25 novembre 2013
I bretoni non ci stanno: dopo anni di celata insofferenza e dopo un diffuso malcontento generalizzato, la regione più a nord della Francia ha detto basta ed è in questi giorni interamente in piazza.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, ha riguardato l’aumento delle tasse sui prodotti agricoli, sui quali si regge gran parte dell’economia bretone; ma ben presto la protesta di una singola categoria, si è trasformata nell’esplosione di un malcontento dell’intera popolazione della regione, da sempre poco incline ad essere assoggettata al governo centrale di Parigi.
Si perché in Bretagna il tricolore è quasi assente; chi va a visitare quei luoghi così stupendi che si affacciano sull’Atlantico, non chiami un cittadino del luogo con l’aggettivo francese o non si rivolga a lui in lingua francese, perché tutto ciò potrebbe passare addirittura come un’offesa. Tengono molto i bretoni alle proprie radici culturali e linguistiche, diverse da quelle del resto del paese e se poi Parigi impone scelte che condizionano la vita quotidiana e l’economia della regione, ecco che la bolla esplode e diventa quasi impossibile controllarla.
Mentre i media tradizionali spacciavano per imponenti le manifestazioni di piccoli gruppi di studenti contro le presunte politiche anti immigrazione del governo Hollande, in sordina in Bretagna i “berretti rossi” davano il via ad una sommossa che coinvolge tutta la regione. I berretti rossi sono il simbolo scelto dagli agricoltori in protesta, i quali indossano per l’appunto dei copricapi rossi come segno distintivo; dalle campagne, i tumulti sono arrivati alle città: Brest, Rennes su tutte, ma anche altri importanti centri, sono paralizzati da quasi una settimana tra scioperi, occupazioni e scontri con le forze dell’ordine.
Infatti, tutta la popolazione è scesa in piazza a dar manforte ai berretti rossi e la situazione sembra decisamente poco sotto controllo, anzi molte fonti locali affermano che è letteralmente sfuggita di mano a Polizia e Gendarmeria.
Emblematico ciò che avviene nelle autostrade: gran parte delle nuove accise infatti, vengono riscosse dai caselli autostradali e così, diversi cittadini, dopo aver piazzato delle micro cariche sui caselli, li hanno tirati giù in modo che venga difficile se non impossibile riscuotere i pedaggi.
Ben presto, una protesta di soli agricoltori, si è trasformata in una maxi mobilitazione di un’intera popolazione che rivendica anni di angherie e soprusi da parte del governo nazionale e che vuole difendere con grinta le proprie radici culturali.
A preoccupare l’Eliseo è anche un effetto domino che tutto ciò potrebbe avere in Francia e, perché no, in Europa: dopo aver cercato di nascondere la notizia, adesso però i media a seguito di 5 giorni di autentiche battaglie urbane, non possono più celare nulla e in un paese infastidito da governi che pensano più ai matrimoni gay che ad un’economia che non tira più, le immagini bretoni potrebbero dar manforte ad altri movimenti in altre regioni.
Fonte: ilfarosulmondo.it
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Bretagna. La rivolta del popolo dei berretti rossi contro Hollande e l’eco tassa sui Tir.
Una regione intera contro il governo, scontri con tanto di ultimatum dei rivoltosi allo stato centrale. Tutto questo va in scena in Francia, anzi in Bretagna, dove la popolazione è scesa in piazza in massa, per protestare contro l’ennesima imposizione fiscale del governo Hollande. Un’eco tassa sui Tir che avrebbe avuto ricadute anche sul settore agricolo, principale settore economico della regione. Una goccia che ha fatto traboccare il proverbiale vaso, pieno di anni di malcontento e di risentimento verso Parigi.
Alcuni manifestanti hanno quindi deciso di scendere in piazza a Quimper, il 2 novembre, indossando dei berretti rossi (i bonnets rouges, evocativi delle rivolte fiscali del XVII secolo), ma presto sono stati seguiti da un fiume di persone. La situazione è sfuggita presto dal controllo delle forze dell’ordine e il governo ha dovuto cedere, cancellando la tassa su tutto il territorio francese.
La sommossa, fa notare Liberation, ha visto partecipare ogni strato della popolazione, rappresentanti di destra, sinistra, mondo sindacale e imprenditori. A poco sono servite le dichiarazioni del primo ministro, Ayrault, sull’autorità dello Stato e sulle violenze inaccettabili, perché il malcontento bretone cova ormai da anni e ha ragioni che affondano nella storia. Questa vicenda è collegata da un invisibile filo a tutti i moti di protesta anti Hollande che in Francia sono ormai all’ordine del giorno. Come fa notare Le Monde «i pannelli esposti dai manifestanti riprendono gli slogan del Front National e addirittura della Manif Pour Tous».
La situazione per il presidente francese è quindi alquanto scomoda. Se la Manif era stata una manifestazione pacifica (repressa però con la violenza dal governo) e Marine Le Pen rappresenta una forza politica ed elettorale, i cappellini rossi bretoni hanno alzato il livello dello scontro, passando ai fatti. Una situazione che potrebbe estendersi a tutto il Paese. Questa mobilitazione in Italia i grandi media hanno scelto di non raccontarla mentre quelli francesi prima di dare la notizia hanno atteso che la situazione arrivasse a un punto di rottura.
@cescofilip
A cura di Francesco Filipazzi
http://www.nexusedizioni.it
Bretagna. La rivolta del popolo dei berretti rossi contro Hollande e l’eco tassa sui Tir.
Una regione intera contro il governo, scontri con tanto di ultimatum dei rivoltosi allo stato centrale. Tutto questo va in scena in Francia, anzi in Bretagna, dove la popolazione è scesa in piazza in massa, per protestare contro l’ennesima imposizione fiscale del governo Hollande. Un’eco tassa sui Tir che avrebbe avuto ricadute anche sul settore agricolo, principale settore economico della regione. Una goccia che ha fatto traboccare il proverbiale vaso, pieno di anni di malcontento e di risentimento verso Parigi.
Alcuni manifestanti hanno quindi deciso di scendere in piazza a Quimper, il 2 novembre, indossando dei berretti rossi (i bonnets rouges, evocativi delle rivolte fiscali del XVII secolo), ma presto sono stati seguiti da un fiume di persone. La situazione è sfuggita presto dal controllo delle forze dell’ordine e il governo ha dovuto cedere, cancellando la tassa su tutto il territorio francese.
La sommossa, fa notare Liberation, ha visto partecipare ogni strato della popolazione, rappresentanti di destra, sinistra, mondo sindacale e imprenditori. A poco sono servite le dichiarazioni del primo ministro, Ayrault, sull’autorità dello Stato e sulle violenze inaccettabili, perché il malcontento bretone cova ormai da anni e ha ragioni che affondano nella storia. Questa vicenda è collegata da un invisibile filo a tutti i moti di protesta anti Hollande che in Francia sono ormai all’ordine del giorno. Come fa notare Le Monde «i pannelli esposti dai manifestanti riprendono gli slogan del Front National e addirittura della Manif Pour Tous».
La situazione per il presidente francese è quindi alquanto scomoda. Se la Manif era stata una manifestazione pacifica (repressa però con la violenza dal governo) e Marine Le Pen rappresenta una forza politica ed elettorale, i cappellini rossi bretoni hanno alzato il livello dello scontro, passando ai fatti. Una situazione che potrebbe estendersi a tutto il Paese. Questa mobilitazione in Italia i grandi media hanno scelto di non raccontarla mentre quelli francesi prima di dare la notizia hanno atteso che la situazione arrivasse a un punto di rottura.
@cescofilip
A cura di Francesco Filipazzi
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