto della gente comune, quella di tutti i giorni, gli eroi quotidiani che nella semplicità di un sogno cercano di costruire visioni da realizzare.
Come ho più volte sottolineato, le fondamenta di questa Umanità, siamo noi, la gente comune, che lotta e che soffre ogni giorno in silenzio, quelli della porta accanto, quelli che non hanno volto, ma che vivono a migliaia di chilometri dalla nostra immaginazione.
Gente che non fa rumore, gente che sorride, gente che lotta ogni giorno per un mondo migliore, gente comune, che cade mille volte ma che si rialza per tornare a sognare, a lottare.
Ecco i miei "Person of the Year" non solo per il 2010, ma per ogni anno che è passato, presente e futuro. Siamo noi gli uomini e le donne dell'anno, quelli che possiamo cambiare il volto della Storia, nessuno si senta escluso, nessuno!  Abbiamo l'obbligo morale di costruire cattedrali d' Amore, nel presente e nel futuro, ascoltando l'insegnamento del passato.
Gli uomini e le donne dell'anno, sono le migliaia di volontari che ogni giorno in silenzio dedicano il loro tempo e la loro vita agli altri, senza chiedere nulla, perchè sanno che l'onda di ritorno è di un calore e di un'immensità che è difficile da descrivere. Sono gli operai e gli imprenditori che amano l'uomo e costruiscono il futuro sul rispetto delle reciproche ricchezze, delle reciproche diversità, ognuno importante per l'altro. Sono coloro che nella sostanza amano essere razionali, ma allo stesso tempo conoscono l'importanza dei sogni.
Questo non è il tempo di coloro che amano distruggere questi sogni, delle mille manine che ti invogliano a rilassarti, tanto nulla cambia, tutto è per sempre uguale. Non è il tempo degli appocalitici, di coloro che seminano morte e distruzione, coloro che amano pescare nel torbido, non è il tempo delle cattive notizie solo il tempo del bene in prima pagina. 
Questo è il tempo dell'ottimismo, ma non nel remake di un sistema che ha dimostrato di aver fallito in molte delle sue dimensioni, non nello status quo di un sistema tenuto in piedi da un enorme conflitto di interessi, da un sistema figlio di eccessi continui anche se la Storia testimonia come naturali.
E' pur sempre un sistema, che nonostante tutto è ancora in grado di regalare perle di speranza, perle di saggezza, perle di un futuro migliore. Sta a noi trovarle, condividerle, all'interno del sistema dove non tutto è da rivedere, ma in particolar modo nelle alternative che sono nascoste in ogni angolo della terra.
Dobbiamo tutti, nessuno escluso, fare un passo indietro!
Lo dobbiamo ai "Superman of the Year" a quei milioni di uomini e donne, figli dei sotterranei dell'umanità, gli ultimi, i diseredati, coloro ai quali questo sistema ha violentato i sogni, la speranza, il futuro, in maniera particolare ai bambini, che nonostante tutto sono in grado di offrire un sorriso e una dignità che nessuno di noi è in grado di comprendere, di sognare di offrire.
Chi può dimenticare alcuni passi della stupenda "Lettera ad un figlio" di Ryduard Kipling scritta nel 1910....
(...)Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone; 

Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;

Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina 

E trattare allo stesso modo quei due impostori; 

Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto

Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi

O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante, 

E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;(...)
Nella splendida lettera ad un figlio che qui sotto vi riporto, vi è molto di quello che è il senso del navigare oggi controcorrente. Vi sono molte più isole di Speranza nella quotidianità della nostra vita di quelle che questa lettera lascia trasparire, ma allo stesso tempo è un fiume impetuoso di razionalità che racconta una realtà che giorno dopo giorno cerca di sequestrare le nostre esistenze, quelle dei nostri figli, quelle dei nostri nipoti, la dolce melodia del breve termine, del tutto e subito, senza fatica... Sarà come remare controcorrente. Metti in conto anche il venir deriso, scavalcato, sbertucciato perché credi ancora nella serietà dell'impegno e della fatica delle cose, indispensabili per raggiungere il risultato.
Lettera a un figlio: non arrenderti

"Caro figlio mio, il primo decennio degli anni 2000 è finito e stiamo per imboccarne un altro. Le speranze e le attese allo scoccare del millennio, dieci anni fa, sono andate in gran parte deluse. Il Paese in cui ti appresti a diventare grande è un Paese in pieno declino: economico, sociale, politico, morale. Non c'è indicatore statistico o parametro comparativo che non ci spiattelli ogni giorno inesorabilmente l'arretramento in cui ci inabissiamo. Caro figlio mio, sei ancora alla scuola dell'obbligo ma già sei consapevole che il futuro che ti aspetta non sarà quello dei tuoi genitori e della generazione che ti ha preceduto. Mi domandi se, quando sarai grande, avrai un lavoro, e non so darti risposta visto che oggi a 40 anni si è ancora precari, e tutti i posti di lavoro di qualche rilievo sono già occupati. Mi domandi se studiare serve, visto che nel nostro Paese la competenza e la preparazione sono requisiti secondari: ciò che conta sono le conoscenze e le furbizie levantine, che premiano chi chiacchiera di più e vende fumo rispetto a chi ha studiato e si è fatto il mazzo per prepararsi alla vita.

Certo, hai ragione: le ultime due generazioni si sono mangiate tutto, anche la tua parte. Sono andate in pensione a 40 anni, a 50, a 55, quando tu, se andrà bene, se la pensione ci sarà ancora e se sarai riuscito a raggiungerla mettendo insieme i mille spezzoni lavorativi a cui sarai costretto, l'avrai forse a 70 anni, e sarà una miseria. Il posto fisso non esiste più. E nemmeno lo spazio per costruirti la casa c'è più, visto che le due generazioni che ti hanno preceduto hanno consumato più territorio loro di tutta l'umanità messa insieme dai tempi del big bang. Pure il benessere che riuscirai a raggiungere, per te e la tua famiglia, per la prima volta sarà in dubbio. Non è detto che tu potrai godere dello standard di vita con cui sei cresciuto, perché i prossimi anni si presentano ancor più duri, più in salita, più difficoltosi. Per la prima volta da secoli, la generazione successiva avrà di meno della generazione precedente, consumerà di meno, potrà godere di minori vantaggi e prospettive, non potrà realizzare i suoi sogni, perché non c'è più spazio per realizzarli.

Anche se sei piccolo, figlio mio, ti stai rendendo conto di come si sia abbruttita la società in cui vivi, involgarita, arrabbiata, senza speranza. Quando accendi la televisione, ti si riversa addosso una vomitevole colata di urla, di vuoto, di abbruttimento morale e civile. Mi domandi qual'è la differenza tra politica e spettacolo, e non so darti la risposta, perché la politica ha rinunciato da tempo a guidare il Paese per accontentarsi di farlo ridere (o piangere), di assecondarlo nei suoi istinti più bassi e bestiali, anzi di cavalcare le sue paure, le sue insicurezze, alimentando l'odio per trarne qualche vantaggio elettorale.

Ti capisco, quindi, figlio mio, per come sei rimasto impressionato giorni fa, quando ti è caduto l'occhio su quel titolo in prima pagina di "Repubblica" che tuo padre incautamente ha portato a casa. Era la lettera di Pierluigi Celli a suo figlio. E il titolo diceva: "Figlio mio, lascia questo paese". Mi hai chiesto se era vero, se anche tu avresti dovuto lasciare il Trentino e l'Italia, perché questa nostra Patria non dà più futuro ai suoi figli. Allora non ti ho dato risposta, e i tuoi occhi ne sono rimasti impressionati. Domani un nuovo anno si apre, un nuovo decennio prende avvio. Di solito ci si fanno gli auguri. Questa volta io non ti faccio gli auguri, ma ti dico ciò che mi viene dal profondo del cuore. Ci ho pensato molto alla tua domanda. E ti dico: no, figlio mio, non lasciare il nostro Paese. Non arrenderti allo sfascio in cui siamo ogni giorno sempre di più avviluppati. Non ascoltare tanta classe politica, la televisione, i "grandi" maestri del pensiero di oggi, che vogliono dissuaderti dal pensare al futuro. Certo il messaggio che propinano è suadente. Ti dicono: vivi solo il presente, non preoccuparti di quello che avverrà domani, carpe diem, consuma, spendi, batti le mani, non serve impegnarsi, essere responsabili, dire la verità, assillarsi per ciò che verrà dopo. Tu goditi solo l'oggi, e fregatene del resto.

Lo so, è il contrario che io e tua madre, faticosamente, cerchiamo ogni giorno di trasmetterti. E' l'opposto dei valori su cui abbiamo costruito la nostra famiglia, quelli che hanno spinto anche i nonni a lottare per vincere la miseria della guerra e la povertà del Trentino del dopoguerra per costruire loro e per i loro figli un domani. Non avrebbero fatto nulla e raggiunto alcun risultato, se avessero anche loro pensato solo a galleggiare sul presente, senza la memoria di ciò che era stato il passato e una fortissima speranza e attesa per il loro domani.

Sicuramente sarà faticoso, più faticoso di quello che è stato lo sforzo di tuo padre e di tua madre. Ma non arrenderti. Non scappare. Non rinchiuderti nel nirvana di chi non vuol vedere la realtà delle cose, rincorrendo il sogno di fare la velina o il calciatore.

Tu studia, impegnati, sgobba. Se la tua insegnante ti dice di leggere un libro, tu leggine due. Se tuo padre e tua madre non ti impongono delle regole e una disciplina, tu richiedila. Se chi ti sta attorno infrange le regole, rispettale ancor di più, perché solo così si può salvare quel resto di civiltà che fa ancora di noi una comunità e non la giungla. Mettiti nel conto di sudare una lunga gavetta, di fronteggiare una competizione spietata, molto di più di quella che c'è stata fino ad oggi. Assorbi dentro di te il metodo dell'impegno, della fatica, della tenacia, del non lasciar perdere al primo ostacolo. E' l'unico metodo che conosco che ti potrà dare un futuro, in un'epoca e in una società che non vuole pensare al futuro. Sì, dovrai preoccuparti anche di pagare i debiti che noi abbiamo fatto al posto tuo. Dovrai lavorare per risanare i conti che noi allegramente abbiamo sperperato, lasciando sulle tue spalle montagne di debito pubblico. Dovrai anche risanare i disastri ambientali che in una generazione o due, abbiamo arrecato al nostro territorio, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del pianeta.

Dovrai armarti di resistenza, forza morale, solidi valori, capacità di essere comunità, cose che troppo a lungo abbiamo sventuratamente deriso e picconato. E dovrai lanciarti con coraggio, generosità e passione in questa avventura. L'avventura di poter dare ancora un futuro a te e al tuo Paese, senza essere costretto a scappare. Sì, lo so, fa paura pensare di dover combattere ogni giorno con una società fatta di apparenza invece che di sostanza, di spreco invece che di sobrietà, di eccessi invece che di senso del limite. Ma qui si vedrà se vali, perché io e te sappiamo già che sarà dura, che probabilmente andando all'estero otterresti più soddisfazione, più civiltà dei rapporti, più serietà delle istituzioni e di chi le incarna, più senso di patria di chi pensa solo al proprio interesse e tornaconto personale spacciandolo spudoratamente per Bene comune, in realtà completamente ignorato.

Non so se ce la farai. Non so se ce la faremo. Ma a poche ore dalla mezzanotte, quando stapperemo lo spumante, mi sento di dirti che questo è il vero augurio che dobbiamo farci: non arrenderci. Sarà come remare controcorrente. Metti in conto anche il venir deriso, scavalcato, sbertucciato perché credi ancora nella serietà dell'impegno e della fatica delle cose, indispensabili per raggiungere il risultato. Vai avanti lo stesso, come quando l'estate andiamo in montagna e vediamo la cima, ed è fatica e sudore salire per arrivarci. Ma solo così ci si arriva. Figlio mio, non arrenderti. Buon 2010."




di Pierangelo Giovanetti - direttore quotidiano "l'Adige"
Buon anno a tutti i sognatori di un mondo migliore, che lavorano per realizzarlo  e buon anno anche a coloro che vivono come principi di un futuro senza sogni, senza speranza, ma sopratutto buon anno a coloro che sanno che nella consapevolezza possono trovare il segreto di una rivoluzione silenziosa, della serenità interiore.

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