da versolaluce 02 Giugno 2013
Per il diritto canonico, il governo trans-nazionale sui popoli cristiani di tutte le chiese non è una supremazia politico-istituzionale attribuita alla sede di Roma, ma è la potestà gerarchico-sacramentale, di ordine spirituale, che Gesù trasmette personalmente a Pietro (istituto pontificale di diritto divino) per guidare le comunità cristiane come suo Vicario in sua assenza.
Quando si andò a trasporre questa istituzione gerarchico-sacramentale di diritto divino sul piano tecnico-giuridico, nacque l'architettura del papato romano, cioè l'istituto pontificale di diritto canonico.
Per questa architettura, il papato è romano: ossia è alla sede vaticana di Roma che è legata la concreta potestà di governo propria del pontefice Vicario di Cristo. Cioè, l'esercizio di quella potestà universale di guida dei cristiani, che Gesù trasmette a Pietro personalmente, non rimane legato alla persona dei suoi successori, ma si sposta sulla sede e si radica nel governo trans-nazionale di tutte le chiese, gestito dal vescovo di Roma nella sede vaticana.
E' un'architettura, questa del "Romano Pontefice", che già a prima vista si presenta fondata su una grave incongruenza (lo spostamento dal concetto di "chiesa di Pietro" a quello di "chiesa di Roma"), e che poi nella struttura interna dei canoni 331-332-333 si rivela basata per di più su una vera e propria contraddizione radicale.
Infatti, il Codice di diritto canonico da una parte dice che:
il pontefice Vicario di Cristo "può sempre esercitare liberamente" la sua potestà di governo (canone 331 del Codice di Diritto Canonico). E ciò perché "San Pietro ottenne dal Signore un incarico legato alla sua sola persona come capo di tutti gli apostoli" e "tale potere il Papa può esercitare in ogni tempo, a suo piacimento, a suo giudizio insindacabile per la cura delle anime nella Chiesa di Cristo." (Commento al Codice di Diritto Canonico, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, pag.198)
E poi, contemporaneamente dall'altra parte statuisce che:
se il il "Romano Pontefice" rinuncia alla sede vaticana di vescovo di Roma (canone 332, comma 2), diviene un pontefice Vicario di Cristo senza il governo trans-nazionale su tutte le chiese. Infatti, il governo rimane nella sede vaticana, ed in questa sede rimasta vacante verrà nominato un nuovo vescovo di Roma per gestirlo.
La contraddizione basilare è evidente perché: o il pontefice Vicario di Cristo è libero di esercitare la sua potestà suprema di governo universale a suo piacimento, come dice il canone 331; oppure può esercitare la sua potestà di governo soltanto se occupa l'ufficio di vescovo di Roma nella sede vaticana, come dice il canone 333.
Di fatto, questa fondamentale contraddizione insita nell'istituto del "Romano Pontefice" di diritto canonico genera una mostruosa duplice aberrazione:
un pontefice Vicario di Cristo, che rinunci ad essere "Romano", che cioè lasci l'ufficio di Vescovo nella sede vaticana di Roma, perde la potestà di governo piena e suprema di Sommo Pontefice nella chiesa; e un nuovo vescovo diocesano di Roma gestisce il governo trans-nazionale dei popoli, che è legato alla sede vaticana e non più alla persona del pontefice Vicario di Cristo.
Il nuovo vescovo diocesano di Roma è chiamato da un organo collegiale -quello cardinalizio - a ricoprire un ufficio di diritto canonico nella sede vaticana, sulla base di un perverso meccanismo tecnico-legale.
Questo meccanismo legale è perverso perché, rigettando lo Spirito Santo permanente a vita nel Vicario di Cristo, non rispetta la potestà primaziale interiore suprema conferita da Gesù a Pietro, e tradisce l'istituto pontificale di diritto divino.
All'atto della rinuncia di un Vicario di Cristo all'ufficio di Vescovo nella sede vaticana di Roma - si sgretola ingloriosamente l'architettura di facciata dell'istituto del "Romano Pontefice" di diritto canonico per rivelare tutta la sua deformità di fondo.
E dalle sue macerie si erge sui popoli, sinistramente trionfante, la supremazia trans-nazionale della sede di Roma con il suo mostro giuridico a sorpresa: un organo collegiale di natura tecnico-legale che esercita sul mondo un governo globale, e sotto la presidenza di un vescovo impone ai popoli religioso assenso.
Infernale ...
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