Aprile 2, 2013 Benedetta Frigerio
Andy Cannon, 23enne inglese, ha voluto raccontare la sua storia ai media rinunciando all’anonimato. Il calvario cominciato a 8 anni, i silenzi e una sentenza arrivata solo dopo due lustri.
Nonostante le sue denunce di abusi, i servizi sociali lo rispedirono a casa dalla coppia che lo aveva adottato, esprimendo persino ammirazione per i due genitori gay. Andy Cannon, allora, aveva solo 9 anni. Oggi, che ne ha 23 anni, ha voluto raccontare la sua storia ai media rinunciando all’anonimato.
POLITICAMENTE CORRETTI. Il ragazzo inglese ha spiegato di non avere nulla contro gli omosessuali, ma ha posto i suoi interrogativi senza mezzi termini: «I servizi sociali avrebbero dovuto essere lì per evitare che questo accadesse, invece hanno preferito mettere tutto a tacere». Perché? La colpa per lui è del «pensiero politicamente corretto per cui preferirono lasciare liberi i due ed evitare loro ogni ripercussione. Credo che se mio padre adottivo fosse stato eterosessuale le mie denunce sarebbero state ascoltate subito».
LA SOFFERENZA. Il ragazzo, adottato a 8 anni, dopo un anno di convivenza cominciò ad essere abusato: «Per questo cercai di suicidarmi almeno sei volte. Ho avuto un esaurimento circa quattro anni fa e ci sono ancora dei giorni in cui penso che la mia ragazza avrebbe una vita migliore senza di me». Ai tempi degli abusi i servizi sociali gli diagnosticano erroneamente una malattia mentale e gli prescrissero degli psicofarmaci. Inutilmente, verrebbe da dire, visto che il bambino fuggì di nuovo da casa e tornò a ripetere le denunce contro il padre adottivo.
SCUSE INUTILI. Solo dopo dieci anni, all’emergere di nuove prove, la coppia omosessuale è stata condannata a due anni e mezzo di carcere. Naturalmente, ha continuato il ragazzo, «ero felice quando mi hanno finalmente ascoltato e papà e John sono stati mandati in prigione». L’errore di valutazione dei servizi sociali è stato definito dai giudici «folle e grossolano» e il giovane è stato risarcito con 25 mila sterline, ma, ha detto, «la loro condanna è stata una passeggiata rispetto a quello che è successo a me».
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