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mercoledì 26 giugno 2013

ASSOLUTAMENTE DA LEGGERE L'ULTIMO LIBRO DI MARCO DELLA LUNA: "I SIGNORI DELLA CATASTROFE" La causa primaria della crisi sono gli erronei principi contabili applicati a moneta e credito


Introduzione - I Signori della Catastrofe - Libro...di Marco Della Luna



Posi in silenzio l’intero mondo, coloro che sono nei cieli, così come quelli che sono sulla terra; e tutto il mondo divenne vuoto e vacuo, come se non vi fosse nel mondo alcuna creatura, siccome è detto: “Ma non vi era ivi alcuna voce né risposta, né alcuno che guardasse”.

MIDRASH RABBOT su Torah, Semot Rabbah, XXIX, 9

Un mondo modello Cayman

Il motivo della finanziarizzazione dell’economia è molto semplice: estrarre ricchezza dalla società in cambio di simboli (e manipolando il mercato dei simboli) è molto più facile e rapido che guadagnarla in cambio di beni, lavoro e servizi reali.

Per farlo, però, bisogna imporre alla società la dipendenza da quei simboli, e costruirsi il monopolio legale della loro produzione, quindi finanziarizzare anche la politica e l’ordinamento normativo. Una lunga serie di riforme...

La recente scoperta di 32.000 miliardi di dollari imboscati in paradisi fiscali, in primis le Isole Cayman, con l’aiuto di primarie e autorevoli banche, tra cui la Deutsche Bank – scandalo noto come Offshore Leaks – è solo la punta dell’iceberg in un mondo con circa 1,4 milioni di miliardi di debito e circa altrettanti di titoli spazzatura, però aiuta a capire concretamente come gira, per l’Europa soprattutto, il sistema economico-finanziario globale in vigore nel mondo e in che modo esso genera la depressione economica in cui versiamo.

Non è difficile!

Vorrei qui solo aggiungere un ricordo: di quando andavo, nel 2006 e 2007, in televisione, a Canale Italia, assieme all’ing. Argo Fedrigo, che esibiva uno statement di una banca delle Isole Cayman, da cui risultavano conti correnti della Banca d’Italia e di altre primarie banche. Fedrigo invitava la magistratura ad indagare, mettendosi a disposizione. Nessuno lo chiamò, a quanto mi consta.

Bene, vediamo a grandi linee il modello Cayman per la nostra società. Credo che lo possiamo riscontrare in molti fatti della vita pratica.

Abbiamo una élite globale (banche e multinazionali) che toglie larghe quote di reddito e di patrimonio dall’economia reale, dal sistema bancario (vedi MPS) e dai ceti produttivi medi e medio-bassi (quelli che non scappano al fisco):
  • le toglie, le porta in paradisi fiscali e le colloca in investimenti finanziari improduttivi (speculazione, arbitraggio, rendite)
  • in tal modo non paga le tasse e manda in crisi i conti pubblici e il welfare, facendo salire la pressione fiscale a carico del resto della popolazione, in base alla dottrina economica del rigore; gli Stati non possono redistribuire le ricchezze sottratte al loro controllo giuridico
  • decapitalizza le banche, le manda in crisi e incarica i governi e le istituzioni monetarie di salvarle sia coi soldi pubblici, indebitandosi ancora di più e rifacendosi fiscalmente sui cittadini con ulteriori inasprimenti fiscali; sia prendendo i soldi dai depositanti (Cipro)
  • aumenta a dismisura i poteri di delibera (cioè di disposizione del denaro) in capo ai vertici delle banche e delle grandi società, sopprimendo i controlli incrociati, in modo che per un amministratore delegato sia possibile svuotare le casse trasferendo miliardi con un click; le banche centrali, controllate da questi stessi soggetti, lasciano fare; in tal modo i soldi in banca non sono più sicuri
  • lascia l’economia reale, produttiva, a corto di liquidità, cagionando recessione, disoccupazione, crollo della domanda (quindi la c.d. crisi da sovrapproduzione capitalista), ondata di suicidi
  • interferisce coi mercati dell’economia reale, rendendoli inefficienti nel prevenire e risolvere le crisi e nell’organizzare investimenti, occupazione, produzione, consumi
  • speculando manipolativamente in derivati sui commerci internazionali, grazie anche ai cartelli monopolisti che ha costituito, distorce i prezzi e vanifica i benefici che verrebbero dai vantaggi comparati (nel senso di D. Ricardo) ai Paesi implicati nei detti commerci
  • dai conti più o meno segreti, off-shore e non, lancia manipolazioni rialziste o ribassiste di titoli e commodities di tutti i tipi, e lucra sugli sbalzi, sull’alternarsi di corse all’acquisto e corse alla svendita di titoli; determina così distruzione di risparmi e altresì rincari, soprattutto di materie prime e prodotti energetici
  • dapprima ha, con tali mezzi, messo in crisi i debiti pubblici europei, facendone impennare i rendimenti; poi ha politicamente costretto i governi a pagare questi rendimenti (e a fare il bail-out delle banche svuotate da managers truffatori) con soldi pubblici spremuti con apposite tasse pesantissime e recessive; così ha guadagnato circa il 75% sui titoli pubblici dei Paesi eurodeboli
  • per agevolare i banchieri in questi profitti e nei profitti da interesse sui prestiti, la BCE presta loro denaro all’1%, poi 0,75%, da ultimo allo 0,50%, mentre essi possono prestarlo alla loro clientela a tassi fino al 18 e al 23%, a ciò autorizzati da istituzioni pubbliche di cui essi tirano i fili
  • ora, finiti i soldi pubblici e quelli delle tasse, essi vanno a prendere anche quelli dei risparmi, facendo passare (via G20, Commissione Europea, BCE e banche centrali nazionali) il principio del bail-in, come a Cipro (dove i primi 2 miliardi di aiuti europei già sono andati ad arricchire gli investitori stranieri), ossia che se una banca va in crisi la si risanerà a spese dei suoi creditori: gli azionisti perderanno le azioni o perlomeno i dividendi, gli obbligazionisti subiranno la conversione forzata delle obbligazioni in azioni, e i depositanti perderanno parte dei loro depositi
  • così, attraverso i loro burattini politici e istituzionali, la comunità della grande finanza scarica sulle nazioni i danni causati dalle sue truffe
  • inoltre lascia agli Stati le responsabilità politiche e sociali, ma li condanna all’impotenza e all’indebitamento, che impedisce loro di uscire dalla spirale recessiva (avvitamento fiscale), soprattutto quelli che rinunciano al diritto di stampar moneta, a meno che non riescano a prendere le risorse finanziarie e naturali di altri Paesi
  • sfrutta le emergenze, che esso stesso crea, per far passare, dapprima in via di deroga, poi strutturalmente, tagli di redditi, pensioni, servizi, ma anche lesioni di diritti fondamentali e garantiti persino dalla Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, come quelli a tutela della privacy e dei depositi bancari (vedi Cipro), e come quelli inerenti alla sovranità nazionale e ai poteri dei parlamenti (organi di rappresentanza popolare), che trasferisce a organismi finanziari autocratici
  • dai conti segreti off-shore, avvalendosi del segreto bancario di cui godono diversi operatori internazionali, sovvenziona dove serve per avere le leggi e i governi che le fanno gioco, e per dirigere l’industria della pubblica informazione
  • insegna, dalle facoltà di economia, dagli istituti di ricerca che essa sovvenziona, e attraverso i mass media, che i mali dell’economia devono essere curati con la virtù di bilancio, cioè tirando la cinghia; in tal modo, svia l’attenzione e l’azione dalle vere cause dei mali

Questo è il modello socioeconomico vigente, che produce le “crisi” e la recessione in atto, dalle quali non vi è uscita appunto perché questo modello rimane in funzione. Esso è difeso da UE, BCE, FMI, Bilderberg, nell’interesse dei suoi beneficiari, a dispetto dei mali che esso arreca alla popolazione generale.

Alla sua costruzione, dagli anni ‘70 in poi, hanno concorso, con una serie mirata di trattati e riforme normative, consapevolmente o inconsapevolmente, liberamente o forzatamente, per calcolo utilitario o per una visione superiore, uomini come Andreatta, Ciampi, Prodi, Amato, Bersani, Draghi, Monti, Napolitano, ma anche i governi del centro-destra; e, in Europa, le istituzioni comunitarie tutte; e in America Reagan, i Bush e Clinton. Nel Regno Unito ne fu alfiere Margaret Thatcher (1925-2013).

Pure la Germania collabora ad esso: le sta bene che lo si applichi agli altri Paesi, mentre cerca di non subirlo al proprio interno (infatti ha banche pubbliche che finanziano l’economia reale a tassi politici, difende i livelli salariali e pensionistici, tarocca i suoi bilanci per nascondere il suo vero debito pubblico, come vedremo, e restare fittiziamente entro i parametri di convergenza). Si è adattata, sfrutta gli eventi, cavalca la tigre, e per ora prospera a spese dei partners, quindi sta al gioco. 
Però ora la sua crescita sta rallentando, tende a fermarsi, anche perché il suo principale mercato di vendita, ossia quello comunitario, è sempre meno in grado di pagare.

Dato quanto sopra, è moralmente e intellettualmente legittimato a governare soltanto chi abbia denunciato questo sistema tempestivamente, cioè prima della crisi del 2008. Gli altri – complici o miopi che fossero – sono incompatibili coi ruoli di capo dello Stato, capo del governo, cariche ministeriali in materie economiche, Consob, Banca d’Italia, BCE, Commissione Europea, European Banking Authority e simili.
Uscire dalla crisi? Occorrerebbe una scelta monetaria...

L’azione nefasta di questo sistema finanziario è prevalentemente nel senso che toglie liquidità all’economia reale, distorce i prezzi delle commodities, svuota i risparmi, crea processi di indebitamento interminabili.

La cura, quindi, per essere efficace, dovrebbe agire necessariamente tre fronti:
  • isolare e sterilizzare i capitali e gli operatori del settore finanziario, in modo che quei capitali non influenzino l’economia reale e non siano in essa direttamente spendibili
  • ripristinare durevolmente livelli di liquidità adeguata nell’economia reale onde consentire l’attivazione dei fattori di produzione, compreso il lavoro
  • sganciare la creazione monetaria dall’indebitamento, onde poter uscire dall’avvitamento in esso, causato dell’esponenziale accumularsi degli interessi passivi capitalizzati
Per evitare di toccare questi tasti, cioè di gettar luce sui meccanismi del lucro e del potere che conta, la colpa della recessione, per il popolo, viene invece attribuita alla corruzione, alla criminalità organizzata, all’evasione fiscale. 
Ma la realtà mostra che i Paesi che stanno crescendo di più, come Russia, Cina, India, Brasile, sono corrottissimi, pieni di criminalità organizzata e di evasione fiscale (almeno i primi due) – come era anche la fiorente Italia della Prima Repubblica, almeno fino alla fine degli anni ‘80.

Con ciò non intendo, ovviamente, che quelle cose siano desiderabili e che non sia preferibile eliminarle; osservo solo che, di fatto, esse non impediscono un forte sviluppo economico diffuso a tutta o quasi la popolazione. E che chi afferma che, per risanare il Paese occorra o basti o sia prioritario rincorrere gli scontrini fiscali, spiare i conti correnti, proibire il contante o alzare di due punti l’iva, è un contaballe.

La piccola evasione lascia il denaro nel Paese e nel circuito produttivo; la grande evasione delle banche e delle multinazionali lo porta fuori dal Paese e fuori dai circuiti produttivi.

Questa è la differenza sostanziale, quella che conta, quella che determina la depressione, quella che i soloni istituzionali sottacciono.

Gli italiani, nonostante tutto, hanno ancora la casa e quattro soldi in banca? Li si va a prendere con la recessione, col rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, col fiscal compact e col MES, col prelievo dai conti correnti. Invece non si va mai a toccare i soldi dei circuiti della finanza nascosta, offshore.

Anzi, non se ne parla nemmeno alla gente – guai, se capisse che i soldi delle tasse e delle frodi bancarie vanno là. Guai, se i ceti medi spremuti dal fisco per assistere i poveri o i conti pubblici o le banche, si accorgessero di tutta quella ricchezza nascosta ed esentasse, riconducibile alla cricca che li tassa o li fa tassare.

Ancora più guai, se scoprisse come la dark pool finance produce denaro extracontabile – ma questa è un’altra storia, la storia del mondo finanziario parallelo, segreto, che non solo nasconde profitti illeciti ed evasione fiscale, assieme a opportunità e strumenti noti solo a pochi esperti, ma, appunto, genera occultamente ed extra-contabilmente buona parte dei mezzi monetari esistenti, esercitando un grande influsso sull’economia reale e sulle vicende politiche nazionali e internazionali.

La diffusione della conoscenza di questa realtà, soprattutto in tempi di depressione, avrebbe effetti incalcolabili sulla governabilità della gente e soprattutto delle classi produttive vessate dal fisco.

L’amico economista Antonino Galloni, che molto per tempo aveva lanciato l’allarme nei suoi scritti, ipotizza che i grandi banchieri abbiano sparato oltre il segno, ossia che abbiano deliberatamente mandato in perdita moltissime grandi banche (sbagliando però il dosaggio, cioè creando troppe perdite, e quindi rischiando di essere scoperti per eccesso di zelo) allo scopo di rinforzare il camuffamento del vero core business e della primaria fonte di profitto e potere delle banche, che è la creazione, a costo zero per esse, di simboli spendibili, di mezzi monetari (moneta legale, moneta creditizia, valori finanziari liquidabili, ossia vendibili contro denaro), attraverso il loro gioco di sponda, sia nel settore creditizio, che in quello borsistico, che nei mercati non regolamentati (il reame dei derivati e della dark pool finance, le transazioni finanziarie e monetarie tenute segrete tra i grandi operatori).

È un’ipotesi razionale, quella di Antonino. I banchieri hanno interesse a che non si parli di come essi creano denaro a costo zero, senza coprirlo con oro, ma se lo fanno pagare dalla società, e senza pagare le tasse su questo guadagno.

Infatti, pochissimi economisti trattano questo soggetto. I trattati di economia parlano sì di moneta, ma iniziando dal momento dopo che essa ha acquisito il potere di acquisto. 
Come pure mai o quasi mai trattano le conseguenze del fatto che questo potere indipendente di creare mezzi monetari, deciderne il costo, il dosaggio e la distribuzione, è esercitato da un cartello bancario multinazionale e privato in regime di monopolio.

Ed è proprio questa la spina dorsale del Modello Cayman per la società globalizzata. Galloni ed io possiamo trattare di questi temi “arcani” perché, per le nostre carriere e professioni, non dipendiamo da banche o istituzioni a loro volta dipendenti da banche.

La causa primaria della crisi sono gli erronei principi contabili applicati a moneta e credito; correggerli sarebbe il modo più efficace di risolvere e prevenire le crisi senza lacrime e sangue e senza violenza da parte dei governi e della popolazione.

Io aggiungerei, rinviando però per approfondimenti ad altri miei scritti, dedicati a questo tema, che la causa più grave e profonda di instabilità finanziaria e bancaria, nonché di molte crisi di mercato e recessioni economiche, è il fatto che la realtà economica più importante di tutte, implicata nella suddetta creazione di mezzi monetari, non è rilevata dagli attuali principi contabili, e resta quindi, nell’universo finanziario, come una sorta di “materia oscura”, che esiste, è presente, esercita una forza “gravitazionale”, ma non viene visualizzata, non se ne tiene conto, non la si nomina nemmeno.

Questa realtà economica sono i flussi di potere d’acquisto dalla società alla banca come creatrice di mezzi monetari, cioè il valore che “si unisce” ai simboli, ai pezzi di carta e ai bit elettronici – privi di valore proprio – in cui consistono i suddetti mezzi monetari e valori finanziari spendibili. 
Si unisce, entra (per così dire) nei mezzi monetari, in quanto la società, il mercato, li accettano, dando loro ipso facto il valore che poi hanno e che il sistema bancario, raccogliendolo dalla società senza produrlo, presta indietro alla società stessa e se lo fa pagare come capitale e interesse.

Un valore costituente un quid economico positivo che le banche raccolgono creando simboli, e che quindi, se la contabilità fosse redatta secondo realtà, verrebbe registrato nel conto dei profitti e delle perdite come ricavo, e andrebbe a capitalizzare le banche, rendendole più forti; ma andrebbe anche a controbilanciare l’enorme indebitamento globale; e, non ultimo, costituendo reddito, darebbe un forte gettito fiscale, idoneo ad estinguere i debiti pubblici.

Quando lo Stato è molto indebitato, non resta che emigrare
(David Ricardo)




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