tratto da www.corrispondenzaromana.it/ di Cristina Siccardi)
Il Cardinale Godfried Danneels, creato Cardinale nel febbraio del 1983 da Giovanni Paolo II, Primate della Chiesa belga per trent’anni, dal 1979 al 2009 e chiamato personalmente da papa Francesco come “esperto” per partecipare al Sinodo sulla famiglia nel 2014, secondo i politici Philippe Moreau (Partito Socialista) e Mark Eyskens (CVP, Partito Cristiano Democratico Fiammingo), fece pressioni su re Baldovino affinché, nel 1990, firmasse la legge di introduzione dell’aborto in Belgio. Il Cardinale Danneels è già noto ai media a causa delle sue coperture sugli scandali della pedofilia negli ultimi anni. Proprio per queste ragioni alcune testate giornalistiche chiesero che il prelato non prendesse parte al Conclave del 2005. La notizia, che il Cardinale si è rifiutato di commentare, è stata riportata in un documentario della Flemish Broadcasting Corporation VTM il 6 aprile scorso
ed è stata rilanciata dal sito statunitense Rorate Coeli
nonché da Marco Tosatti de “La Stampa” (http://www.lastampa.it/2015/04/11/blogs/san-pietro-e-dintorni/danneels-baldovino-laborto-uAwBJ7jHUKH3zYxFYLNjVP/pagina.html).
A motivo delle torbide e infami storie coperte e scoperte fra il clero belga, non stupirebbe un possibile atteggiamento pro-aborto dello stesso Cardinale, la cui posizione si colloca da sempre in una linea ultraprogressista. Bisogna ricordare che il Cardinale frequentava spesso la Casa reale del Belgio, era un punto di riferimento sia per la celebrazione dei matrimoni, sia per i battesimi dei nipoti di Re Baldovino e della regina Fabiola. Oltre a tenere i riti liturgici, il Primate era invitato anche alle rispettive ed altre feste familiari. Queste frequentazioni devono aver inciso in qualche modo sulle scelte fatte dallo stesso sovrano. Di chi fu l’idea di un’abdicazione a tempo determinato, quando il Parlamento decise di legiferare in materia di aborto? Di Baldovino, del Cardinale o di entrambi? Sta di fatto che la responsabilità di quella decisione fu enorme. È vero che il sovrano cattolico sospese l’esercizio dei suoi poteri per impedimento di coscienza, ma con questo atteggiamento non arrestò quel disegno, che proseguì il suo cammino di morte. Un regnante, un uomo di governo, un uomo politico che si definisce «cattolico» può chinarsi ad una simile scelta? All’epoca Baldovino dichiarò: «È normale che io sia l’unico cittadino belga costretto ad agire contro la sua coscienza in una questione così importante? La libertà di coscienza vale per tutti, tranne che per il re?». Baldovino rifiutò sì di firmare la legge sull’aborto, ma per farlo si dimise soltanto per qualche giorno. In questo modo si comportò un po’ come fece Pilato: lavò e levò le mani, dando però il tempo tecnico al Governo di promulgare quella legge.
Il caso di re Baldovino ricorda, come scrive Romano Amerio, «quello di Vittorio Emanuele II che rifiuta di ritirarsi circa la politica in materia ecclesiastica, sebbene la ritrattazione gli fosse chiesta dal confessore come condizione per assolverlo»: era il settembre del 1869, quando Vittorio Emanuele II si trovava a San Rossore in pericolo di vita. Spiegava quindi Amerio il 31 maggio 1990 per commentare la scelta di Baldovino: «Sono queste le aporie insorgenti dalla distinzione tra la persona privata e la persona pubblica. Il vero si è che l’officio adempiuto da un individuo come persona pubblica non può mai estinguere in quell’individuo l’obbligazione morale inerente a ogni individuo. Chi porta la persona pubblica è l’individuo. E se le persone, come suona il vocabolo, sono maschere sceniche, è innegabile che dietro l’una e dietro l’altra c’è un unico soggetto responsabile. Il concetto tutto moderno della irresponsabilità del sovrano costituzionale finisce con distruggere il diritto individuale» (Zibaldone, Lindau, p. 109, n. 183).
Tutti ricordano che la battaglia pro-aborto in Italia venne svolta dai radicali. Nel 1975 i mezzi di comunicazione puntarono i loro riflettori sulla questione dell’aborto dopo l’arresto del segretario del Partito Radicale Gianfranco Spadaccia, della segretaria del Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto (CISA) Adele Faccio e della militante Emma Bonino, per aver praticato aborti (per scopi politici), dopo essersi autodenunciati alle autorità di polizia. Ma pochi ricordano che la 194 è l’unica legge sull’aborto al mondo che porti la firma esclusivamente di uomini politici tutti cattolici. Quando venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 22 maggio del 1978, portava in calce la firma di cinque politici della Democrazia Cristiana: il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, i ministri Tina Anselmi, Francesco Bonifacio, Tommaso Morlino, Filippo Maria Pandolfi. I membri dell’esecutivo dello scudo crociato avrebbero potuto dimettersi, ma rimasero al loro posto «per il bene del Paese», versando il sangue innocente di italiani mai nati, neanche resi degni di avere un nome. Il Capo dello Stato, anch’egli democristiano, Giovanni Leone, avrebbe potuto rimandare la legge 194 alle Camere per sospetta incostituzionalità, senza neppure rassegnare le dimissioni, in base all’articolo 74 della Costituzione. Invece, dopo quattro giorni, firmò. Oggi però andiamo ancora oltre, si viene a sapere che un Cardinale ha appoggiato l’aborto nel suo Paese. Nonostante tutto ciò che rappresenta Danneels, egli ha una notevole influenza nella Chiesa e raggiunge Roma molto più spesso di quando era Arcivescovo di Meichlin-Bruxelles.
Fino a quando queste «maschere sceniche» useranno Vangelo e Sacramenti per i loro disegni di legge terreni, trascurando i disegni di legge divini? Precisava il 6 ottobre 2005 al Sinodo dei Vescovi il Cardinale Lopez Trujillo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia: «I politici e i legislatori devono sapere che, proponendo o difendendo i progetti di legge inique, hanno una grave responsabilità e devono porre rimedio al male fatto e diffuso per potere accedere alla comunione con il Signore che è via, verità e vita». Inoltre domandava: «Si può permettere l’accesso alla comunione eucaristica a coloro che negano i principi e i valori umani e cristiani? La responsabilità dei politici e legislatori è grande. Non si può separare una cosiddetta opzione personale dal compito socio-politico. Non è un problema ‘privato’, occorre l’accettazione del Vangelo, del Magistero e della retta ragione! Come per tutti, anche per i politici e i legislatori vale la parola di Dio: “Chiunque mangia il pane o beve il calice del Signore indegnamente (…) mangia e beve la sua condanna” (l Cor 11,27.29)».
A chi dà il giusto valore della vita, dà il giusto valore alla morte. Chi dà il giusto valore della morte, dà il giusto valore all’eternità. «Non uccidere» recita il quinto comandamento. L’aborto è morte, è un dato scientifico, è un dato del diritto naturale: una creatura annientata in sua madre. Il 10 maggio a Roma si svolgerà la Marcia internazionale per la vita: un’occasione per dimostrare che non soltanto i fautori di morte sono capaci a combattere per le loro idee. (di Cristina Siccardi)
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