di Antonio Socci 23 FEBBRAIO 2014
Nella storia bimillenaria della Chiesa nessuno prima di ieri aveva mai visto in San Pietro due papi insieme e che si abbracciano come fratelli. E’ accaduto al Concistoro dove Francesco ha invitato a partecipare il papa emerito Benedetto XVI.
Francesco ha deviato la solenne processione d’ingresso per andare a salutarlo (poi, uscendo dalla basilica, ha deviato di nuovo per tornare da lui e scambiare alcune parole).
E’ la terza volta che i media immortalano il loro abbraccio. Nel marzo scorso a Castelgandolfo, poi nei giardini vaticani per la benedizione di una statua di San Michele Arcangelo.
Altre volte si sono incontrati e si incontrano privatamente a colazione, lontano dai giornalisti.
Ma quello di ieri è un caso particolare perché era una cerimonia pubblica solenne nella Basilica di San Pietro. Era un avvenimento ecclesiale molto importante, perché si trattava della creazione di 19 nuovi cardinali.
Per questo la partecipazione di papa Ratzinger ha avuto un rilievo particolare: è stata la prima volta, dal giorno del suo ritiro, che ha partecipato a una cerimonia pubblica. Doppiamente significativa questa sua presenza perché ieri, per la Chiesa, era la festa della Cattedra di San Pietro, quindi la festa del Papato.
IL MISTERO DELLA RINUNCIA
Prima di chiedersi cosa può significare questo “Concistoro dei due papi” (come è stato subito definito), bisogna constatare che Benedetto XVI è apparso in una buona forma fisica.
Sul suo vigore intellettuale non ci sono dubbi e chi ne avesse avuti li ha visti dissolvere, a settembre scorso, leggendo la formidabile risposta che Ratzinger ha fatto a un libro di Piergiorgio Odifreddi.
Una risposta pubblica in cui – pur con la sua consueta cortesia – gli ha impartito una vera e propria lezione. Scorrendo quelle pagine si può constatare che Ratzinger non è solo l’intelligenza più lucida (e ortodossa) della Chiesa, ma anche una delle menti più illuminate della nostra epoca.
Però la constatazione della sua buona forma fisica e della sua perfetta lucidità intellettuale, ripropone mille domande sui motivi della sua “rinuncia”.
Tutti i papi infatti, nel corso dei secoli, hanno vissuto i loro ultimi anni di pontificato disponendo di forze molto ridotte per l’avanzata età (basti ricordare il grande Giovanni Paolo II che ha fatto dell’ultimo suo periodo di ministero una testimonianza dalla croce).
E’ obiettivamente inspiegabile dunque il “ritiro” di un papa come Benedetto XVI che è tuttora in salute e perfettamente efficiente. Considerata la guerra spietata che gli è stata fatta, anche dentro alla Curia e alla Chiesa, fin dalla sua elezione, nel 2005, è del tutto legittimo sospettare che vi siano state pressioni indebite per indurlo al “ritiro”. O comunque che siano state create le condizioni per spingerlo a quel passo.
PAPA PER SEMPRE
Veniamo ora alle immagini viste ieri in San Pietro. Un vaticanista, ha scritto, in rete, che “Benedetto XVI, vestito di bianco, con il soprabito, era seduto in prima fila, come primo tra i cardinali”.
Solo che egli non è affatto un cardinale e neanche “il primo fra i cardinali”. Quello che è lo ha detto il Segretario di Stato Parolin, dopo aver salutato papa Francesco: “Salutiamo, con uguale affetto e venerazione, il Papa emerito, Sua Santità Benedetto XVI, lieti per la sua presenza in mezzo a noi…”.
Del resto lo stesso Francesco, l’11 febbraio scorso, lo ha chiamato “Sua Santità Benedetto XVI”. Molti sembra che non si accorgano dell’eccezionalità di questa situazione, della sua unicità, in tutta la storia della Chiesa. Evidentemente è dovuta ai tempi che la Chiesa si trova a vivere.
Ieri è stato lo stesso Francesco a renderla evidente al mondo intero. Vedendo quelle immagini infatti tornavano in mente (con tutte le domande del caso) le parole di Benedetto XVI, pronunciate il 27 febbraio 2013, quelle parole che sembra siano state rimosse da molti: “Il ‘sempre’ è anche un ‘per sempre’ - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo”.
Ieri era evidente che “l’esercizio attivo del ministero” petrino è svolto da papa Francesco, ma pure che quel ministero, per quanto riguarda Benedetto XVI, non è “revocato” ed è “per sempre”.
Cosa significhi dal punto di vista ecclesiale non so dirlo. Ma il dovere dei giornalisti è quello di descrivere la realtà dei fatti così come sono, e, nel caso, di fare domande e chiedere spiegazioni e cercare di capire.
PERCHE’ E’ TORNATO
Eccoci dunque alla domanda sul significato della scelta di papa Francesco. Perché ha voluto Benedetto ieri in San Pietro al solenne Concistoro?
Forse è stato un gesto di cortesia. E’ la risposta più immediata. Ma forse anche la più banale e, a ben vedere, del tutto insoddisfacente.
Perché questo evento accade dopo un anno dal loro avvicendamento, un anno durante il quale ce ne sono state molte altre di cerimonie a cui Benedetto XVI avrebbe potuto partecipare. A cominciare dalla messa d’insediamento di Francesco.
Se dopo un anno si verifica un fatto del genere, che interrompe – per comune volontà di Bergoglio e di Ratzinger – l’“assenza” di Benedetto XVI dal mondo (che era stata annunciata come totale e definitiva), il motivo probabilmente è diverso. Più profondo e importante.
Nessuno è nella mente dei due papi, quindi è inutile fare illazioni. C’è però una coincidenza che fa riflettere. Proprio l’altroieri il Concistoro era stato aperto dalla relazione del cardinale Kasper sui temi caldissimi del prossimo Sinodo (relativi alle questioni della famiglia e dell’accesso ai sacramenti).
Kasper rappresenta le fazioni progressiste-moderniste della Chiesa, quelle che vogliono andare verso un sostanziale annacquamento della dottrina, ovvero – a mio avviso – verso l’autodemolizione della Chiesa, resa subalterna alle ideologie mondane.
Ratzinger – prima da cardinale, braccio destro di Giovanni Paolo II – e poi da Papa, è sempre stato considerato da queste fazioni come il grande avversario.
Egli ha rappresentato e rappresenta infatti non solo l’ortodossia, la fedeltà alla tradizione della Chiesa, ma anche una straordinaria intelligenza cattolica, capace di dialogare col mondo senza sottomettersi ad esso e – anzi – affascinando e attraendo le migliori intelligenze laiche.
CHIESA SOTTO ATTACCO
Nelle scorse settimane si sono fatte sentire molto le fazioni ecclesiastiche che vorrebbero fare del Sinodo una sorta di Vaticano III.
Del resto dall’esterno sono arrivate pressioni gravissime per un “rovesciamento” della dottrina cattolica: basti ricordare il recente fazioso attacco dell’Onu alla Chiesa.
Ma la presenza ieri in San Pietro, al Concistoro, di “Sua Santità Benedetto XVI”, chiesta da Francesco, è uno di quei fatti che parlano da soli.
Che fanno fare memoria della retta via e della retta dottrina. Dal momento che il dovere principale del Papa è proprio la custodia del “depositum fidei”.
Del resto la stessa omelia di Francesco, ieri, è stata – per così dire – di sapore ratzingeriano. Il Papa ha detto infatti ai nuovi cardinali: “La Chiesa ha bisogno del vostro coraggio, per annunciare il Vangelo in ogni occasione opportuna e non opportuna, e per dare testimonianza alla verità”.
Ha aggiunto che “la strada che Gesù sceglie è la via della croce… Diversamente dai discepoli di allora”, ha osservato il Papa “noi sappiamo che Gesù ha vinto, e non dovremmo avere paura della croce, anzi, nella croce abbiamo la nostra speranza. Eppure, siamo anche noi pur sempre umani, peccatori, e siamo esposti alla tentazione di pensare alla maniera degli uomini e non di Dio”.
Questo modo mondano di pensare produce poi “le rivalità, le invidie, le fazioni”. Il Papa ha chiesto dunque ai cardinali di respingere la mentalità del mondo.
Infine ha ricordato ai pastori che il gregge di Cristo è perseguitato in molte parti del pianeta, invitando a “lottare contro ogni discriminazione”, a pregare per questi fedeli e a confortarli nella prova in tutti i modi. Francesco ha parlato come Benedetto.
Antonio Socci 23 febbraio 2014
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