http://www.corrispondenzaromana.it/ di Roberto de Mattei
Lo scorso 5 aprile le agenzie di stampa hanno riportato la notizia che Papa Francesco ha ribadito la linea di tolleranza zero di Benedetto XVI contro la pedofilia. Il tema è stato affrontato dal pontefice nell’udienza con mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. In particolare, il Papa ha chiesto massima fermezza su misure di protezione dei minori, aiuto alle vittime, procedimenti contro i colpevoli e impegno delle conferenze episcopali per formulare e attuare le direttive in un campo tanto importante per la credibilità della Chiesa.
Nella Lettera ai cattolici di Irlanda del 19 marzo 2010, e in molte altre dichiarazioni, Benedetto XVI si era già espresso per una linea di estremo rigore contro gli abusi del clero, sottolineando l’urgenza di una riforma morale della Chiesa. Questa posizione ha suscitato, come è logico, un immediato consenso da parte dell’opinione pubblica e dei mass-media. Per le leggi e per il sentire comune di larga parte dei Paesi occidentali, la pedofilia è considerata, come lo stupro, un infamante delitto, non però a causa dell’immoralità dell’atto in sé, ma per la violazione che questi crimini comportano dei diritti, in un caso dei bambini e nell’altro caso delle donne. L’omosessualità viene invece considerata un diritto che perfino i bambini dovrebbero essere educati a rispettare, in nome della assoluta libertà che essi avrebbero di poter scegliere il proprio “orientamento” sessuale.
Nulla viene dalla natura, tutto si fonda sull’autodeterminazione dell’uomo, e l’unico peccato consiste, secondo questa logica, nell’impedire all’individuo di seguire i propri istinti e le proprie tendenze. Nella prospettiva cristiana, al contrario, esiste una legge naturale, impressa a fuoco da Dio nella coscienza di ogni uomo. La violazione di questa legge naturale e divina costituisce un grave peccato, ovvero un allontanamento dell’uomo da Dio destinato ad avere catastrofiche conseguenze. Tutti i peccati mortali infatti, secondo il Catechismo della Chiesa, se non sono seguiti dal pentimento e dalla confessione, portano l’anima all’inferno, che è il luogo di ogni sofferenza eterna, a cominciare dalla più terribile, che è la privazione di Dio.
Per la morale cattolica l’omosessualità è un peccato altrettanto grave dello stupro e della pedofilia e alla pedofilia apre talvolta la strada. Il 12 aprile 2010, in una conferenza in Cile, riferendosi agli abusi imputati al clero, il Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone aveva sottolineato l’esistenza di un legame tra omosessualità e pedofilia, precisando successivamente come ciò che viene chiamato pedofilia sia più spesso “efebofilia”, o “pederastia”, cioè l’attrazione omosessuale non verso i bambini, ma verso gli adolescenti. Il confine tra omosessualità, efebofilia e pedofilia, è insomma labile, per quanto le lobby omosessualiste respingano con sdegno l’accostamento tra pedofilia e omosessualità. Di certo, dal punto di vista della morale cristiana, la tolleranza zero va estesa anche alla omosessualità o sodomia, termine che indica, in senso lato, l’unione sessuale tra persone dello stesso sesso e che prende il nome dalla città biblica di Sodoma che venne distrutta da Dio per la perversione morale suoi abitanti (Genesi 18, 20; 19, 12-13; 19, 24-28).
Oggi, anche all’interno della Chiesa cattolica, si è diffusa una cultura relativista ed edonista ed esistono diocesi, seminari, collegi, istituti religiosi, in cui l’omosessualità, o almeno una tendenza omosessuale, è considerata come irrilevante dal punto di vista morale e pacificamente tollerata. La situazione della diocesi di Roma portata alla luce da “Corrispodenza romana” è tristemente esemplare (http://www.corrispondenzaromana.it/category/chiesa-cattolica/).LEGGI TUTTO
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