Lorenzo Dellai |
http://www.lanuovabq.it di Danilo Quinto08-01-2013
Si può sbandierare la propria appartenenza cattolica e contemporaneamente essere favorevoli alla pillola RU 486, fortemente voluta, anche in Italia, da tutti coloro che si battono contro la vita nascente e che nel mondo ha prodotto 32 morti accertate di donne che ne hanno fatto uso? Non si potrebbe, ma succede.
A partire dal 2006, la Provincia Autonoma di Trento, presieduta dal cattolico Lorenzo Dellai - insieme ad Andrea Riccardi, Raffaele Bonanni e Andrea Olivero, tra i maggiori promotori di una aggregazione cattolica a sostegno della “Lista Monti” - è stata tra le primissime in Italia ad appoggiare la sperimentazione della pillola abortiva e solo dopo la direttiva del Ministero della Salute, che obbligava il ricovero per la sua assunzione, ha provveduto in questa direzione, nonostante le sollecitazioni ricevute dal movimento pro-life e da numerose interrogazioni all’Assessore alla Salute della giunta presieduta da Dellai. Fino ad allora, la pillola veniva assunta in day-hospital. Quasi un fai da te.
Anche questi piccoli fatti, fanno comprendere perché il Presidente del Consiglio, nella sua “agenda”, non abbia inserito alcun richiamo ai “principi etici” e perché il suo mentore, Andrea Riccardi, dica che i temi eticamente sensibili non costituiscono un’urgenza. Sarebbe troppo imbarazzante e insidioso parlarne in questa campagna elettorale.
La storia politica di Lorenzo Dellai incomincia a fianco di Bruno Kessler, il leader locale della sinistra democristiana, al quale si deve la nascita di quell’Università di Sociologia nella quale insegnarono Paolo e Romano Prodi, Flores D’Arcais e Norberto Bobbio e in cui mosse i suoi primi passi e maturò le sue idee Renato Curcio, futuro leader delle Brigate Rosse.
Dellai, che da circa vent’anni guida il Trentino, prima da Sindaco, poi da Governatore, si è formato in questa cultura catto-comunista - che ancora in questi giorni ha trovato espressione in un accordo con il Pd per il governo della provincia autonoma di Trento - ereditando col tempo la solida struttura democristiana, svuotata dei valori cristiani e popolari, ma non dell’abilità politica e della capacità di creare consenso.
Del Presidente della Provincia di Trento e del periodo in cui il potere di Dellai prendeva forma e consistenza, ha scritto recentemente un cattolico di sinistra che scrive sul “Trentino”, quotidiano locale del gruppo “Repubblica-Espresso” e sul settimanale diocesano “Vita Trentina”: Piergiorgio Cattani, co-fondatore del PPI trentino, poi confluito nella Civica Margherita ideata e guidata da Dellai. Dice Cattani: «In questi anni ho conosciuto Lorenzo Dellai, dal quale non si può prescindere, poiché solo lui è stato il vero motore di tutte le vicende politiche trentine di questo periodo. In verità sono venuto a contatto e ho creduto al mito Dellai.
Purtroppo, nel corso del tempo e sotto i colpi delle reali consuetudini, per alcuni, me compreso, questo mito è crollato e le illusioni sono svanite. Oggi esiste già una storia ufficiale della Margherita in cui vengono esaltate le grandi intuizioni del fondatore, soprattutto le meravigliose novità, mai viste prima, di metodo e di prassi: i cittadini riscoprono l'impegno, tutta la "comunità trentina fu coinvolta nell'elaborazione e nell'integrazione del progetto e dei contenuti programmatici", i candidati vennero "selezionati nell'ambito di momenti aperti di confronto". Qualcosa di epocale era nato, "la Civica Margherita ebbe l'effetto di modificare radicalmente e probabilmente in maniera irreversibile, il rapporto tra politica e cittadinanza".
Questa mitologica ricostruzione contrasta apertamente con la realtà dei fatti e soprattutto con quanto ho potuto sperimentare di persona. La falsità più evidente si coglie nella modalità della scelta delle candidature in cui non solo non si attuò qualsiasi tipo di elezione primaria, ma, quel che è peggio, esse vennero decise attraverso le solite procedure. L'obiettivo finale era quello di raccogliere il maggior numero di voti e meglio distribuiti su tutto il territorio, a prescindere dalla compattezza ideale e programmatica della squadra. Il futuro candidato o fa parte della cerchia del capo o dispone di voti propri o custodisce qualche ingombrante segreto o è pronto a esibire contanti, oppure deve farsi avanti a minacce, spintoni, appoggi e quant'altro. Chi magari ha qualche competenza, ma è fuori dal gioco, non può sognarsi di avere ambizioni, chi è intelligente ma contraddice il capo, non è adatto. Chi è giovane e quindi dispone di un esiguo numero di voti, è invitato e quasi costretto a legarsi a un potente ed aspettare il proprio turno.
Mi stavo accorgendo che Dellai e i suoi accoliti,LEGGI TUTTO
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